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L’età fragile di una donna

Tempo di lettura: 2 minuti

L’età fragile, l’ultimo romanzo di Donatella Di Pietrantonio, racconta di Lucia una donna schiacciata tra un padre anziano, un contadino/pastore abruzzese duro, e una figlia, Amanda, che in tempi di pandemia prende un treno per tornare a casa. Amanda non ha più la luce negli occhi, a Milano dove studia è successo qualcosa che le ha tolto la voglia di fare.

Amanda è tornata, mi guardo intorno e inciampo nelle sue tracce: sul bracciolo del divano il piatto con un pane smozzicato, e nel bicchiere un residuo di bevanda. La coperta è ammucchiata in un angolo, accanto al libro rovesciato sempre sulle stesse pagine.

Lucia si rimprovera per non aver raggiunto la figlia dopo l’aggressione che ha subito, eppure anche lei ha sperimentato che da giovani non si è invincibili, che si può cadere, perdersi e persino morire. Era l’estate dei suoi vent’anni, Doralice la sua migliore amica era scomparsa con due ragazze di Modena dal campeggio che Osvaldo, padre di Doralice, gestiva con la moglie.

Il campeggio sorgeva su un terreno del padre di Lucia, quello che l’uomo le ha donato e che uno speculatore locale vorrebbe comprare. Il trauma rimosso riaffiora. Doralice, sopravvissuta, è fuggita dall’altra parte dell’Atlantico. Lucia è presa dalla sua pesante quotidianità: lavoro, è fisioterapista, padre richiedente, figlia spenta e un ex marito a Torino.

Col ritorno di Amanda si riaprono antiche ferite e la scoperta che la fragilità attraversa e unisce le diverse generazioni. Una di queste ferite riguarda il rapporto con la madre, scomparsa da tempo, una donna indurita che il marito voleva maschio nei campi e femmina in casa. Sebbene la donna fosse incapace di leggerezza, con lei Lucia ha condiviso alcuni momenti di complicità mentre erano ospiti di parenti napoletani. Problematico è stato anche il rapporto col padre esigente in famiglia e sempre disponibile con l’amico Osvaldo.

Amanda le ricorda sé stessa nell’agosto in cui è successo il fatto che ha posto fine alla sua innocenza. E ancora pensa a quel giorno terribile: aveva abbandonato Doralice preferendole il mare. Avrebbe potuto essere anche lei a passeggiare nel bosco con le ragazze modenesi o avrebbe potuto salvare Doralice portandola al mare con le amiche più snob. Non esistono luoghi sicuri, non lo erano neppure quelli dell’infanzia: il Dente del Lupo, Pietra Rotonda, i boschi in cui con Doralice cercava le fragole si sono rivelati terreni del male.

Eppure contro la speculazione Lucia ritrova la figlia e scopre che la natura dimentica.
Ricresce su tragedie e disastri.

Dopo L’Arminuta e Borgo Sud Donatella di Pietrantonio ripropone i temi della famiglia, dell’amicizia,dei legami con i luoghi di origine e sa restituire tutte le complesse sfaccettature dei sentimenti che legano i protagonisti. Lo fa, come sempre, con una scrittura scabra, limpida e delicata allo stesso tempo che attraverso la sottrazione sa rendere anche i silenzi della rimozione collettiva di quanto accaduto al campeggio decenni prima.

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