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Miseria e rabbia, i mali della Gran Bretagna di oggi

Tempo di lettura: 4 minuti

Il partito laburista ha messo fine con determinazione e in breve tempo ai disordini in Gran Bretagna, ma ora deve affrontarne le cause.

È passato solo poco più di un mese dall’accoltellamento di tre bambine nella cittadina inglese di Southport, vicino a Liverpool. Quel drammatico fatto di cronaca aveva scatenato violente proteste dell’ultradestra in tutto il Paese, da Liverpool, a Manchester, Bristol, e fino a Belfast in Irlanda del Nord.

La situazione era rapidamente degenerata con la caccia all’immigrato strada per strada, negozi di stranieri bruciati, polizia assalita, saluti nazisti, moschee prese d’assedio, hotel di richiedenti asilo incendiati e tentativi di linciaggio di persone di colore. In quella prima settimana d’agosto la follia dell’estrema destra aveva messo a ferro e fuoco la Gran Bretagna.

La risposta del governo e delle autorità è stata ferma e decisiva. Da subito il premier Starmer aveva trattato queste rivolte razziste come una questione di ordine pubblico. Il leader laburista aveva dichiarato che chiunque fosse stato coinvolto negli scontri, incluso chi incitava alla violenza sui social media, avrebbe dovuto affrontare il pieno rigore della legge, mentre Scotland Yard si era detta pronta a utilizzare ogni potere, tattica e strumento disponibile per prevenire ulteriori scene di disordini.

Starner, che anni prima era stato procuratore generale dello Stato, se eletto alle elezioni politiche, si riprometteva di contrastare i comportamenti illeciti con un maggior numero di poliziotti di quartiere, nuove pene per i trasgressori oltre a unità specializzate in stupri e altri tipi di aggressioni.

In poco tempo la polizia aveva effettuato oltre 600 arresti. Presto sono arrivate anche le prime, severe condanne: fino a tre anni di carcere per aggressioni agli agenti di polizia, danneggiamenti e violazioni dell’ordine pubblico aggravate da odio razziale.

E per la prima volta, la magistratura britannica, ha anche dato condanne esemplari a coloro che avevano incitato all’odio razziale sulle piattaforme online.

Ma la risposta del governo non si è fermata qui. Lunedì scorso (2 settembre) il ministro degli Interni, Yvette Cooper ha ammesso alla Camera dei Comuni che durante le rivolte di agosto, «i sistemi di coordinamento con cui la polizia doveva lavorare erano troppo deboli». Nello stesso intervento ha dunque chiesto che le forze dell’ordine «ponderino sulle lezioni apprese dagli eventi di questa estate, in modo da poter garantire un forte coordinamento e che vi sia un’adeguata sorveglianza dell’ordine pubblico».

Tra le varie misure annunciate da Cooper nel suo discorso alla Camera bassa c’è anche quella di adottare una linea dura su chi fomenta le violenze contro gli immigrati e l’odio razziale sui social media. Il Ministro ha incaricato il Segretario alla Tecnologia, Peter Kyle, di modificare i requisiti per le aziende di social media affinché si assumano la responsabilità dei contenuti pubblicati sulle loro piattaforme.

Sebbene il governo abbia affrontato con fermezza e determinazione una delle prime grandi crisi del suo mandato e gli elettori abbiano dato un ampio consenso alla gestione di questa emergenza, la risposta di Starmer non è detto che sia stata abbastanza convincente per una buona parte dell’opinione pubblica.

I fatti di Southport hanno mostrato un’ampia ostilità al multiculturalismo, un pregiudizio anti-islamico e anti-migranti, oltre a una predisposizione verso sentimenti populisti.

Stupisce il fatto che le frange violente e razziste siano numericamente piccole, prive di una organizzazione centrale, ma anche molto pericolose perché come abbiamo visto, in pochissimi giorni i disordini si sono sparsi a macchia d’olio.

Non si possono dunque ignorare le circostanze che hanno portato alle rivolte di inizio agosto.

Da un lato, 14 anni di politiche dei Conservatori, di forti tagli alla spesa pubblica, di austerità a lungo termine, per non parlare dell’impatto della Brexit, hanno impoverito enormemente il Paese. Il blasonato welfare state è ormai in bancarotta. Biblioteche e centri sociali chiudono; il servizio sanitario nazionale e l’istruzione pubblica sono ormai cronicamente in rosso.

Come sempre, coloro che hanno subito più di tutti questi tagli selvaggi sono stati i ceti meno abbienti. Le diseguaglianze nell’assistenza sanitaria e nella salute tra ricchi e poveri nel Regno Unito sono cresciute a dismisura. Molte famiglie di lavoratori britannici vivono in povertà e non hanno sufficiente reddito per pagarsi medicinali e una dieta decente.

Non sorprende che 7 su 10 delle aree più povere della Gran Bretagna sono quelle che hanno subito maggior violenza lo scorso agosto. Ed è proprio in queste zone impoverite che i governi Tory avevano deciso di creare i centri per ospitare i richiedenti asilo.

D’altro canto per decenni, la stampa (primi fra tutti i tabloid), dominata da editori che puntano sul razzismo per vendere più copie, ha anche contribuito a normalizzare la narrativa anti-immigrazione. I vari governi Tory che si sono succeduti non hanno fatto altro che assecondare queste narrazioni. I conservatori hanno costruito la propria campagna elettorale sul tema dell’immigrazione. Si pensi per esempio al “clima ostile” istituito dalla premier Teresa May che ha preceduto Sunak.

Infine le elezioni dello scorso giugno, quando il tema dell’immigrazione era balzato nuovamente al centro del dibattito politico, con l’ex Primo Ministro Sunak che parlava delle piccole imbarcazioni di migranti irregolari che attraversano la Manica e prometteva di mandare i richiedenti asilo in Rwanda.

E non possiamo neppure dimenticare che alle ultime elezioni, il Partito Reform UK guidato dall’istrionico Nigel Farage, la cui piattaforma elettorale è quella del blocco dell’immigrazione e la deportazione immediata, abbia conquistato il 15% dei voti e 5 seggi in Parlamento. La prima volta nella storia democratica della Gran Bretagna.

Non deve dunque stupire come si sia potuti facilmente passare dal dibattito politico agli incidenti e alla violenza organizzata dell’agosto scorso. Questi disordini rappresentano una drammatica situazione del paese, una situazione che i partiti tradizionali non riescono più a tenere a freno. Il razzismo c’è. La povertà c’è ed è diffusa: questi sono problemi reali per milioni di persone.

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