Prima si sentono, poi si guardano
“Buongiorno.
In cosa posso esserle utile?”
“Niente , guardavo”
E invece no.
Sto liberando endorfine.
Non sto solo guardando…
Hanno forme ammalianti, punte accentuate, tacchi fini, a stiletto.
Colori incredibili.
Chissà Freud cosa direbbe.
Una cosa è certa, non vanno provate… sennò si trasformano in tagliole, come per catturare le volpi… e non posso comprarle tutte.
Ebbene sì, sono una fanatica delle scarpe… e penso di essere in buona compagnia.
Cioè non credo di essere un caso patologico raro e isolato.
State sicuri, che se fossi stata Cenerentola, avrei potuto perdere un orecchino, un bracciale, un pezzo di naso… ma MAI una scarpa.
L’ incantesimo scada pure, ma io una décolleté di cristallo sul gradino di una scalinata, non ce la lascio!
Non so da cosa questa passione prenda origine.
Può darsi ci sia alla base una sorta di predisposizione genetica.
Oppure, è semplicemente così e va accettato.
Come un dono…o una maledizione.
Di fatto, è anche la prima cosa che scruto quando conosco un individuo.
Che scarpe porta e come le porta.
Come cammina.
Una volta, facendo shopping online, ho comprato un paio di scarpe completamente ricoperte di piume.
Me le feci spedire in ambulatorio dove lavoro…
Quando aprì la scatola e le mie colleghe curiose come scimmie vollero vedere il sudatissimo acquisto, venni travolta da una serie di sfottò esilaranti.
Primo, perché essendo ricoperte di piume presumibilmente di beccaccia, avrei scatenato gli abbai e la classica posa “ferma” di chissà quanti setter e altri cani da penna…
Secondo, perché la scarpa sinistra era un 36, mentre la destra era un 37.
Non ci fu possibilità di cambiarle, pertanto, le ho portate “dispari” con estrema disinvoltura, approfittando del fatto che in modo parafisiologico, ognuno di noi possiede un piede leggermente più lungo dell’ altro.
Logico… ci vogliono occasioni un po’ di nicchia, ma dubito di non essere apparsa “originale” quando le ho portate a fare un giro.
Ecco, appunto, io non indosso le scarpe.
“Le porto a fare un giro”.
Quando apro le scatole in cui sono custodite con cura, sembra mi scodinzolino come il cane quando vede il guinzaglio e brama tutte le attenzioni per andare a fare una passeggiata.
Mi parlano.
Mi chiamano, come le sirene chiamavano Ulisse.
Ma va anche detto, che ogni scarpa ha un’ occasione per essere sfoggiata.
E specialmente se si parla di scarpe con il tacco, bisogna avere un certo rispetto nell’ indossarle.
Se si amano, glielo si deve.
Come in qualsiasi forma d’amore.
E i tacchi, di rispetto, ne esigono tanto.
Perché sono elevazione.
E non ci si può elevare e sentirsi “incredibili” sempre.
Quando io metto i tacchi, mi gira subito in testa Frank Sinatra che canta “the lady Is a tramp”.
Una donna che lui definisce “vagabonda” ma che sa divertirsi, godersi la vita fregandosene di tutto.
E i tacchi, sono questo per me.
Non si va in smoking alla sagra del tortello… così , non si possono mettere i tacchi tutti i giorni e per routine.
Perdono il loro valore.
I tacchi, sono un costume, una trasformazione e un esplosione dell’ ego civettuolo.
E le esplosioni, vanno sempre un po’ controllate.
Sennò, danno assuefazione e il fascino di indossarli, scompare.
Poi, è importante anche come si cammina.
È severamente vietato sembrare cerbiatti a cui hanno appena sparato… barcollanti, incerti, precari.
Ma è altresì vietato, essere troppo appariscenti e audaci nella falcata… perché per un calcolo delle probabilità assurdamente perfido, la caviglia improvvisamente fa cilecca e veniamo subito puniti per la troppa sicurezza ostentata.
Il tacco esige una certa classe nel passo, ma anche una certa umiltà e gentilezza nei movimenti.
Niente eccessi… non ce n’è bisogno.
Brillano di luce propria e il loro rumore ad ogni passo sulle strade e i marciapiedi, è un ritmo incredibilmente attrattivo e caratteristico.
Prima si sentono, poi si guardano.
Ricordo ancora , il rumore dei tacchi (seppur molto bassi) di una professoressa di chimica del liceo che frequentavo…
Echeggiava nei corridoi, poco prima che l’insegnante entrasse in aula… ed essendo una professoressa molto temuta ed esigente, quel rumore sanciva l’aumento della frequenza cardiaca in ognuno di noi… una sorta di riflesso di Pavlov che scattava per il timore di essere interrogati a breve da una lady di ferro dalle scarpette rumorose.
Come nel film dello squalo, quando una musichetta semplice ma agghiacciante, preparava alla scena dell’ attacco con relativo spargimento di sangue…
La prof in questione, era quel suono nel corridoio, quel ritmo… e quel paio di décolleté basse la rappresentavano, la rendevano un personaggio.
Detto questo, la femminilità non la fa una scarpa.
Sarebbe estremamente riduttivo e decisamente presuntuoso.
Ricordatevi solo di camminare sempre a testa alta…
Scegliete un suono, una musica che vi giri in testa.
Siate un ritmo.
E godetevelo.
Copertina: Immagine Depositphotos