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Più severità sulla strada, ma chi controlla?

Tempo di lettura: 3 minuti

Incidente. È una parola che purtroppo i giornali e altri media sono costretti a usare spesso per dare notizia di quanto accade sulle nostre strade: automezzi impazziti che uccidono condotti da persone incoscienti, ubriache, drogate. Gli autori delle tragedie della strada spesso se la cavano grazie a una legislatura carente e all’aiuto di avvocati esperti quando se li possono permettere.

“L’incidente”. È anche il titolo italiano di un film degli Anni Cinquanta del regista Juan Antonio Bardem padre del neorealismo spagnolo e autore dei più noti “Benvenuto mister Marshall” e “Calle Major”. “L’incidente” – titolo originale “Muerte de un ciclista” – premiato a Cannes nel 1955, parla di un importante personaggio spagnolo che mentre guida l’auto e nello stesso tempo litiga con l’amante (Lucia Bosé) che gli è accanto, investe un ciclista che muore. Invece di soccorrerlo fugge nel timore di venire scoperto con la donna e che possa scoppiare uno scandalo.

Siamo nella Spagna di Franco e il protagonista è strettamente legato al regime e alla Chiesa che appoggiava col suo oscurantismo la dittatura. Lo scandalo rischia di scoppiare ugualmente ma lui riesce a soffocarlo aiutato dalle autorità e dalla stessa Chiesa. Subito dopo il premio, in Spagna il film venne censurato e Bardem arrestato e tenuto in carcere per alcuni giorni. Era il regista della resistenza antifranchista.

Non credo che nell’Italia democratica episodi di quel genere siano mai capitati. Ma voglio ricordare che nel 1949 la “Legge Andreotti” impose la censura preventiva sul cinema che venne tolta soltanto nel 1962. Rimase la “Revisione dei film e dei lavori teatrali” che interveniva dopo la programmazione. Nel ’72 questa istituzione fece processare il film “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci che i giudici condannarono in via definitiva al rogo nel ‘76. Proprio così “al rogo”, come nella Germania nazista e nella Spagna di Franco. La Magistratura di Lecco era la più severa nella censura e per anni la città lombarda fu evitata dai film che avrebbero potuto subire denunce.

Tornando agli incidenti veri e propri la legge che ne punisce i colpevoli è molto blanda e questi molto raramente finiscono nelle patrie galere; capita spesso che riottenuta la patente, siano recidivi. Dopo la morte del piccolo Manuel provocata da una Lamborghini Suv guidata a grande velocità in una strada di Roma da giovanissimi youtuber, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha sollecitato il governo a emanare un decreto legge che renda più severo il codice della strada (finalmente ha avuto una buona idea). Aumenteranno le sanzioni per chi guida sotto l’effetto dell’alcool, che utilizza il cellulare al volante e altre violazioni.

È giusto che lo Stato intervenga più duramente per evitare gli incidenti, ma le leggi più severe potrebbero avere il sapore delle “grida” dei “Promessi sposi”, se per contrastare le violazioni mancassero i controllori.

Forse se nei giorni durante i quali il Suv dei youtuber correva per le vie di Roma, fosse passata un’autopattuglia delle forze dell’ordine, la tragedia non sarebbe accaduta e il giovane autista se la sarebbe cavata con una multa. Ma i controlli in Italia sono molto rari: quelli dei vigili urbani – promossi al rango di polizia locale – non esistono neppure per i divieti di sosta che sono affidati a delle cooperative. I vigili lavorano negli uffici ed escono molto raramente e purtroppo per lui, un povero transessuale di Milano ne ha conosciuti tre che lo hanno riempito di botte.

La polizia stradale fa quel che può ma ha un organico che risale a una trentina di anni fa. Oggi in Italia circolano più di 40 milioni di automezzi e sui 7000 Km di autostrade e i 450.000 di strade ordinarie le pattuglie sono 1500. Se le separiamo in tre turni il numero dei “controllori” attivi scende a 500. Non è troppo poco? Per i governi di destra e di sinistra, la sicurezza dei cittadini è rimasta sempre agli ultimi posti.

Foto: una scena del film Muerte de un ciclista

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