
Il Mondo cambia e l’Europa sta a guardare
Al vertice sulla sicurezza di Monaco, subito dopo l’aggressione verbale all’Europa del vice presidente USA Vance, il primo gesto da compiere come risposta dei rappresentanti dell’EU, sarebbe stato quello di alzarsi e andarsene.
Ancora meglio, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, avrebbe dovuto rispondergli per le rime. Ma non lo ha fatto perché le è mancato il coraggio, giustificando il suo silenzio con motivi di tipo burocratico: avrebbe dovuto consigliarsi con gli altri membri, si è giustificata.
Ma il coraggio, insieme alla coesione, manca a tutto il vertice dell’Unione Europea, con i suoi politici improvvisati e mediocri. Al posto di Ursula, di questi tempi sarebbe stata preziosa Angela Merkel che purtroppo nel 2022 ha abbandonato la politica.
Eppure Trump insieme ai suoi accoliti dell’estrema destra americana, già da tempo aveva lanciato le sue minacce cariche di un becero imperialismo di altri tempi.
Gli europei pensavano fossero soltanto parole che invece si sono rivelate fatti: Trump ha dato il via alle trattative di Riad per la pace in Ucraina con colloqui a due tra Usa e Russia, escludendo l’Europa e Zelensky, presidente del Paese aggredito. Lo ha anche insultato definendolo “dittatore e comico mediocre”.
Sembra che i due bulli che comandano rispettivamente a Washington e a Mosca abbiano l’intenzione di spartirsi il mondo. Come a Yalta nel febbraio del 1945? Macché, quella fu una cosa seria che ha garantito la pace in Europa per quasi ottant’anni, nonostante la Guerra fredda.
Quale è stata la risposta? Un vertice a Parigi voluto da Macron cui hanno partecipato pochi Paesi dell’UE. C’era anche l’Italia. Come previsto, non hanno raggiunto alcun accordo.
Se l’avessero fatto a Bruxelles su iniziativa della Commissione, forse avrebbero dimostrato che l’Unione Europea esisteva ancora.
L’unico a fare proposte concrete è stato Mario Draghi, ex presidente della BCE ed ex premier italiano, lanciando un appello: «L’Europa deve agire come un unico Stato». Ha aggiunto che saranno essenziali la velocità e l’intensità delle misure da prendere; abbattere le barriere interne, standardizzare e semplificare le normative nazionali. Verrà ascoltato?
E negli Stati Uniti che cosa accade? L’opposizione dei democratici tace, sembra annichilita; silenzio anche nelle Università, da dove un tempo partivano le grandi contestazioni.
Certo nella storia del Paese è difficile trovare un presidente arrogante, insolente e bugiardo come Trump.
Forse si può pensare a Theodore Roosevelt, repubblicano, vice presidente di William Mc Kinley che dopo l’assassinio di quest’ultimo nel 1901 ottenne la presidenza e la riconquistò alle elezioni del 1904.
Era un uomo duro, un “maledetto cow boy”, come lo definivano alcuni membri del suo stesso partito. Da militare, aveva partecipato alle guerre contro gli indiani distinguendosi nelle repressioni. “Gli unici indiani buoni sono gli indiani morti”, fu una sua dichiarazione rimasta nella storia insieme a quella in cui definì la stampa che lo attaccava Muckcraker, mucchio di spazzatura.
Fervente nazionalista, dette il via alla politica interventista e aggressiva soprattutto nell’America Latina – quella delle cannoniere – dichiarando la guerra alla Spagna, dopo un falso attentato a una nave USA ancorata all’Avana e occupando l’isola per poi arrivare alle Filippine, insieme a Cuba colonie spagnole.
Con la minaccia delle cannoniere riuscì a strappare alla Colombia l’istmo di Panama dove fece riprendere e portare a termine la costruzione del canale abbandonata dal francese De Lesseps.
Invece fu progressista nella politica interna ponendo fine al disordine della finanza d’assalto e dando potere ai sindacati. Nel 1906 ottenne il Nobel per la pace per la sua mediazione che pose fine alla guerra tra Russia e Giappone (1905).
Un altro presidente USA non molto apprezzato in casa fu Harry Truman, anche lui vicepresidente che prese il posto di Franklin Delano Roosevelt (nipote del primo) dopo la sua morte, per malattia, il 12 aprile del 1945. Venne rieletto nel 1948.
Rispetto a Trump era completamente l’opposto. Uomo di poche parole, membro del partito democratico, proveniva da una famiglia di agricoltori e dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale combattendo sul fronte delle Ardenne, rientrato in patria aprì un negozio di abbigliamento che fallì presto.
Fu la sua fortuna: i suoi concittadini gli aprirono la strada della politica a partire da una carica locale per arrivare in pochi anni ai vertici del partito sino alla Casa Bianca.
Si può intravvedere qualche analogia con Trump quando, una volta presidente, mandò a casa tutto lo staff di F.D. Roosevelt; licenziò gran parte dei dipendenti pubblici che accusava di comunismo; sguinzagliò l’FBI diretta da Hoover – altro anticomunista – contro scrittori, giornalisti, registi, attori e sceneggiatori di Hollywood; avviò la Commissione d’inchiesta contro le attività antiamericane, detta anche Caccia alle streghe, con a capo il senatore democratico Joseph Mc Carthy.
La Commissione compilò una lista nera di sospetti comunisti nella quale c’erano anche gli attori Humphrey Bogart, Catherine Hepburn, James Cagney, Charlie Chaplin. Il poeta e drammaturgo tedesco Bertold Brecht fu costretto a lasciare gli Stati Uniti; lo scrittore Dashiell Hammett, autore tra l’altro del Falcone Maltese, si fece un anno di carcere per essersi rifiutato di fare i nomi di suoi “amici comunisti”.
Pose fine alla caccia alle streghe, il generale Dwight Eisenhower – repubblicano – che nel 1953 appena eletto presidente, in un intervento alla televisione condannò la Commissione per violazione della libertà di pensiero. McCarty morì tre anni dopo per alcolismo.
Truman, dette l’ordine di sganciare le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, ma portò la democrazia nel Giappone occupato; favorì il piano Marshall del dopoguerra che contribuì alla ricostruzione dell’Europa distrutta, Italia compresa.
A parte le varie eccezioni, gli Stati Uniti sino all’arrivo del bullismo di Trump non hanno mai perso la fama di essere una grande potenza democratica.
Ma la sua democrazia si è sempre macchiata di ipocrisia. Per esempio, mentre John Kennedy a Berlino inneggiava alla libertà, pronunciando davanti al Muro la famosa frase Ich bin ein Berliner, negli Stati Uniti esisteva ancora la segregazione razziale e nell’America Latina comandava la United fruits.
Con la presidenza di Nixon, il segretario di Stato Kissinger organizzava in Cile il golpe contro il governo democratico di Salvador Allende; in Argentina il golpe dei militari assassini; forniva armi e “consulenze militari” alle dittature già esistenti. Per non parlare delle intrusioni segrete nei Paesi della NATO e la minaccia a Moro quando venne a sapere dell’intesa tra DC e PCI. Eppure ottenne il premio Nobel per la pace in Vietnam.
Detto questo, l’Europa del dopoguerra è stata sempre a rimorchio degli USA e proprio grazie ai toni aggressivi e alle minacce di Trump, dovrebbe sganciarsi definitivamente da quella “protezione”.
L’Unione, con i suoi 500 milioni di abitanti (contro i 350 degli USA e i 180 della Russia), la sua storia, la grande cultura, le grandi potenzialità industriali, potrebbe diventare una grande nazione federale. Ci riuscirà?