
La nuova alba era un tramonto
Romanzo Rosso. Gli anni del furore e del piombo di Pino Corrias è la prima opera di fiction dedicata ai complessi anni ’70 milanesi. Sono gli anni dei movimenti, sono gli anni del terrorismo.
Il romanzo racconta la vita di alcuni giovani che si credevano sia eredi dei partigiani sia rivoluzionari. Nel libro li vediamo impegnati in manifestazioni, riunioni dei collettivi, volantinaggi davanti alle fabbriche per minare il consenso al Pci e ai sindacati venduti, azioni di guerriglia.
Protagonista è Piero Villa, allora membro del collettivo Mucchio (omaggio a Il mucchio selvaggio di Sam Peckinpah) una formazione della galassia dell’autonomia operaia.
Siamo a Milano, il 1977 è un anno duro, per i lettori che li hanno vissuti sono gli anni della cacciata di Luciano Lama a Roma, dell’invasione nella Bologna del sindaco Pci Renato Zangheri da parte delle formazioni extraparlamentari. I rivoluzionari di allora e del romanzo pensano che la situazione sia adatta per un salto di qualità, per passare alle armi e creare le condizioni perché le masse seguano le avanguardie che spianano loro la via della rivoluzione.
È un sabato pomeriggio di novembre, come ogni sabato c’è un corteo. Piero Villa c’è, insieme ai suoi compagni. Ai lettori si presenta così: «Nome di battaglia Biondo, soldato del Mucchio. Manca un giorno ai miei vent’anni, ho il mondo in mano e la mia mano è armata. Avanzo veloce ai bordi del corteo […] Avanzo con la sciarpa amaranto annodata al collo, cappellino di lana in testa, una chiave inglese Hazet 36 nascosta in diagonale sotto al giubbotto di pelle, agganciata alla fibbia dei jeans che mi dà un’andatura più rigida del necessario, strafottente, un cavaliere destinato a compiere l’impresa. Destinato al sangue, quando sarà, il mio o quello degli altri, deciderà la Storia, cioè il Movimento, cioè la Rivoluzione. Tutto maiuscolo, perché è maiuscolo che pensiamo».
È uno di quei sabati in cui il Movimento gira libero in città, riempiendo l’aria di furore.
Le rivendicazioni del movimento dei collettivi sono molteplici: contro il fascismo (a Milano i giovani fascisti oltre alle loro sedi, occupavano piazza S. Babila e da lì muovevano le loro spedizioni), contro il capitalismo (che opprimeva le masse operaie, lo slogan più in voga: “Agnelli, Pirelli, i ladri gemelli”), contro lo stato responsabile anche delle stragi come piazza Fontana; contro anche la Democrazia Cristiana (il partito di maggioranza che aveva posto l’Italia sotto la tutela Usa).
Insomma, i giovani dei collettivi sono soprattutto contro, si sentono protagonisti della storia, in grado di prendere la guida del Paese: basta fare una rivoluzione armata e poi costruire una società perfetta dove tutti sono eguali.
Nel libro i rivoluzionari cominciano col prendere la guida dei cortei dai quali escono per azioni e tornano per nascondersi. Sono l’avanguardia dei manifestanti, quelli che hanno capito e devono orientare le masse con l’esempio (incendio a una sede fascista, molotov contro auto della polizia, incendio a bar di spacciatori-erano gli anni in cui l’eroina girava a fiumi e mieteva vittime tra i giovani).
«I cortei si muovono lenti. Noi siamo la cometa che corre. Noi siamo il Mucchio e stiamo andando a caccia. Mi guardo intorno mentre cammino veloce, mani ficcate dentro le tasche del giubbotto, Clarks morbide ai piedi, carico di una elettricità che mi fa sentire padrone della pace e della guerra. Pronto a prendermi tutto quello che serve».
I protagonisti Piero, Nuvola, Lampo, Falco, Lisetta, Tito, Natascia, ecc. hanno una vita fatta quasi esclusivamente di militanza e preparazione dell’insurrezione, sono soldati della causa, in servizio da mane a sera, hanno poco spazio per altro: i sentimenti e le relazioni amorose sono vissuti come disturbanti. Ciononostante, Piero si innamorerà di Francesca, una ragazza lontana dal Mucchio e contraria alla violenza.
Nel romanzo si racconta anche del sequestro Moro, dell’ammirazione che alcuni di questi militanti provano verso i fratelli maggiori e più organizzati delle Brigate rosse e dell’odio che nutrono verso Berlinguer e il compromesso storico.
Il Mucchio farà la sua parte nel clima di rivoluzione imminente, il loro teorico Falco sollecita un’organizzazione più coesa, la clandestinità, l’autofinanziamento tramite rapine alle banche.
Senza svelare tutto, un po’ il libro si legge con la tensione di un giallo, Piero/il Biondo sarà in prima fila.
Cominciano gli arresti di massa, il Biondo riuscirà a fuggire all’estero, lasciando l’amata Francesca. Con la madre e il padre aveva già tagliato i ponti.
Si ritrova a fare viaggi avventurosi e, persino, romantici nei Caraibi e da lì arriverà nel Nicaragua dove i sandinisti di Daniel Ortega combattono contro il dittatore Somoza e gli statunitensi che lo sostengono. Come un appartenente alle Brigate internazionali, anche il nostro partecipa alla liberazione e alla costruzione del nuovo Nicaragua. Non passeranno molti anni per ritrovarlo schifato dalla corruzione che domina il Paese e dalla nuova dittatura che il liberatore Ortega ha instaurato.
Senza radici e orfano di una causa degna Pietro Villa, che ora si chiama Diego Torres, si muove tra l’America latina e l’Europa, gli capita persino di incontrare vecchi compagni. Il mondo è cambiato e lo ritroviamo nel deserto di Atacama.
«Io e tanti come me, pensavamo di stare dentro una cosa grande, la Rivoluzione imminente. Pensavamo di conoscere i mali del mondo. Eravamo sicuri che il loro rimedio stesse sulle spalle della grande classe operaria che avrebbe spazzato tutte le ingiustizie. E sulle nostre di avanguardie che avevano il coraggio di aprire la strada con il fuoco. Ma a un certo punto quella cosa grande non c’era più: avevamo scambiato il tramonto per l’alba. […] Non c’era nessuna alba. Nessun potere. Nessuna Rivoluzione». E in seguito racconta di essere andato dove voleva: «L’ho fatto sempre pensando di andare dalla parte giusta. E quando mi sono accorto che era quella sbagliata, era tardi.»
Tutto questo il Biondo lo racconta a un giovane che lo ha raggiunto, si tratta di suo figlio Nelson (proprio come Mandela). Non l’ha mai conosciuto, è cresciuto con la madre Francesca. L’incontro avviene nel deserto dove ci sono i più potenti telescopi del mondo e dove numerose famiglie cilene cercano i resti dei loro cari attraverso brandelli di stoffa o oggetti, sono gli oppositori che il governo di Pinochet ha deportato in quel luogo e condannato a morte.
Romanzo Rosso è un abile ritratto dei movimenti rivoluzionari di quegli anni. Certo i protagonisti, così simili a molte persone di quel periodo per chi lo ha vissuto, ora ci appaiono come marziani, come lontane e inaccettabili sono le loro teorie.
