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Novecento, secolo di massacri. Il Duemila sarà peggiore?

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Le case crollavano come se si dissolvessero e dalle macerie si levavano le fiamme; gli alberi con un crepitio si mutavano in torce… La gente abbandonava le case e il flusso di fuggiaschi ben presto diventò un torrente. Per gli invasori, sterminarli diventava un gioco da ragazzi. Uomini e donne venivano massacrati come bestie. Alla fine restavano macerie fumanti e mucchi di cadaveri.

Questo brano non è una testimonianza su Gaza e potrebbe esserlo se non fosse stato ripreso da La guerra dei mondi, uno dei primi romanzi di fantascienza scritto nel 1898 da Herbert George Wells (Londra 1866-1946), un’opera allegorica che ipotizzava un futuro di guerra allora impossibile: l’Europa era in pace da quasi 30 anni e quel periodo di “felicità e splendore” veniva chiamato la Belle Époque. Un termine che significava progresso economico, sviluppo culturale e miglioramento delle condizioni di vita, soprattutto in Francia e in altre nazioni occidentali. Contemporaneamente tutto ciò veniva accompagnato da una forte crescita industriale e tecnologica, nota come seconda rivoluzione industriale, e dall’ascesa della società di massa.

Infatti Wells, per mancanza di “nemici feroci” sulla Terra, attribuiva quelle distruzioni ad esseri provenienti da altri mondi (Marte) che avevano invaso il nostro pianeta. Il suo romanzo ispirò due film nel 1953 e nel 2005.

Ma ben presto, nel Secolo ventesimo, dalla fantasia si passò alla realtà. E Wells lo aveva previsto. Lo scrive nel 2006 Niall Ferguson, giornalista economista e saggista britannico, nel sul libro La guerra del Mondo, Novecento il secolo della violenza (Mondadori 2008, 2016): «Quando in seguito quelle scene (descritte da Wells, ndr) divennero realtà, i responsabili non furono i marziani ma altri esseri umani che spesso giustificavano i loro massacri definendo le loro vittime “alieni” o “subumani”. Quella di cui il Ventesimo secolo fu testimone non fu una guerra di mondi, ma una guerra del mondo». E aggiunge: «Il Novecento è stato senza dubbio il secolo più sanguinoso della storia moderna e, in termini relativi e assoluti, di qualsiasi altra epoca».

Ferguson concentra il suo saggio sulle due guerre mondiali, soprattutto la seconda che definisce la “peggiore catastrofe mai provocata dall’uomo”. Si stima che nella prima i morti furono 10 milioni, in gran parte soldati. Moltissimi civili morirono a causa della febbre spagnola, un’epidemia nata nelle trincee che come effetto collaterale si diffuse tra la popolazione di tutta l’Europa in guerra.

Nel conflitto successivo le perdite umane sarebbero state stimate tra i 50 e i 70 milioni. Secondo un censimento fatto dall’ONU tra le nazioni belligeranti e quelle coinvolte di riflesso, ci furono 24.408.154 vittime tra i militari; 43.638.905 tra i civili, vittime dei bombardamenti aerei delle forze contrapposte; delle rappresaglie compiute dall’esercito germanico e dalle milizie cobelligeranti; prigionieri di guerra morti nei lager nazisti e giapponesi. Ma la più grande tragedia fu quella della Shoa, la deportazione e l’assassinio deliberato da parte del governo nazista di circa 6 milioni di ebrei.

Fu la strage di un popolo, un “genocidio”, termine coniato nel 1944 da Raphael Lemkin, un giurista polacco, per descrivere la distruzione sistematica e intenzionale di un gruppo nazionale, etnico, razziale e religioso. Creò questa parola unendo dal greco “genos” (razza, tribù) con il termine latino “cidium” (uccisione).

Ma nel Ventesimo secolo di genocidi ce n’erano stati altri in precedenza: durante la prima guerra mondiale in Turchia governo e militari portarono alla morte due milioni di Armeni, loro concittadini. Fu un eccidio deliberato, oggi dimenticato. La Turchia lo ha sempre negato.

Arresti e deportazioni furono compiuti in massima parte dai “Giovani turchi”. Erano dei nazionalisti che organizzarono le “marce della morte” cui sottoposero 1.200.000 persone, morte per fame, malattie o sfinimento.

Una colonna di Armeni costretta a marciare nel deserto

Queste marce furono organizzate con la supervisione di ufficiali dell’esercito tedesco (la Germania di Guglielmo Secondo e l’Impero ottomano erano alleati) e si possono considerare antesignane delle più note marce della morte perpetrate dai nazisti ai danni delle persone che erano state deportate nei lager durante il secondo conflitto mondiale. Altre centinaia di migliaia di Armeni furono massacrate dalla milizia curda e dall’esercito turco. Alcuni ufficiali tedeschi testimoniarono quei fatti e li fotografarono. A fine guerra Armin Wegner, un prezioso testimone di quell’eccidio, oltre ad aver scattato molte fotografie, pubblicò un libro-diario su quegli avvenimenti che uscì durante la Repubblica di Weimar.

Il militare tedesco Armin Wegner

Gli storici tendono a considerare le motivazioni addotte dai “Giovani turchi” come propaganda nazionalista per sottolinearne il progetto politico mirante alla creazione di uno Stato turco etnicamente omogeneo.

Un altro eccidio dimenticato fu quello in Ucraina causato dalla carestia tra gli Anni Venti e trenta del ‘900. Gli studiosi discutono tuttora se sia stato un evento artificiale, intenzionale oppure naturale. Alcuni storici concludono che la carestia fu deliberatamente architettata da Stalin per eliminare il movimento indipendentista ucraino. Altri suggeriscono che la carestia fu principalmente la conseguenza della rapida industrializzazione sovietica e della collettivizzazione forzata dell’agricoltura.

Le prime stime del bilancio delle vittime da parte di studiosi e funzionari governativi variano notevolmente. Una dichiarazione congiunta alle Nazioni Unite firmata da 25 Paesi nel 2003, affermava che morirono dai 7 ai 10 milioni di persone.

Con l’abbattimento del Muro di Berlino e la fine della guerra fredda, le speranze che la pace si diffondesse col Secolo ventunesimo, vennero vanificate sin dall’inizio con la prima guerra del Golfo e l’attacco alle Torri gemelle di New York. Seguirono le invasioni americane dell’Afghanistan e quella dell’Iraq volute dal presidente USA Bush junior che provocò la prolificazione della Jihad, la guerra santa musulmana.

E oggi, mettendo da parte le guerre in Africa, tra rivoluzioni e controrivoluzioni, manovrate dall’Occidente e dalla Russia, arriviamo all’invasione dell’Ucraina e alla tragedia di Gaza. Insomma, il secolo Ventunesimo ha avuto un pessimo debutto come lo ebbe il Ventesimo con le tensioni che portarono allo scoppio della Grande guerra. Come le nazioni di allora non riuscirono a risolvere le crisi che portarono al conflitto mondiale, così avviene di questi tempi. Per Gaza siamo all’assurdo: si polemizza a oltranza sulla validità della parola “genocidio” mentre non si fa niente per por fine al massacro di un popolo inerme. Eppure Netanyahu e i suoi soldati non sono marziani.

Articolo pubblicato anche su https://www.allonsanfan.it/

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