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Basta sciogliere un laccio

Tempo di lettura: 2 minuti

Ho pensato a uno spazio che racconta azioni, piccole pratiche di libertà, che permettono il passaggio di una “soglia” o meglio di un “margine” di consapevolezza, da una realtà ad un’altra, più umana. E’ alla portata di tutti e racconta come “Si può fare!” Queste azioni sono una forma di “sapienza pratica”, fatta dall’esperienza, che aiuta a superare il confine tra “normalità” e “anormalità” Guardare e interagire con l’umanità dell’altro, sostenere questo sguardo, realizzare l’azione rendono possibile l’impossibile a qualsiasi persona.
Le azioni che racconto sono semplici ma ampliano o restituiscono la libertà e la possibilità di scegliere.

Le persone e le azioni che racconterò sono esempi più o meno noti, ma emblematici di come si può essere e agire con umanità. Ogni articolo darà la possibilità di approfondire attraverso un podcast scelto da una delle diverse piattaforme di pubblicazione.

Nel 1961 il disagio psichico era stigmatizzato come lo è ora. Le persone affette da malattia o disturbo mentale spesso quando non erano curate dalla famiglia o dalla cerchia più ristretta di amici venivano inviate in istituti di cura, i “manicomi”, e “staccate” nella relazione con il mondo “normale”.
Il disagio psichico descrive la persona come “matta”. Una persona con un disturbo nel comportamento e nella relazione con sé stessa e con gli altri. Una persona diversa che si “comporta” in modo deviato.
Il disagio psichico va da un semplice disturbo temporaneo fino ad una vera e propria malattia invalidante. C’è un  elenco lungo di sintomi e di patologie collegate che ogni anno si allunga sempre più per codificarle e trattarle a livello medico-sanitario-sociale.

Nel ’61, un uomo, Franco Basaglia, o meglio un gruppo di persone, chi c’era nel manicomio di Gorizia, hanno semplicemente dato attenzione e dignità a ciascuna persona con cui interagivano attraverso piccole azioni pratiche e sistematiche: eliminare il contenimento forzato (i lacci con cui si legavano i pazienti), aggiungere un comodino in una stanza o uno specchio per guardarsi e pettinarsi, preparare collettivamente una lista del cibo preferito, redigere un giornalino in cui raccontare le proprie storie.

Perché hanno funzionato? Sono azioni semplici che hanno portato l’attenzione sulla persona e hanno evocato la consapevolezza nelle stesse persone “malate” del proprio stato, del proprio diritto, della propria libertà di scelta rendendole abili anche a riavere il proprio percorso di “salvezza” dal disagio.
Oggi in Italia un italiano su cinque in età lavorativa soffre di disturbi psichici Nei prossimi anni è previsto un aumento del 30% di persone affette da disagio psichico e molte di queste saranno giovani.
Siamo o potremo essere noi.
Quale piccola azione senti l’urgenza di fare?

Una piccola ispirazione l’ho trovata in questo podcast  che parla proprio di questa esperienza:
https://open.spotify.com/episode/7GCrDY0UiDOootx8qHs0S3?si=b1a384d51f164d97

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