La Destra italiana non ama i Parchi
Il primo parco naturale italiano fu istituito poco più di un secolo fa: nel 1922 l’antica riserva reale di caccia dei Savoia divenne quello che oggi è conosciuto universalmente come il Parco Nazionale del Gran Paradiso.
L’obiettivo, chiaro fin da subito, fu di salvaguardare i più importanti serbatoi di biodiversità, preservare paesaggi, formazioni geologiche, flora, fauna.
I parchi o riserve e più in generale le aree protette, hanno quindi tra le loro finalità, quella di tutelare e valorizzare l’ambiente, il paesaggio e la natura, contribuendo attivamente allo sviluppo socio-economico delle popolazioni locali e alla salvaguardia dei beni naturali e culturali per le generazioni future.
Oggi i parchi nazionali italiani sono 24 e coprono quasi 1,5 milioni di ettari a terra e 71mila a mare; le aree marine protette, invece, sono 29 con un’estensione di circa 222mila ettari e ad esse occorre aggiungere due parchi sommersi e il Santuario internazionale dei mammiferi marini, con altri 2.5 milioni di ettari protetti. Inoltre, negli anni, sono state istituite 871 aree naturali protette a tutela di oltre 3.163.000 ettari di superficie terrestre.
Questi risultati, però, seppur inferiori alle aspettative di milioni di abitanti o di frequentatori delle zone di significativo valore naturalistico, sono sempre più a rischio di ridimensionamento dei livelli di protezione se non, addirittura, di abolizione dei parchi.
In Liguria, per esempio, lo scontro sui parchi è particolarmente acceso e riguarda due dei cinque parchi regionali: quelli di Portofino e di Montemarcello Magra. Mentre del secondo autorevoli esponenti della Regione, governo di centrodestra, hanno chiesto l’abolizione, del primo se ne osteggia l’ampliamento e la promozione a parco nazionale.
Il parco di Portofino fu perimetrato già nel 1935 ed è rimasto tale fino ad oggi includendo i territori dei tre Comuni “storici”: Portofino, Camogli e Santa Margherita. Da anni, però, anche i Comuni di Zoagli, Rapallo, Coreglia e Chiavari chiedono di farne parte.
La Regione ha escluso perentoriamente l’allargamento, forte anche del parere dell’attuale ministro dell’Ambiente che ha annunciato un decreto del governo teso a ridurre l’area del futuro parco che un atto dell’allora ministro dell’Ambiente del Governo Draghi, Roberto Cingolani, stabiliva in oltre 5.300 ettari con l’inclusione di ben 11 Comuni.
Contrari agli ampliamenti sono sostanzialmente i cacciatori e le imprese edili. I cacciatori che sono impediti di esercitare la caccia nelle aree protette e le imprese che non possono costruire nuovi edifici in aree ad alto valore paesaggistico. Le istanze di entrambi sono fortemente sostenute dalla Lega, il partito di Salvini, ma in generale è l’intero centrodestra a osteggiare le aree protette.
A fronte di ciò, Ermete Bogetti, presidente del Coordinamento per il Parco Nazionale di Portofino, esponente di Italia Nostra ed ex magistrato della Corte dei Conti, intende rivolgersi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, garante della Costituzione, che dovrà firmare il decreto ministeriale sul “parchetto” dei tre Comuni originari.
Purtroppo l’atteggiamento dell’attuale governo nei confronti di parchi e aree protette è il classico esempio di quanto l’ambiente sia difeso in questo Paese solo a parole e certo non nei fatti. Nonostante i rilevanti compiti istituzionali dettati dalla Costituzione (art. 9 e 32), il continuo taglio di organici, onorari e fondi, finisce per costringere parchi e aree protette all’insufficienza gestionale tanto che la Corte dei Conti ha più volte segnalato al Parlamento l’impossibilità della loro corretta gestione per la scarsità di personale e di competenze adeguate.
A farne le spese sono sempre i cittadini che lì vivono, quale vero avamposto della tutela di questi Patrimoni unici in Europa (l’Italia è ancora oggi il Paese con maggiore biodiversità d’Europa), in molti casi dichiarati dall’Unesco come Patrimoni dell’intera umanità.
Di fatto, pur con le ormai note criticità, i parchi hanno rappresentato negli ultimi anni una delle poche voci in attivo del bilancio turistico e di fruizione del Paese, dando una spinta significativa all’economia creando nuova occupazione soprattutto nel settore del turismo responsabile, in grande crescita dopo il Covid-19, e reso il nostro Paese migliore, più bello e ricco di paesaggi e di specie faunistiche che avrebbero rischiato di scomparire.
La via per il futuro è quella “di ripristinare l’obbligo della Repubblica di tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, in un’ottica di giustizia anche verso le future generazioni, verso una maggiore integrazione tra dimensione ecologica e dimensione economica e sociale”.
Insomma per evitare questa infinita deriva dei parchi e delle aree protette e dare una svolta al sistema delle infrastrutture verdi in Italia, sarebbe necessaria un’azione coordinata tra più ministeri e di rilancio delle politiche per avviare il percorso verso un’ecologia integrale e verso quella transizione indicata dall’Europa, mai affrontata se non in termini di emergenza energetica, idrogeologica, climatica, industriale provocate dalla fragilità del Paese. È un modello di economia in declino, basata sul consumo incessante di suolo, nella quale continuiamo a crogiolarci senza intravvedere una via d’uscita che pure è sotto i nostri occhi.
Copertina: Vista aerea di Portofino, Depositphotos