Quando il popolo distrugge la democrazia
Quale sarà il futuro della democrazia? Di questi tempi ce lo chiediamo in molti ed è giusto farlo perché questa forma di governo tende a cedere di fronte alle altre, tutte peggiori. Attualmente soltanto l’8% della popolazione mondiale gode in pieno, o quasi, delle libertà democratiche.
Inoltre entro quest’anno circa 4 miliardi di abitanti della Terra vanno a votare: in Russia lo hanno già fatto e sappiamo benissimo con quali risultati; in Europa a giugno; negli USA a novembre; tra aprile e maggio in India (950 milioni di elettori) e poi in tanti altri Paesi in cui la democrazia è quasi inesistente.
Questi dati provengono da una ricerca (Index of Democracy) fatta dal settimanale inglese The Economist che ha esaminato lo stato della democrazia in 167 Paesi, calcolandone le qualità attraverso cinque categorie: processo elettorale e pluralismo, libertà civili, funzione dei governi, partecipazione politica e cultura politica. Il risultato è un voto per ogni Stato che va da 0 a 10.
Le nazioni sono divise in Democrazie complete, Democrazie imperfette, Regimi ibridi, Regimi autoritari. Per esempio la Norvegia, al primo posto della classifica, ha il più alto punteggio (9,75) mentre l’Afghanistan, l’ultimo, ottiene il risultato peggiore (0,38).
Italia, una democrazia imperfetta
L’Italia, la cui democrazia viene considerata tra quelle imperfette, è posizionata al 31° posto con 7,68. Nella classifica è superata dalla Spagna (democrazia completa e 8,7) e dalla Grecia, incompleta ma con un punteggio superiore a quello nostro (7,97). Gli Stati Uniti, incompleta, col 7,85; la Russia, col suo regime autoritario è tra le ultime.
Sono dati allarmanti, anche per il nostro Paese sul quale vengono messe in evidenza tra l’altro, la scarsa libertà di stampa (con 250 giornalisti minacciati e tanti sotto scorta); una legge inefficiente sulla Giustizia e gli attentati contro i magistrati; il potere soffocante delle mafie. Aggiungo che la cultura politica della popolazione è molto vicina allo zero.
“La democrazia è una forma di governo imperfetta – sosteneva Churchill – ma tutte le altre sono peggiori”. Lo diceva mentre in Europa dominavano il fascismo e il nazismo e lui aveva aperto un carteggio con Mussolini attraverso il quale elogiava la dittatura italiana.
Le “lezioni” di Luciano Canfora
Rispetto alla battuta del premier britannico, ha affrontato più seriamente il tema della democrazia lo storico Luciano Canfora in due recenti interventi: il primo a “La torre di Babele”, la stimolante e appassionante trasmissione televisiva della “Sette” condotta da Corrado Augias; il secondo con un lungo e importante articolo sul Corriere della Sera del 5 aprile.
Nel dialogo alla TV col noto giornalista, Canfora sulla crisi della democrazia ha sostenuto in sintesi che la potenza della ricchezza insidia la potenza del popolo e il consenso delle masse viene fuorviato dalla demagogia.
L’articolo sul Corriere inizia con la seguente frase: «Il culto moderno per la democrazia ateniese è frutto di un equivoco». Riflettendo su di essa nasce il confronto con l’età moderna e contemporanea. Aggiunge che si trattava di un regime di minoranza perché le decisioni venivano prese «dalla minoranza dei presenti e dei partecipanti, circa un quinto degli aventi diritto». Questo avveniva nell’Agorà (àyopà in greco) che era la piazza centrale della polis.
In merito alla diffusione dei sistemi democratici l’articolo di Canfora ripercorre una strada che parte da Aristotele per arrivare all’articolo 3 della Costituzione italiana.
Continua con una citazione del contributo dato a questo tema da un libro curato da due docenti in Storia greca dell’Università di Parma, Ugo Fantasia e Luca Iori. Il titolo è La democrazia ateniese in età moderna e contemporanea, pubblicato a fine 2023 dalle Edizioni scientifiche italiane.
Tra le tante citazioni del libro appare dominante quella della Politica di Aristotele. Per il filosofo greco l’azione del governo deve mirare a perseguire la giustizia, eliminare il male e conseguire il benessere: per questo sono necessarie fortuna e virtù. La città infatti sarà felice perché virtuosa, e sarà virtuosa solo se i cittadini lo saranno. Il legislatore dovrà dunque mettere in atto un progetto educativo in grado di renderli tali.
Il popolo è l’arbitro della democrazia
Il popolo dunque, arbitro del buon andamento della democrazia, è all’altezza di sostenere questo compito? A partire da Aristotele per arrivare ai tempi moderni e contemporanei, la risposta è negativa. Il buon funzionamento dei governi dipende dalle scelte del popolo e se entrambi non ne sono all’altezza, la democrazia ne risente. Quindi senza la virtù del popolo, il popolo finisce nelle mani dei demagoghi.
Nei regimi populisti di oggi chi osa criticare il popolo viene considerato uno snob, un borghese, un sostenitore dell’oligarchia. Eppure nei tempi dell’Illuminismo, culla delle democrazie moderne, il popolo veniva denigrato: Voltaire lo considerava feccia, Rousseau plebe abbrutita, Montesquieu canaglia, Diderot ignorante e stupido.
Nell’Italia di oggi come si possono definire coloro che vendono il loro voto per 50 Euro o per una bombola di gas come accade in Puglia e altrove? Oppure coloro che osannavano Salvini al Papeete; e quelli che regalavano voti a Grillo con i suoi vaffa? E gli elettori del PD rimasti incantati da Renzi “il rottamatore”?
Ormai il popolo italiano ama i demagoghi, per di più di bassa lega, e tra demagogia e tirannia il passo è breve.
Copertina: Nell’illustrazione il popolo di Atene riunito nell’Agorà