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Mangiare buono, pulito e giusto

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Anni fa rimasi ammutolito dal racconto di due giovani genitori, entrambi brillanti psicoterapeuti, che consentivano al figlio di scegliere se rimanere all’asilo anche per il pranzo, sulla base del suo gradimento del menù del giorno affisso sulla porta d’ingresso. Così il piccolo dittatore, ogni giorno sentenziava impietosamente sul lavoro della cuoca della scuola d’infanzia, rendendo orgogliosi i genitori di tanta determinazione e libertà di scelta.

Allo stesso modo mi si torcono le budella quando vedo il cibo per bambini trasformato in giocattolo, con colori innaturali, forme curiose, gusti sempre uguali a quelle due o tre cose che “tanto piacciono ai bimbi”…

Infine, per concludere la mia tirata, trovo insopportabili le innumerevoli trasmissioni televisive (di tutto il mondo) condotte da grandi chef (sadici) con concorrenti (masochisti) tutti impegnati a realizzare oggetti di culto che, accidentalmente, possono anche essere mangiati.

Tutti si comportano come se l’alimentazione non fosse una cosa seria. Eppure, forse è la più seria di tutte! Per dire: in un modo o nell’altro, il pianeta si avvia claudicante verso una transizione energetica che vede la mobilità al centro della scena, con programmi di riduzione delle emissioni di CO2 verso lo zero, grazie alla motorizzazione elettrica sulla quale tutti i sistemi industriali si stanno impegnando. Tuttavia, la mobilità è causa del 17% del totale delle emissioni che stanno facendo bollire il nostro pianeta, mentre il sistema alimentare (soprattutto occidentale) è causa certa del 37% di quello stesso totale.

La salute dell’umanità intera subisce le conseguenze delle abitudini e condizioni alimentari che vedono 800 milioni di persone malnutrite e oltre un miliardo di obesi. Facile posizionare sulla cartina geografica i due gruppi umani citati.

La FAO ha previsto che entro il 2050 nel mondo si muoveranno con mezzi di fortuna 250 milioni di migranti affamati, in seguito ai cambiamenti climatici che desertificato i campi e rendono impossibili l’agricoltura e la pastorizia in consistenti pezzi del pianeta.

Eppoi lo spreco: Carlin Petrini, con la chiarezza di sempre, ci spiega che «Ogni anno si sprecano oltre un miliardo di tonnellate di alimenti, cioè un miliardo di pasti al giorno, e si sciupano 250 mila miliardi di litri d’acqua: un quantitativo sufficiente a soddisfare i consumi domestici di New York per i prossimi 120 anni. Sono cifre immense, ma la politica mondiale non intercetta la gravità fatale del problema».

Ma non è solo questione di quantità. Quello che ci sfugge, o che ci siamo dimenticati, è che il cibo e la nostra relazione con lo stesso, ha a che fare non solo con il nostro corpo ma anche con il nostro spirito. Franco Berrino, ben noto medico, epidemiologo, già direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano; fondamentale riferimento per chi si occupa di buona alimentazione e cura di se, spiega: «Mettersi a dieta e ridurre le calorie giornaliere non è efficace: è necessario prendere consapevolezza e lavorare anche sul piano emotivo. Per rimuovere i meccanismi inconsapevoli di tipo difensivo o compensativo che causano l’accumulo di grasso nel corpo e liberarci dalla pesantezza è necessario creare un nuovo equilibrio, che parte da un lavoro sulla propria personalità, dal rapporto con se stessi, con il proprio corpo e con il mondo esterno».

Tornando a Carlin Petrini e al suo Slow Food, osserviamo l’importanza del suo lavoro che vede in attività a Pollenzo – Bra (CN) la sua Università di Scienze Gastronomiche con 450 allievi, metà dei quali provenienti da 72 paesi del mondo. Qui si insegna Cibo, che, come dice il claim originale del 1986, deve essere Buono, Pulito e Giusto.

E da Pollenzo è partita l’iniziativa, presentata anche al Governo come proposta di legge, perché l’educazione alimentare diventi materia formativa e scolastica, a partire dai 3 anni di età. Perché, spiega Carlin Petrini «racchiude ed esprime tematiche multidisciplinari, dall’ambiente alla salute, dall’economia al lavoro. Però è necessaria una visione d’insieme per un approccio olistico. Sarà il grande tema politico degli anni a venire. Abbiamo lanciato il nostro appello al governo, ci auguriamo che lo firmino in tanti».

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