Comandante, storia di un “disobbediente”
Comandante è la storia di Salvatore Todaro, sommergibilista nato a Messina nel 1908 e cresciuto a Chioggia. Nel 1940 è al comando del sottomarino Cappellini e in pieno Atlantico affronta e affonda Kabalo, un cargo belga apparentemente neutrale, ma che trasportava materiale bellico. Il comandante decide di salvare i 26 superstiti del mercantile e di portarli nel primo porto sicuro. Lo fa anche mettendo in pericolo la sua vita e quella dei suoi uomini, poiché deve navigare in emersione, rendendosi visibile al nemico.
Salvatore Todaro è un uomo forte, senza paure, attratto anche dallo spiritismo e dalle arti e filosofie orientali, come ci introduce la prima parte del film. Un uomo che, nonostante un incidente che lo costringe a portare un busto e che gli permetterebbe di giovarsi dell’invalidità, lascia la moglie in stato di gravidanza avanzata per fare il suo dovere.
Nella seconda parte del film, invece, i protagonisti sono i suoi uomini. La narrazione è più corale: marinai e superstiti dividono un piccolo spazio in cui le differenze e le ideologie dopo un inizio duro, si stemperano anche per merito della cucina e delle ricette realizzate e sognate dallo chef. Memorabile la scena in cui il cuoco napoletano impara dai belgi come si fanno le patate fritte.
Nei tre giorni di navigazione verso l’isola di Santa Maria delle Azzorre (primo porto sicuro) il sommergibile diventa una sorta di casa, quasi un ventre materno in cui gli uomini si trasformano e rinascono scoprendosi diversi anche dall’immagine ultra-virile che li connota socialmente.
Todaro riesce nella sua missione di portare in salvo i 26 belgi superstiti. Sul molo scopre che, a parti invertite, l’ufficiale fiammingo non si sarebbe comportato allo stesso modo, ma per lui la legge del mare viene prima di tutto. “In mare, siamo tutti alla stessa distanza da Dio, a distanza di un braccio. Quello che ti salva”.
La storia di Salvatore Todaro è una storia che richiama le attuali tragedie dei migranti naufraghi in mare. Il comandante del Cappellini lascia le Azzorre e riprende subito la via del mare e delle battaglie, due anni dopo muore al largo della Tunisia, a soli 38 anni. Comandava il motopeschereccio armato “Cefalo”.
Nei titoli di coda il regista ricorda che dei 112 sommergibili della marina italiana solo 19 non vennero affondati durante la Seconda guerra mondiale. Qualcuno ha accusato il regista Edoardo De Angelis, lo sceneggiatore Sandro Veronesi e Pierfrancesco Favino di aver simpatizzato con un personaggio fascista. Certo Todaro era un militare convinto, ma sicuramente aveva dei valori che lo ponevano in contraddizione con le direttive fasciste e naziste: salvare le vite in mare, anche quelle dei nemici. Per questo, un anno dopo, precisamente il 5 gennaio 1941, nonostante potesse essere accusato di insubordinazione, il comandante trasse in salvo 19 superstiti del piroscafo armato inglese Shakespeare che aveva affondato tra le Canarie e le coste africane. Anche allora i superstiti furono portati su un’isola vicina.
A un ammiraglio tedesco che lo criticò e lo definì “Don Chisciotte del mare” e lo minacciò di gravi conseguenze per aver soccorso i nemici mettendo a rischio il suo stesso equipaggio, Todaro pare abbia risposto: “Noi siamo marinai, marinai italiani, abbiamo duemila anni di civiltà sulle spalle, e noi queste cose le facciamo”.
Trailer del film: https://www.youtube.com/watch?v=382To74aR1M
Copertina: Pierfrancesco Favino interpreta Salvatore Todaro – Frame del film