
I cento anni di “NON MOLLARE”
NON MOLLARE è stato il primo periodico clandestino antifascista stampato a Firenze esattamente cento anni fa nel 1925, da Carlo e Nello Rosselli e altri giovani guidati da Gaetano Salvemini. E Non ci è lecito mollare è quello che molti anni dopo scriverà Salvemini alla madre di Carlo e Nello, Amelia, riprendendo il titolo del glorioso giornale in una lettera facente parte del carteggio ricostruito a cura di C. Ceresa e V. Mosca e pubblicato da Effigi Edizioni in un libro il cui titolo ripete la frase scritta da Salvemini “Non ci è lecito Mollare”.

Siamo nella primavera del 1944, Salvemini e Amelia Rosselli si sono rifugiati negli Stati Uniti, entrambi in fuga dalla violenza fascista che ha distrutto le loro vite. Pur vivendo lontani sono uniti dall’ amicizia e da memorie dolorose e, per quel che consentono le scarse notizie, partecipano con trepidazione alla lenta e difficile rinascita del nostro paese. Le lettere sono una testimonianza viva del fervore e dell’ansia con cui i due seguono dagli USA le vicende italiane e la progressiva sconfitta del nazifascismo. Non ci è lecito mollare scrive Gaetano Salvemini ad Amelia Rosselli il 23 maggio 1944. A costo di restare solo, non mi arrenderò. Ma non sono solo se una persona come lei non mi dice che ho torto. Salvemini si riferisce alla nascente dialettica politica dell’Italia e ai non facili rapporti esistenti all’interno della Resistenza. Ma chi è la donna a cui Salvemini si rivolge con tanta deferenza e ammirazione e che, a parte la pubblicistica specializzata, è praticamente ignorata dai manuali di storia?

Veneziana di nascita, di origine ebraica, Amelia Pincherle sposa Joseph Rosselli, toscano di Pisa, anche lui di origine ebraica e strettamente imparentato con quei Nathan che nel 1872 avevano ospitato Giuseppe Mazzini, morente e braccato dalla polizia.
Il matrimonio è infelice; Amelia e Joseph si separano, ma lei rimane sola per tutto il resto della sua vita. Si dedica ai tre figli Aldo, Carlo e Nello e scrive opere teatrali che vengono rappresentate con successo. Purtroppo Aldo muore nella prima guerra mondiale e lei rimane con Carlo e Nello. I Rosselli abitano a Firenze in una bella casa in centro, sono antifascisti, ricchi e colti, cosa che li rende particolarmente pericolosi e quindi invisi al regime.
I due fratelli sono molto diversi: Carlo è un antifascista superattivo mentre Nello è uno storico di grande valore che per la sua dichiarata avversione al regime rifiuterà la carriera universitaria che avrebbe meritato.
Inviato al confino a Ustica, Carlo riesce a fuggire con una fuga rocambolesca, si rifugia a Parigi e con il suo movimento Giustizia e Libertà combatte efficacemente il fascismo che per questo il 9 giugno 1937 lo farà uccidere insieme al fratello Nello a Bagnoles sur l’Orne, in Francia, da sicari francesi assoldati da Ciano.
A questo punto il riferimento della famiglia rimane Amelia: è costretta a lasciare l’Italia con le due nuore e i loro sette bambini (una delle quali è la futura poetessa Amelia Rosselli). Le Rosselli, con figli e nipoti, si rifugiano prima in Svizzera, che devono lasciare perché le autorità non concedono il permesso di soggiorno ai bambini; poi in Inghilterra e infine negli Stati Uniti. Negli Usa Amelia continua indomita la sua lotta contro il fascismo, ha relazioni con gli antifascisti che hanno lasciato l’Italia e soprattutto con Gaetano Salvemini con cui ha la preziosa corrispondenza finalmente pubblicata in questo libro . Fa di tutto per tenere viva la memoria dei figli assassinati e dopo la guerra torna a Firenze dove muore nel 1954.
“Non ci è lecito mollare” ci parla di una grande donna e di un grande uomo, a cui noi italiani dobbiamo molto perché, pur colpiti con tanta violenza negli affetti più cari, hanno saputo resistere con coraggio allo sfacelo di un mondo precipitato nel caos.
Sul fatto che la storia non si ripete ci sono opinioni discordanti ma una cosa è certa: anche se le parole che danno il titolo a questo libro sono state scritte e pronunciate 100 anni fa sono valide oggi come non mai.



