Che fine ha fatto l’altra America?
Ricordate i vecchi film western hollywoodiani in cui gli “eroi” respingevano gli attacchi di migliaia di indiani “cattivi” e vincevano? La trama si concludeva quasi sempre con i coloni che riuniti in chiesa con l’eroe di turno cantavano in coro America the beautiful e l’inno nazionale.
Ebbene il finale dello show per l’“incoronazione” di Donald Trump mi ha ricordato quei film: gli invitati, in piedi e da ligi benpensanti, ascoltavano tenendo la mano sul cuore quei due motivi interpretati, il primo da Carry Underwood e il secondo dal tenore Christopher Macho.
In coda alle sprezzanti parole di Trump, cariche di odio, di vendetta e di bugie, quel finale cantato ha creato una situazione fortuita di comicità, alimentata anche dall’abbigliamento pacchiano di alcune invitate e della first lady, con un abito da funerale e un cappello a tese larghe che sembrava un disco volante. Forse lo aveva indossato in omaggio ad Elon Musk.
Melania ha cambiato di abito qualche ora dopo per la festa danzante presso il Centro congressi dove lei e il marito hanno dato inizio alle danze sulle note di Glory Glory Halleluya. Una scena così stucchevole da volersi augurare per interromperla l’improvvisa apparizione di Fred Astaire e Ginger Rogers.
Ma i tempi di quella illustre coppia di attori appartengono al passato, all’America del presidente Roosevelt quando il suo New deal condusse la nazione fuori dalla grande crisi.
Trump ha cancellato in due giorni quell’America con l’aiuto di un gruppo di plutocrati padroni delle moderne tecnologie, che lo hanno finanziato a suon di miliardi di dollari.
Il nuovo presidente ha già firmato una serie di provvedimenti che hanno il sapore della vendetta verso il governo Biden: ha licenziato in tronco un migliaio di dipendenti dell’amministrazione statale; ha ripristinato la pena di morte federale; cancellato gli USA dagli accordi di Parigi sull’ambiente e firmato l’uscita dall’OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità.
Non ha dimenticato quei suoi sostenitori che il sei gennaio di quattro anni fa assaltarono il Campidoglio: ha dato un colpo di spugna su quell’ episodio, ha perdonato i 1.583 imputati di insurrezione, dei quali 1.100 già condannati, sfidando le sentenze dei tribunali e le leggi della Costituzione.
Con questa scelta Trump ha voluto imporre la sua volontà autoritaria, come hanno sempre fatto i dittatori di ieri e di oggi. Chissà se i deputati del Congresso interverranno contro questa sfida.
E come i dittatori, ha minacciato di occupare Panama e di impadronirsi della Groenlandia, ha espresso toni aggressivi verso il Canada, il Messico, tutti messaggi che rivelano le sue tendenze reazionarie. Ed è ancora più grave che il governo di Copenaghen sia rimasto in silenzio e che abbia taciuto anche l’Unione Europea di cui la Danimarca è membro.
Intervenuta al Vertice di Davos, Ursula von der Leyen, non citando mai il nome di Trump, ha detto che «I valori dell’Europa non cambiano, ma per difenderli in un mondo che cambia dobbiamo cambiare il nostro modo di agire. Dobbiamo impegnarci contro i blocchi e i tabù». Un gioco di parole che significa “niente”.
Il giorno dopo Trump, in videocollegamento con Davos, oltre ad aver dichiarato che il Green deal è un imbroglio, ha attaccato l’Europa:« Si è comportata con noi peggio della Cina; ha sempre punito Apple e Google e ora dovrà pagare i dazi».
Penso che tra breve dovremo chiederci che fine abbia fatto l’America Liberal, quella di un tempo, della rivolta di Berkeley estesa a tutte le altre università; quella delle manifestazioni contro la guerra del Vietnam; contro lo scandalo del Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon; delle proteste contro l’inutile invasione dell’Iraq voluta da Bush junior.
Erano tutte espressioni di una opinione pubblica attenta, pronta a intervenire contro gli eccessi di un potere conservatore.
Era accaduto anche in Europa con le rivolte studentesche del 1968 in Francia guidate da Cohn Bendit, in Germania da Rudi Dutschke, in Italia da Mario Capanna, che fecero riflettere gran parte dell’opinione pubblica e i governi.
Oggi rimane un nostalgico ricordo di quei tempi: il popolo delle Democrazie ha voltato pagina, preferisce la tranquillità di “non occuparsi di politica” e accettare la guida del primo arrivato che gli promette di “sistemare tutti i problemi”. Era accaduto con Mussolini, con Hitler, e oggi col prevalere del pensiero ultrareazionario e nostalgico. Siamo tornati al Medioevo? La risposta l’ha data Michele Serra con due parole di augurio piene d’ ironia: “Buon Medioevo”.