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Elezioni in Toscana: respinto l’assalto della Meloni

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Sembravano le truppe di Carlo VIII di Valois che nel 1494 tentarono di occupare Firenze. Mi riferisco alla calata nel capoluogo toscano in occasione delle elezioni regionali, dei massimi leader della destra col seguito, intenzionati a sconfiggere i progressisti. Ma questa volta le armi degli “assalitori” erano solo parole violente, minacciose e per niente politiche.

Erano arrivati tutti e tre per convincere i fiorentini a cambiar bandiera: la Meloni, Tajani, Salvini col rinforzo di Vannacci a cui era stata affidata l’organizzazione delle elezioni. Liberiamo la Toscana dai nemici della nazione, diceva lo striscione che campeggiava davanti alla Basilica del Brunelleschi in San Lorenzo, la piazza più popolare della città.

La prima sparata della Meloni era stata: «Pensavano che non avremmo mai avuto il coraggio di fare un evento nel centro di Firenze ed è quello che vogliamo fare anche qui in Toscana. Questo non è un Campo largo ma un Leoncavallo, un enorme centro sociale», aveva detto nei confronti dei “nemici” per poi concludere – dopo tante altre grossolanità da mercato – che «La sinistra italiana è più fondamentalista di Hamas».

Ma come nel 1494 vinse il Gonfaloniere Pier Capponi (quello di “noi suoneremo le nostre campane”) oggi ha vinto Eugenio Giani e per la seconda volta.

La sua rielezione era data quasi per scontata, ma la differenza in percentuale con l’avversario, Alessandro Tomasi, è stata superiore al confronto con la Ceccardi di 5 anni fa. Tomasi, uomo della Lega, sindaco di Pistoia, una città “rossa” sino a pochi anni fa, viene considerato anche dagli avversari un bravo amministratore che considera la politica una cosa seria, che mantiene con il centro-sinistra rapporti dialettici e civili. Su di lui Giani ha dichiarato dopo la vittoria: «Ci siamo sentiti con una telefonata molto serena: gli riconosco di aver contribuito a portare il dibattito sui temi concreti della regione».

I tre leader arrivati da Roma e Vannacci, con i loro vani e sguaiati interventi hanno danneggiato proprio Tomasi a partire dal generale che è vice di Salvini. Difatti la Lega dal 21,77% del 2020 è crollata al 4,38%, lasciando la destra nel suo complesso con la stessa percentuale di cinque anni prima perché i voti leghisti sono passati a FdI e a Forza Italia.

A Firenze Il PD è rimasto il primo partito, ma quello della Meloni ha guadagnato molti punti e lo ha superato  in diversi quartieri, del centro e della periferia, dove da anni sono in corso i lavori per la tramvia e per altri servizi. I cantieri, spesso male pianificati, rendono difficile la vita dei cittadini. La rendono difficile anche l’invasione turistica, l’aumento dei prezzi, la mancanza di abitazioni per i cittadini, una becera movida, la piccola malavita fatta di scippi e aggressioni.

Quindi i cittadini più colpiti da questo caos, che dipende dalla eterna disorganizzazione e incompetenza degli amministratori, hanno disertato i seggi o hanno votato per Fratelli d’Italia non per ideologia ma considerandolo come ultima risorsa per un cambiamento. Le piaghe di Firenze durano da decenni e tutte le amministrazioni di sinistra non sono state mai in grado di affrontarle saggiamente. Per esempio, i lavori per la tramvia erano stati annunciati nel 1995, ma la prima linea delle quattro previste venne inaugurata nel 2007. Oggi la rete resta ancora incompleta. Anche il passante ferroviario dell’alta velocità progettato nel 1996, non è ancora pronto.

Firenze è ormai in decadenza. Lo spiega bene in un’intervista al Corriere della Sera il segretario della Cgil cittadina, Bernardo Marasco: «Siamo a un bivio. O ci lasciamo inghiottire dal modello della rendita, il che significa bassi livelli di industrializzazione, overturismo, dequalificazione e lavoro povero, oppure puntiamo su un’idea di città come ai tempi dei sindaci del dopoguerra Mario Fabiani e Giorgio La Pira che sapevano parlare al mondo».

La sinistra, che guida il Comune dagli Anni novanta, non è stata capace di dialogare con i cittadini, di attuare piani di sviluppo che impedissero la crescita del caos che oggi assedia la popolazione e i valori artistici della città. Se il Pd non cambia la sua politica, rischia di regalare alle destre l’amministrazione comunale fiorentina. Da qui il danno si estenderebbe a tutta la Toscana. Per fortuna rimane e cresce l’eccellenza della Sanità.

Tornando alla vittoria di Giani, il presidente dovrà affrontare prima di tutto la formazione della giunta regionale con la distribuzione delle cariche tra gli alleati. Sarà un impegno difficile. Nel frattempo ha trascorso i primi giorni post elettorali in famiglia, poi con una visita al convento di Santo Spirito dei padri agostiniani. Infine a Livorno per portare un cero alla Madonna di Montenero come aveva fatto cinque anni fa seguito da un codazzo di giornalisti.

Ma come allora, ha “dimenticato” di portare un saluto agli operai di una delle tante industrie che stanno chiudendo.

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