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Europa: la rotta sbagliata della Meloni

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Alla conclusione del G7 Giorgia Meloni si era detta molto soddisfatta. Nel suo primo commento lanciato sui social aveva fatto un primo bilancio sul Vertice di Borgo Egnazia: «Era una grande responsabilità e sono orgogliosa di come la nostra nazione sia riuscita, ancora una volta, a stupire e tracciare la rotta».

Quale rotta, quale stupore? La premier non ha dato alcuna spiegazione: ha messo insieme una serie di parole declamatorie che mi ricordano le frasi altisonanti provenienti dalle voci degli autocrati che hanno retto i destini della Storia d’Italia, antica e contemporanea; parole vaghe che soddisfano quella parte ingenua e non pensante del popolo.

Se avesse detto – prendo due frasi a caso – «chi si ferma è perduto» oppure «l’aratro traccia il solco, il fucile lo difende», avrebbe ricevuto lo stesso plauso dei suoi sostenitori.

Il Vertice è stato un fallimento: i sette “Grandi”, in difficoltà nelle loro patrie, sono apparsi come attori di uno spettacolo o, come scrive sulla Stampa Flavia Perina, «un inutile happening turistico tenuto in un resort per vacanze mentre il pianeta fa i conti con tre guerre». Per non parlare delle tante altre, aggiungo.

Tra gli ulivi della Puglia, le pose sorridenti davanti ai fotografi, i ricchissimi buffet, i campi da golf e le piscine, il vero risultato del summit ha sottolineato che la “civiltà” occidentale è in declino: Germania e Francia sono sommerse da un forte rigurgito dell’estrema destra; gli Stati Uniti, non più padroni del mondo, attendono le elezioni di novembre su cui incombe lo spauracchio di Trump; il fallimentare governo conservatore britannico si avvia verso le elezioni di luglio con un gradimento di appena il 20%, secondo i sondaggi che danno per certa la vittoria laburista. Almeno in quel Paese la sinistra avanza.

L’unico governo dei Sette da considerarsi “forte e stabile” era quello italiano, grazie ai rigurgiti della destra vittoriosi nel settembre del 2022. Ma non è bastato alla Meloni per definirsi “orgogliosa”. Alla fine del G7 è corsa subito a Bruxelles per il vertice del Consiglio europeo, cioè la riunione dei 27 primi ministri che dovrà decidere sulla nuova governance dell’UE. Si aspettava una grande accoglienza, invece è stata relegata tra gli impresentabili, cioè al livello degli estremisti di destra, pur essendo la leader dei conservatori europei.

Altro che orgoglio: il cancelliere Sholz è stato il primo a prendere le distanze da lei dichiarando che «la leader italiana appartiene all’estrema destra». Il lussemburghese socialista Nicolas Shmidt aveva detto giorni prima che «non era una grande democratica, ma piuttosto un pericolo per le istituzioni europee, un lupo infiltrato nell’ovile». Il primo ministro polacco Donald Tusk, portavoce dei “popolari” ha aggiunto che lei potrebbe essere «il cavallo di Troia delle destre». I premier socialisti di Spagna e Portogallo hanno completato il quadro. L’italiana ha dunque ricevuto una bocciatura totale.

Pertanto è difficile che possa infilare qualcuno dei suoi nel futuro governo europeo che sarà formato come il precedente, da popolari, socialisti e liberali. Salvo sorprese, ne ritornerà alla guida Ursula Von der Leyen. Ma dati i buoni rapporti che esistono tra le due, forse sarà offerto ai conservatori un qualche incarico irrilevante.

«È finita la pacchia», aveva dichiarato la Meloni riferendosi all’Europa subito dopo la vittoria alle elezioni politiche. La pacchia invece sta finendo per lei: oltre alle dure critiche ricevuti dai membri del Consiglio, Bruxelles ha posto l’Italia in procedura di infrazione per il debito che supera la soglia del 60% sul Pil e quella del disavanzo del 3%.

Inoltre lo spettacolo indecente offerto alla Camera da alcuni deputati di Fratelli d’Italia e della Lega, che hanno trasformato l’aula di Montecitorio in un ring, riempiendo di pugni il collega di 5Stelle Leonardo Donno, ha stupito, ma non come voleva la Meloni. L’Italia delle destre ha fatto una pessima figura: la vera “rotta tracciata” è quella della vergogna.

L’aggressione subita da Leonardo Donno alla Camera dei Deputati

E la Meloni ha giustificato gli aggressori affermando che i suoi hanno ceduto a una provocazione, tacendo che questa consisteva semplicemente nello sventolio della bandiera italiana davanti al ministro Calderoli da parte del deputato pentastellato.

Se poi si aggiunge l’inchiesta di Fanpage sui raduni della Gioventù nazionale di Fratelli d’Italia – pieni di saluti romani e simboli fascisti -ripresa alla TV da Piazza pulita, il quadro è completo. La Commissione Europea ha definito quelle immagini: «Una chiara simbologia del fascismo che non è appropriata. La condanniamo pensando che sia moralmente sbagliata».

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