Il nord della felicità
Per giudicare una storia, bisogna vedere come va a finire.
Con Netflix ho iniziato a vedere una nuova serie strana e straordinaria: Il problema dei tre corpi.
Si tratta di una fiction statunitense del 2024 creata da David Benioff, D. B. Weiss e Alexander Woo, in adattamento del romanzo omonimo scritto da Liu Cixin del 2006.
La prima scena, ambientata nel 1966 a Pechino all’esordio della Rivoluzione Culturale maoista, mostra una gogna terrificante, messa in scena davanti al popolo a cura di giovanissime guardie rosse, per colpire uno scienziato che non accetta di essere rieducato. Questi è accusato di diffondere teorie imperialiste come quella della relatività di Einstein, e quella del Big Bang che, definendo un inizio del tempo, allude alla possibile esistenza di Dio…
Tutto molto verosimile per un regime che in quel tempo ha messo in fuga per sempre il Dalai Lama Tenzin Gyatso con tutti i suoi monaci tibetani e prodotto un numero di vittime che, secondo le stime degli storici, oscilla tra 400.000 e 20 milioni. Il tutto nel nome del “quattro volte grande”: “Grande Maestro, Grande Capo, Grande Comandante Supremo, Grande Timoniere” Mao Tze-tung.
Eppure, larga parte della mia generazione, me incluso, sbraitavamo in corteo “viva Marx, viva Lenin, viva Mao Tze-tung”. Oggi, non posso che sentirmi a disagio per aver tenuto nella saccoccia del mio eskimo il Libretto Rosso di Mao dove si leggeva che «Il comunismo non ha nulla a che vedere con l’amore. Il comunismo è un eccellente martello che usiamo per distruggere il nostro nemico».
Se il comunismo accendeva speranze per un mondo più giusto «Da ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni» la sua applicazione ha mostrato esiti spaventosi in Cina, in Cambogia, in quella stessa Russia madre educatrice del Vladimir Putin che in queste notti ci toglie il sonno. Ecco com’è finita la storia del comunismo. Non che dall’altra parte della sponda ideologica sia andata meglio come attesta questo mondo accaldato, inquinato, con sempre meno straricchi e sempre più poveracci…
Dunque chi possiede l’ideologia, l’idea o almeno la ricetta giusta?
E se fosse quella misurabile in felicità delle persone?
E’ del 20 marzo – Giornata Internazionale della Felicità – la diffusione del World Happiness Report, pubblicato ogni anno dalle Nazioni Unite. Il report è redatto utilizzando i dati dei sondaggi Gallup World Poll dal 2021 al 2023, in collaborazione con l’Oxford Wellbeing Research Centre. Dati raccolti presso più di 100.000 persone in 134 paesi, utilizzando un sistema scientifico basato su 6 macro-campi: PIL pro-capite, aspettativa di vita, generosità, sostegno sociale, libertà, corruzione.
Quali i risultati? Da sette anni la Finlandia è al primo posto nella classifica della felicità. Seguita d’appresso dagli altri paesi nordici che si distinguono per civiltà comportamentale, stili di vita equilibrati in connessione con la natura e per l’approccio sostenibile in tutti campi. Il nord si conferma felice anche nella parte americana del mondo con il Canada che lascia il resto degli Stati Uniti molto indietro rispetto alla sua posizione. L’Italia è 22° in Europa, 32° nel mondo, 6° nel G7. Ultimo della classe felice mondiale, manco a dirlo, è l’Afganistan.
Ma, se la felicità è così importante da essere valore esplicitamente sancito in alcune Costituzioni e nella Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti; richiamata anche nella Costituzione italiana, Art. 3, con il concetto del «Pieno sviluppo della persona umana», come si spiega che questo report serissimo, questa classifica di così facile e rivoluzionaria interpretazione, trovi traccia nei soli programmi di intrattenimento radiofonico o televisivo per far sorridere gli ascoltatori o poco più?
Se giudichiamo le storie, per come sono finite, fallite le ideologie nella loro applicazione, resta solo la civiltà dei paesi nordici come la Finlandia a illuminare e orientare il nostro cammino evolutivo per dare un finale diverso alla nostra storia come umanità.
E allora sapete chi vorrei votare alle prossime elezioni europee? Sì, per un partito che abbia come programma, proprio i sei punti fondamentali del World Happiness Report: sviluppo del Prodotto Interno Lordo pro-capite; promozione della generosità tra i cittadini; libertà e serenità nel poter compiere scelte di vita; allungamento delle aspettative di vita; abbattimento della corruzione; supporto sociale.
Esiste questo partito?
https://worldhappiness.report/ed/2024/
Copertina: immagine Depositphotos