Il grido dell’ aquila
Quando nel 2005 uscì il primo libro della trilogia postuma “Millenium” di Stieg Larsson “Uomini che odiano le donne”, seguito l’anno dopo da “La ragazza che giocava con il fuoco” e l’anno successivo da “La regina dei castelli di carta” fu subito un grandissimo successo mondiale: centocinque milioni di copie vendute di cui sei solo in Italia. Ricordo di essermi subito innamorato delle due figure principali Mikael Blomkvist e Lisbeth Salander, lui un giornalista di inchieste d’ assalto, lei una giovane hacker con una buona formazione in arti marziali.
Tale è stato il successo di questi thriller che l’industria cinematografica ne ha fatto, che io sappia, almeno cinque film con attori diversi uno dei quali, forse il migliore, con Daniel Craig e Rooney Mara.
Insomma una specie di gallina dalle uova d’oro, tanto è vero che la saga di “Millenium” è proseguita con “Quello che non uccide” con autore David Lagercranz che ne ha firmati altri due: “L’uomo che inseguiva la sua ombra” e “La ragazza che doveva morire” di cui, però, io non ho contezza.
Arriviamo dunque a “Il grido dell’ aquila” dove cambia ancora l’autore, anzi, l’autrice, che è in questo caso Karin Smirnoff, fotografa, giornalista e autrice di “Mio fratello” finalista al prestigioso premio Augustpriset.
La storia:
Tutto l’ambaradan si svolge nel Norrbotten, che è una regione sperduta a nord della Svezia ricca di boschi e oggetto di interessi della green economy per la costruzione del più grande parco eolico al mondo e per la presenza di giacimenti di metalli rari. Qui si reincontrano Blumkvist che si trova lì per il matrimonio della figlia Pernilla e Salander che è lì, chiamata dai servizi sociali, per prendersi cura della nipote tredicenne Svala. I due verranno coinvolti in una battaglia senza quartiere contro una multinazionale capitanata da un uomo che ricorda molto il cattivo di “Wild wild west” che si serve di una banda di mercenari per raggiungere i suoi loschi scopi per cui si hanno rapimenti, omicidi, ricatti ed estorsioni a go-go.
Il finale fa presagire che a questo di sicuro seguirà un nuovo libro dal momento che le uova d’oro fanno molto gola alle case editrici.
Mie personalissime considerazioni:
Non avendo letto i tre libri scritti da Lagercranz di cui ovviamente non posso dire nulla, trovo che, in questo, i due personaggi principali, Mikael e Lisbeth, siano meno impattanti sul lettore di quelli della trilogia iniziale mentre immagino un futuro interessante per la giovane Svala che mi pare più fresca dei nostri due eroi un po’ appannati.
Da leggere con un po’ di nostalgia per Stieg Larsson.