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La Polonia ritorna a destra

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Alle elezioni presidenziali in Polonia l’estrema destra di “Diritto e giustizia” ha vinto al ballottaggio per un pugno di voti: il 50,89% contro il 49,11% della “Piattaforma civica” (centro sinistra). E adesso il Paese rischia di rientrare nel gruppo degli Stati sovranisti con un presidente non proveniente dalla politica ma emerso dal nulla, come in Argentina Javier Milei che si presentò alla campagna elettorale mostrando una motosega con la quale, diceva, “avrebbe tagliato tutti i legami col passato”. In Polonia ha vinto Carol Nawrocki, un ex pugile che ha conquistato gli elettori con il semplice messaggio “patria e famiglia”, annunciando un comportamento da duro verso l’immigrazione e in particolare i due milioni di ucraini che vivono in Polonia.

Sono parole che appartengono all’elenco degli slogan sovranisti come quello di Trump “America Great Again” (Rendiamo l’America di nuovo grande) o della nostra Meloni “Dio, patria e famiglia”. E non a caso Nawrocki è un grande ammiratore del collega americano.

Adesso dovrà convivere col primo ministro Donald Tusk che guida un governo progressista e riformista. Sarà una coabitazione molto difficile perché il presidente, pur non avendo un potere esecutivo, ha il diritto di veto per bloccare le leggi approvate dal parlamento e nominare i vertici dell’amministrazione statale, come il capo della Banca centrale. Il veto può essere respinto soltanto col voto di ¾ dei deputati, una maggioranza che il governo di Tusk non possiede.

Il voto, proveniente soprattutto dalla popolazione delle campagne, porterà seri problemi non solo alla politica interna del Paese, ma anche all’Unione Europea. I risultati, seppur attesi in parte, hanno sollevato interrogativi profondi sullo stato della democrazia polacca, sulla tenuta delle istituzioni e sull’effettiva volontà di cambiamento da parte dell’elettorato. Ci si deve chiedere che ruolo abbia giocato la disinformazione e quale direzione prenderà la Polonia il cui passato reazionario Tusk aveva iniziato a cancellare con le riforme.

Anche l’Unione Europea dovrebbe preoccuparsi perché Nawrocki si è dichiarato un anti europeista. Difatti il leader ungherese Orban, esultante, si è subito complimentato col collega polacco; la Le Pen ha fatto altrettanto e così l’estrema destra tedesca. Trump che poche settimane fa aveva ricevuto a Washington Nawrocki, gli aveva vaticinato “tu vincerai”. Anche la Meloni si è congratulata aggiungendo che con il neo eletto ha molti punti in comune.

Il PIS, partito nazionalista e illiberale lo aveva candidato nonostante fosse un ex pugile divenuto in seguito un semisconosciuto funzionario dello Stato. E gli è andata bene per un soffio. Ha vinto nonostante il suo passato ambiguo reso noto dagli avversari durante la campagna elettorale: venivano indicati certi suoi legami con la malavita; che avrebbe gestito un giro di prostitute quando era impiegato in un albergo e le risse da teppista durante la sua gioventù.

Prima delle elezioni Nawrocki dirigeva l’Istituto della memoria nazionale, fondato dal PIS, che promuoveva versioni nazionaliste della storia polacca con severi riferimenti all’occupazione sovietica provocata dall’accordo tra Molotov e Ribbentrop sulla spartizione della Polonia firmato nel 1939.

Quello fu un tragico episodio che i polacchi non hanno mai dimenticato e il rancore verso la Russia rimane anche oggi. È l’unico sentimento che unisce destra e sinistra.  Mentre i nazisti distruggevano una parte del Paese, dall’ altra i sovietici deportarono e liquidarono migliaia di polacchi che non erano in guerra con l’URSS. Ci fu il massacro delle fosse di Katyn’, segnato nella storia come uno dei peggiori crimini contro l’umanità: fu l’esecuzione sommaria di circa 23 000 tra ufficiali, politici, giornalisti, professori e industriali polacchi da parte dell’Unione sovietica di Stalin. Il dittatore volle eliminare tutti gli appartenenti alla classe media polacca, come fece anche nei confronti delle tre repubbliche baltiche che aveva occupato sempre in quel periodo.  

Di quell’eccidio si è parlato poco: furono i tedeschi a scoprirlo subito dopo aver invaso l’URSS. Quando al processo di Norimberga venne rivelato con prove alla mano dagli avvocati difensori dei nazisti, nell’aula ci fu un imbarazzante silenzio, tra i giudici c’erano anche dei sovietici. I russi ammisero ufficialmente di essere stati gli autori di quell’eccidio soltanto 60 anni dopo, con la fine del comunismo.

Oggi i polacchi all’unanimità continuano a detestare e temere i russi e sono corsi ai ripari. Nel cuore dell’Europa orientale, la Polonia si sta trasformando nella principale barriera militare dell’Occidente contro la Russia. Con un programma di riarmo tra i più ambiziosi della NATO e investimenti record nella difesa, Varsavia punta a diventare non solo il baluardo dell’Alleanza Atlantica sul fianco orientale, ma anche un attore militare autonomo capace di dissuadere Mosca da qualsiasi aggressione.

Mentre la guerra in Ucraina ha risvegliato antichi timori nella regione, il governo polacco ha risposto con decisione: l’esercito è oggi tra i più numerosi e meglio equipaggiati d’Europa. Il Paese ha avviato una corsa all’ammodernamento senza precedenti, acquistando un gran numero di mezzi corazzati, caccia americani F-35 e sistemi di difesa missilistica Patriot. L’obiettivo è chiaro: rendere le forze armate polacche “le più forti d’Europa”.

Per l’Unione Europea una Polonia militarmente forte è strategicamente importante, e lo è diventata molto di più da quando è governata da un partito riformista ed europeista. Quali saranno i rapporti con Nawrocki diventato presidente?

Per adesso da Bruxelles sono state inviate congratulazioni formali. La Von der Leyen ha dichiarato di essere «Fiduciosa che l’UE continuerà la sua ottima collaborazione con la Polonia. Siamo tutti più forti insieme nella nostra comunità».

Questi rapporti continuerà a mantenerli il premier polacco Tusk con la speranza che nel Paese non avvenga un ribaltamento politico che lo riporti ai tempi della democratura sovranista e semi fascista di quando dominava il PIS.

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