Torna a Milano il percorso creativo di Niki de Saint Phalle
Come la maggior parte dei giovani di buona famiglia, sono stata cresciuta per il mercato del matrimonio. Matrimonio, matrimonio, matrimonio era il Leitmotiv. Tutte le ragazze della mia generazione venivano educate a sposarsi e a sposarsi giovani.
E giovane si è comunque sposata Niki de Saint Phalle al secolo Catherine, Marie, Agnès Fal de Saint Phalle nata nel 1930 in Francia ma residente a New York dai sette anni. Non ha fatto un matrimonio di interesse come avrebbero voluto i genitori ma ha sposato un brillate scrittore spiantato.
Madre, modella per Vogue e tendente alla depressione anche per traumi subiti nell’infanzia da parte del padre che la abusava, Niki trova nella pittura la sua salvezza.
Ero una giovane donna arrabbiata, ma ci sono molti giovani uomini e donne arrabbiati che non diventano artisti. Sono diventata artista perché non avevo scelta, non avevo bisogno di prendere una decisione. Era il mio destino. Dopo aver visto le opere di Gaudì a Barcellona si stabilì a Parigi.
La giovane arrabbiata diventa famosa a Milano nel 1970. Dà scandalo partecipando al festival per il decimo anniversario del Nouveau Réalisme: Christo impacchetta la statua del re, Tinguely costruisce un fallo di 11 metri di fronte al Duomo e Niki vestita di nero e con una collana con crocifisso spara in galleria a un tabernacolo di tre metri fatto di animali, santi, madonne e crocifissi e fa uscire dai pannelli della vernice rossa che imbratta anche il cordone di poliziotti intorno a lei. (Non ho mai sparato su Dio. Lo trovo molto difficile e molto attraente. Io sparo sulla Chiesa.)
Sparare per lei, creando opere con la vernice colpita, era il suo modo per protestare e ribellarsi contro l’istituzione ipocrita del matrimonio tradizionale, contro il sistema dell’arte che relegava le donne nell’ambito decorativo, per ribaltare ogni forma di potere, innanzitutto quello degli uomini.
Il periodo degli spari finisce negli anni ’70, finita la rabbia intraprende un altro percorso. Decide allora di fare della scultura monumentale e si impegna a farla; è in questo periodo che incontra Jean Tinguely a cui chiede aiuto per la scultura in ferro. L’incontro tra i due diventa un sodalizio artistico e di vita. È il periodo delle Nanas, le sue enormi donne ricoperte di mosaici coloratissimi allegre, che danzano leggere padrone della propria vita. In Italia le troviamo nel Giardino dei Tarocchi di Capalbio accanto a totem di animali.
Jean e Niki lavoravano ciascuno alle proprie opere ispirandosi a vicenda. Nessuno dei due metteva in ombra l’altro e anzi, insieme, hanno realizzato opere come la famosa fontana accanto al Centre Pompidou di Parigi.
Il percorso creativo e di vita di Niki è ben tracciato nelle 110 opere esposte al Mudec di Milano. Lucia Pesapane che ha curato la mostra ci guida a ripercorrerli e a ritrovare nelle varie opere, le ragioni e gli stimoli dei movimenti sociali, come quelli contro la segregazione dei neri, o per il sostegno dei malati di Aids. Peraltro, quello che colpisce nel percorso di Saint Phalle è la consapevolezza delle rivendicazioni femministe.
A Jean Tinguely è dedicata una mostra all’Hangar Bicocca di Milano dove si possono ammirare le sue famose macchine inutili.