Zeus si innamorò di Europa
Sulle origini del nome Europa ci sono diverse teorie tutte con riferimenti storici e geografici molto lontani nel tempo. Una di queste, la più affascinante, è una leggenda mitologica: circa 2000 anni prima di Cristo, nella città di Sidone viveva una principessa fenicia chiamata Europa. Era figlia di Agenore, re di Tiro: un’antica città fenicia del mediterraneo mediorientale. La ragazza era tanto bella che Zeus – il re degli dei – appena la vide se ne innamorò perdutamente. Per non turbarla apparendole in tutto il suo splendore divino, Zeus decise di avvicinarsi a lei dopo aver assunto le sembianze di un toro bianco…
Poi la leggenda prosegue con molti avvenimenti anche prolifici, ma noi ci fermiamo qui in contemplazione della bellezza di Europa, incantati, anzi innamorati come il re degli dei.
Europa per noi contemporanei è la bellezza di una grande idea, forse la migliore che l’umanità abbia creato in uno stato di grazia e resilienza. Tra l’altro con un contributo particolarmente prezioso proprio di noi italiani.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, in quel maggio 1945, la visione del nostro continente era spettrale: città rase al suolo, milioni di morti, intere popolazioni sfollate, nel cielo il fumo dell’olocausto con le anime urlanti di sei milioni di ebrei. Tra le nazioni che si erano anche combattute tra loro, germoglia l’idea e la volontà di creare le condizioni per rendere irripetibili i ricorrenti e sanguinosi conflitti come quelli poi culminati nella guerra appena conclusa con la distruzione totale.
Tra i contributi più importanti a questo disegno di progresso umano, sociale e politico, quello proveniente da un gruppo di italiani reclusi dal fascismo, confinati a Ventotene una piccola isola al largo della costa tra Lazio e Campania. Il Manifesto di Ventotene, o meglio il “Manifesto per un’Europa libera ed unita” prefigura non solo la fine dello Stato-Nazione ma la condizione per la nascita di una nuova Democrazia, una nuova cultura politica, una vera e propria Rivoluzione poi attuata in prima istanza da sei protagonisti: Francia, Italia, Germania federale, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi.
La bellezza di Europa si manifesta anche nella sua diversità dall’idea degli Stati Uniti d’America, in senso umanistico e di progresso sociale. Infatti, mentre il sogno americano si basa sulla libertà associata all’autonomia e intraprendenza per creare e possedere beni, perché sarà la ricchezza a dare sicurezza; secondo il sogno europeo, invece, la libertà consiste nell’integrazione valoriale tra nazioni diverse: quanto più saranno le comunità che troveranno un respiro comune, maggiori saranno le opportunità per tutti considerando il benessere non solo in senso materiale, ma anche culturale, di senso comune portato nelle vite di tutti. Con avversione potente alle guerre, alla pena di morte e un supporto formidabile alle democrazie, al rispetto dei diritti nel mondo e alla libertà di pensiero.
L’Unione Europea è l’unica organizzazione al mondo che ha ripudiato il principio medioevale «Rex est imperator in regno suo» (Il re è imperatore nel suo regno) di Filippo il Bello, re di Francia alla fine del 1200.
Nel bel mezzo di tanta bellezza mitologica e storica, ecco le nostre prossime elezioni europee. La campagna elettorale sembra la preparazione sgangherata e adolescenziale della partenza per una gita scolastica con le bottiglie di superalcolici nascoste nelle borse dei ragazzi, e tanti propositi di festa.
L’ultima trovata comunicativa dei partiti in gara è quella di affermare che poi, quelli buoni, una volta eletti ci andranno davvero al Parlamento Europeo. Come se un nuovo assunto per un lavoro lautamente retribuito, come suo accredito presso chi lo sta ingaggiando, promettesse che poi al lavoro ci andrà veramente!
In un momento in cui il bisogno di Europa non sussiste solo per gli europei, ma per il mondo intero mentre le guerre infuriano, il clima impazzisce e si stanno ridefinendo nuovi equilibri tra le nazioni, grandi potenze e continenti… i nostri partiti politici (temo, non solo quelli italiani) trattano l’occasione elettorale come qualcosa che riguarda l’ombelico di ognuno: dalla Premier «Chiamami Giorgia» che mira al suo rafforzamento ulteriore in Patria per realizzare i suoi progetti autoritari, alla giovane segretaria PD persa in dispute interne mortificanti. Tolta la mini-coalizione che – puntando al minimo 4% per sopravvivere – sotto il prestigio di Emma Bonino evoca un solitario e grandioso pensiero europeista (Stati Uniti d’Europa), tutto il resto sembra promettere di andare al Parlamento europeo per azzopparlo. Un generale omofobo e grossolano, un capitano che dopo aver girato l’Italia con un cappuccio in testa ora se l’è tolto per farsi eleggere, un Salvini che proclama «Meno Europa, più Italia», con i Fratelli della stessa Italia che vogliono andare a Bruxelles per cambiare in meglio le cose con il credito di chi è il più indebitato, ha ricevuto il maggior contributo mai concesso da quel Parlamento e con il maggior numero di infrazioni nella spesa di quel dono gigantesco. Insomma i nostri grandi uomini di Ventotene si rivoltano nelle loro tombe accompagnati dal cinismo dei sovranisti, il sarcasmo dei populisti, la felicità d’esistere di fascisti neanche tanto neo.
Il mio sogno europeo? Un nuovo partito chiamato Erasmus, come Erasmo da Rotterdam, il presbitero, teologo, umanista filosofo olandese che scrisse “l’Elogio della follia”. La figura che ispirò il Programma Erasmus, acronimo di EuRopean community Action Scheme for the Mobility of University Students, per la mobilità studentesca dell’Unione europea, che dal 1987 ad oggi ha interessato 15 milioni di giovani attraverso la partecipazione a varie attività di istruzione, formazione e mobilità giovanile.
Ecco, io immagino questi milioni di persone sorridenti e cresciute grazie a una originale idea europea di integrazione, celebrare tutte insieme la bellezza di Europa con l’appoggio potente di Zeus, e con lo spirito vivo di quei confinati di Ventotene che, in pieno ventennio fascista, immaginavano e progettavano un mondo nuovo e luminoso.
Un mondo che sapeva oltrepassare i confini acidi delle differenze ideologiche, superare quelli geografici delle singole nazioni, oltrepassare quelli delle diversità linguistiche per cercare un pensiero chiaro, comune, costruttivo, pacifico, condiviso da 450milioni di persone.