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Disordine difensivo

Tempo di lettura: 4 minuti

All’aspetto, Bianca, ci teneva.
Ma non per gli altri, per sé stessa.
Ogni volta prima di uscire anche se era di fretta, le piaceva buttare uno sguardo sullo specchio del corridoio e dirsi : “sei proprio un bel donnino!”
E rideva.
Come una bimba.
Le piaceva piacersi.
E uscire a testa alta, sempre.

Come una donna.

Aveva la fissa delle borse, ed era una mania/feticcio che si era cordialmente evoluta con l’avanzare dell’ età, con il passaggio crescente delle responsabilità.
Le responsabilità che si affidano ad una borsa.
Era passata dalle piccole borsette con le tracolline fini tipiche di quella fase della vita con scarse preoccupazioni e pretese, alle borse belle capienti, pratiche, responsabilizzate al massimo.

Bianca, era diventata mamma e le sue borse, pure.
Ebbene,
Bianca, difficilmente portava per più di due giorni la stessa borsa.
Trasferiva di volta in volta il contenuto più superficiale di ognuna di esse, lasciandone sul fondo uno strato ritenuto superfluo, superato… accantonabile per un po’.

Bianca, non c’aveva capito un cazzo.

Quanto meno, pur essendo diventata mamma, non era riuscita ad abbandonare quel vizio stramaledetto del disordine difensivo.
Si, perché di borsa in borsa si celavano ricordi.
O cose da ricordare.
Ma anche cose da dimenticare.
Così , ogni borsa finiva per diventare una sorta di schedario.
Uno schedario che era stato appositamente concepito per diluire le ansie e le bollette, in due giorni di presunta dimenticanza.

Un limbo.

E il cervello di Bianca era ancora abbastanza prestante, per fortuna… perché per risalire allo schedario giusto al momento della ricordanza e della necessità, bisognava ricostruire quali borse si fossero indossate negli ultimi sette giorni minimo.

Un giochino quotidiano per complicarsi la vita ma anche per dimostrare a sé stessa che era ancora lucida e con buona memoria a breve termine.
Bianca era così.

Una sera, in una notte di chiacchiere, lacrime e risate nel circolo settimanale delle “tre mamme che si capiscono”, si svelò come in un numero di prestigio tutto il mondo che Bianca poteva custodire in una borsa.
E lì, le lacrime diventarono risate a profusione.

Si riunivano una /due volte alla settimana, dopo cena.
Un caffè per partire e poi giù discorsi a martello, sedute al tavolino di cucina in casa di Bianca.
Ognuna con il suo posto… vietato cambiarlo.

Parlavano di tutto, ridevano.
Progettavano coreografie di ballo, ma anche rapine (per dire la vastità degli argomenti trattati).
“Oh… ho preso la tua borsa per spostarla… ma che ci metti dentro? È pesante… e poi credo di averne sentito scricchiolare il contenuto…” disse una di loro.
Bianca rise e si alzò dalla seggiola come un attore che si appresta ad entrare in scena e recitare orgoglioso il suo miglior monologo.

Si fece passare la borsa, la mise sulla sedia e con il fare di Wanna Marchi ai tempi d’oro, iniziò a mostrarne il contenuto e a raccontarne l’ origine.

“Basta vergognarsi del caos nelle mie borse!” esclamava fiera.

La sua mano destra ne esplorava rumorosamente il contenuto alla cieca, poi afferrava qualcosa e lo palesava sul tavolo.
“Oh!!! Ecco cosa scricchiolava!”
Un mucchietto di legnetti e conchiglie messi in un sacchetto di fortuna le ricordarono di una mattinata improvvisata al mare, con i suoi figli.

“Questo va nel barattolo dei reperti preziosi del mare… guai a buttare! I miei figli hanno una memoria ferrea per queste cose!”.

Alla successiva estrazione, venne fuori un taccuino piccolissimo…
“Tho’, quanto l’ho cercato!”
E una delle fortunate spettatrici:  “roba importante?”
E lei: “mah… diciamo che avevo deciso di annotarci tutte le password utili e le scadenze importanti…” E rise appena lo aprì.
“Che ridi?”
E lei: “no… nulla… ho scritto solo sulla prima pagina la seguente frase “usi sempre la solita password eccetto che per lo Spid”… e ovviamente non ho scritto niente inerente allo Spid!”
E loro quasi in coretto: “utilissimo!”

Rufola rufola, fu la volta di tre biglietti del cinema.
Il primo film con i suoi figli.
Poi un numero indecifrabile di pacchetti di fazzoletti, salviette e tre penne senza tappo ma servite per fare firme importanti.
Poi… un momento d’imbarazzo.
“Bimbe, qui provo un po’ di vergogna…” Abbassando il tono e sembrando decisamente meno spavalda.
E loro, guardandosi e temendo il peggio: “ma perché?!? Che sarà mai?!”.

Mentre Bianca perlustrava con la sua mano dentro a quella sorta di buco nero portatile,
aveva intravisto qualcosa di incredibilmente datato.
Dei lacci fini, neri… si era ricordata del COVID, di quando indossava mascherine sempre rigorosamente nere, perché le piaceva sentirsi come un bandito… ma erano passati quasi due anni… e si vergognava all’idea che una mascherina usata infestasse ancora quell’ universo.
“Giuro, non avevo idea di averne ancora una…” E di botto buttò sul tavolo il presunto emblema della vergogna…
Ma era una custodia degli occhiali fatta a sacchetto con i lacci per stringerne il collo…
“Noooo, quanto l’ho cercata!… e io che pensavo fosse una mascherina! Menomale!”

Poi uscirono bollette pagate, volantini stropicciati e il preventivo per l’auto nuova… Quello, era stato messo in “modalità limbo” volontariamente, per sminuirne le proprietà ansiogene.
Ora , era pronto per  essere affrontato.

Poi caramelle, pacchetti vuoti di sigarette, e persino la ricetta di una pasta frolla buonissima che una sua amica finalmente le aveva dato.
Era annotata frettolosamente su dei post-It a cui erano rimasti appiccicati numerosi frammenti di tabacco… come del resto, su due-tre caramelle libere e ormai denudate dal tempo, che circolavano sul fondo più buio della borsa.
Forse, in tempi di crisi, con una soffiata sommaria, potevano essere ancora mangiabili… magari, conferendo anche qualche superpotere.
O forse erano diventate letali, e potevano essere utili nei momenti di panico o paura, per smettere di soffrire.
“Magari sono diventate come il cianuro! Ributtiamole dentro vai, possono sempre servire!”.

Quella sera, le amiche di Bianca capirono che il caos racchiuso nelle sue borse, era un caos calmo e necessario.
Quella sera, Bianca, rise delle sue responsabilità… e le sembrò tutto più leggero.

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