La strega buona
C’era una volta una strega,
una strega buona.
Da bambina mentre giocava con la sabbia in riva al mare, una folata improvvisa di vento le scompigliò i capelli e le sussurrò in un orecchio il suo primo incantesimo.
Così, mentre il mare con un’onda di risacca leggera e improvvisa trascinava via il suo prezioso castello, questo dono sorprendente e inaspettato, si fece lampo e per un attimo i suoi occhi brillarono di una luce accecante.
Nessuno se ne accorse.
Fu come un segnale segreto, un gioco di specchi al sole.
L’incantesimo brillò dentro il suo corpo come una mina e la sua fantastica detonazione sancì la nascita di un potere senza paura, senza macerie, senza sofferenza.
“Immagina un cartello,
scrivici una parola senza dire.
Apri una porta o un cancello
per trovare, non per fuggire”
La sera stessa, mentre giocava in un tramonto di Agosto con gli altri bambini, scrisse con le lacrime inconsolabili di uno di loro la parola “paura”.
Il pianto si placò immediatamente e finalmente, il timore che un pesce enorme potesse essere nascosto dalle alghe scure che si agitavano sul fondo del mare, scomparve.
Ci furono tuffi e risate.
Le alghe divennero solletico sotto i piedi.
Gli anni passarono rincorrendosi l’uno dopo l’altro come scoiattoli eccitati dalla primavera.
Non c’era anima che non fosse stata allietata o ingentilita dai suoi poteri.
Tutti tacevano, ma tutti sapevano.
Bastava un suo sguardo, per spogliarti dalle angosce, per riconoscersi e accettarsi, per riemergere dai propri abissi.
Come un aratro smuove e ridisegna la terra per accogliere la primavera.
Come l’escavatore raggiunge la profondità, perché nuove fondamenta si impadroniscano del mondo sommerso per erigersi in pietra e nuova dimensione, spiccando verso il cielo.
Un giorno, mentre camminava frettolosamente tra le vie della città, incrociò lo sguardo di un passante.
Il freddo la avvolse.
Toccò il buio nonostante il sole allietasse la giornata.
Le sue mani iniziarono a tremare rendendola incapace di scrivere quel disagio.
Quel cancello, quell’avamposto blindato, non sembrava penetrabile… ma non si lasciò scoraggiare o intimorire.
Così lo seguì.
Nella scia del suo profumo, trasformò in musica il rumore dei suoi passi, lasciando che quel ritmo si facesse sempre più forte e coinvolgente.
Tutti per un attimo poterono udirlo.
Tutti.
Poi d’improvviso, il silenzio.
Lui, si fermò e si voltò.
“Ho talmente tanto vuoto dentro, da non conoscere neanche la paura.
Cosa puoi fare per me?
Perché i miei passi sono diventati musica?
Smettila!
Non voglio!”
E lei:
“Il tuo vuoto è un silenzio.
Ho creato un rumore per colmarlo.
È il suono dei tuoi passi, è un ritmo solo tuo.
La tua paura, è la più grande di tutte…
Tu hai paura di esistere!”
“Ecco, ora ho paura di soffrire… contenta?!?”
Disse lui guardandosi i piedi come se fossero spuntati all’improvviso in fondo alle sue gambe.
E lei:
“Ho passato una vita a togliere le paure.
Tu, sei il primo a cui ne ho regalata una.
Fanne tesoro perché la tua vita faccia rumore.
Perché soffrire ti faccia notare la differenza tra vivere e sopravvivere.
Scrivi parole per la tua musica… ogni giorno”.
C’era una volta una strega, una strega buona.
Toglieva le paure e riempiva i silenzi di musica.
Ora, la sentiva anche lui.