Orgoglio e istruzioni per l’uso
Ogni individuo che calpesti questo pianeta porta con sé il sapore di una spezia.
Ognuno con una nota, un’intensità e un sapore diversi.
Ecco,
per me,
l’orgoglio (inteso come fierezza per qualcosa) è proprio quella spezia.
Di quelle che danno brio ad un piatto.
E può essere messa quasi ovunque a piccole dosi… basta non esagerare, perché l’eccesso non perdona.
Mai.
L’ orgoglio ha tantissime sfumature al palato.
Sa di pece bruciata, quando arriva dopo una lunga battaglia, dopo un incendio e si è rimasti incredibilmente vivi.
Sa di sole e di miele, quando è per il bene che si prova, per la stima, per una qualsiasi conquista felice che si meriti autocelebrazione.
Ma può essere anche amarognolo, pungente al palato, per un rancore, per un torto subito… In quel caso è una spezia che torna a gola… come fosse una ripicca.
Capirete bene quanto sia specifica e peculiare la miscela di spezie che ogni individuo porta con sé sottoforma di aromatico orgoglio.
E pensate a come sia brutto, quando si dice di qualcuno: “non ha proprio orgoglio!”.
È come dargli dell’insapore.
Un pepe non pepe.
Un piccante che non infuoca.
Eppure l’orgoglio, quello scomodo, quello altezzoso, di casta, di genere, dell’io dominante… è sempre antipatico e bruttino.
L’ essere fieri per qualcosa o per qualcuno, invece, non delude mai.
Quando ci si sente orgogliosi, si deve fare i conti con la propria coerenza.
Mentre infatti l’orgoglio è una spezia, la coerenza è un vero e proprio valore, un ingrediente di quelli fondamentali… e i due sapori devono amalgamarsi senza squilibrio.
La coerenza prevede infatti una memoria, un ricordo lucido di ciò che è stato perché continui ad esserlo e perché alla fine, la fierezza sia giustificata e meritata.
Si possono avere mille valori, eppure, la coerenza li deve poter abbracciare tutti, perché risplendano di una luce reale, giusta… altrimenti, trattasi solo di bigiotteria di cattiva qualità.
“Culi di bicchiere” li chiamava mia zia.
Ipocriti – culi – di – bicchiere.
Qualche giorno fa, parlando con un amico, parlavo di orgoglio in termini sgradevoli.
Pensavo a come a volte possa condizionare in negativo le nostre vite, illudendoci di sapere o dare per scontato cose sulla base di una nostra presunta superiorità.
Per orgoglio non si chiede.
Per orgoglio non si risponde.
Mi viene sempre in mente il classico esempio di marito e moglie che vanno all’Ikea e comprano un pregevolissimo quanto smontatissimo armadio.
La moglie è al settimo cielo,
il marito pensa già all’epopea in cui sta per calarsi ma continua a conservare un’enorme considerazione di sé stesso…
Così per orgoglio, l’audace sconsiderato, vuole assemblare il tutto senza seguire assolutamente le istruzioni che accompagnano l’agognato complemento d’arredo scandinavo e, di lì a poco, sprofonda in una voragine di imprecazioni, rabbia e frustrazione.
L’ orgoglio vacilla.
Bastava leggere attentamente e senza distrazione alcuna il manualetto allegato (le istruzioni Ikea esigono la massima attenzione, distrarsi è fatale)… ma l’ orgoglio diceva il contrario.
Consentitemi ora di fare un ulteriore considerazione…
Ma se un essere umano in preda ad un eccesso di “spezia”, vacilla e non riesce a montare un semplice mobile… come potete pensare, per orgoglio, di poter conoscere qualcuno (magari prevederne azioni e reazioni) senza aver consultato prima le sue istruzioni?
E noi, diamo sufficientemente istruzioni all’altro su come siamo fatti e che sapore possiamo assumere speziati come siamo?
Ecco, anche in questo caso “dosare bene” la spezia (impedendo a certe forme di orgoglio di sabotare i nostri rapporti) diventa essenziale per la buona riuscita di una ricetta.
Sarebbe molto più facile e incredibilmente più costruttivo dichiarare o chiedere la vera lista degli ingredienti e le nostre istruzioni d’uso… per evitare spiacevolezza al palato, per essere veramente capaci di amalgamarsi con l’altrui sapore.
Preservate la vostra fierezza, e non abbiate paura di dichiarare il vostro gusto.
Scoprite i gusti altrui, e fatevi assaggiare.
E mi raccomando…
Coerenza.