Storia di un ministro, dagli Interni alle Infrastrutture
Non si toccano i confini che ha tracciato Mussolini. È una frase che avevo letto tanti anni fa tra le pagine di un vecchio sillabario delle scuole elementari stampato in epoca fascista. Mi è tornata alla mente dopo aver visto lo show di Salvini che pronunciava parole in risposta alle accuse della Procura di Palermo per il suo divieto allo sbarco dei 147 migranti soccorsi dalla nave Open Arms avvenuto nel 2019: “Sono colpevole di aver difeso i confini italiani”.
È una frase diversa da quella del duce del fascismo, ma alludeva sempre a alla difesa dei confini della patria, una sacrosanta determinazione valida nelle dittature e nelle democrazie, a patto che al di là dei confini ci sia un nemico.
Però sulla Open Arms, all’ancora fuori del porto di Lampedusa, non c’erano nemici armati ma poveri migranti affamati e bisognosi di cure. Pertanto la Procura ha posto sotto accusa Salvini che allora era ministro degli Interni. Da qui è nata la sua reazione scomposta contro la Magistratura con l’appoggio incondizionato del governo.
Coloro che ci governano hanno ignorato la legge costituzionale del 1989 sui reati ministeriali e il voto del Senato del 2020 che approvava l’autorizzazione a procede contro Salvini legata alla vicenda della Open Arms.
Lasciamo il seguito delle polemiche – che continueranno a lungo – a giornali, televisioni e social, per occuparci del modo di lavorare di Salvini da ministro. Parlerò di un tema diverso che lo riguarda, le ferrovie, che non ho potuto affrontare nel mese di agosto.
Quando era agli Interni, frequentava molto spesso il Papeete Beach di Milano Marittima, mentre al Ministero lo vedevano raramente. Col nuovo incarico, titolare dei Trasporti e delle Infrastrutture, gran parte degli italiani al posto delle sue “sentenze” preferirebbe ascoltare parole concrete su quanto sarebbe di sua competenza, per esempio Trenitalia.
Forse impegnato nella sua continua campagna elettorale quest’estate non sembra si sia occupato molto di ferrovie, mentre avrebbe dovuto farlo con molto impegno.
Da parecchio tempo i convogli dell’Alta velocità producono ritardi che negli ultimi mesi hanno raggiunto otto ore, come è accaduto diverse volte. Le Ferrovie hanno risposto alle proteste in maniera molto vaga attribuendone le cause ai guasti dei locomotori, al maltempo, ai passaggi a livello, ai lavori, all’errore umano.
I dati ufficiali di Trenitalia, seppur in modo ambiguo, hanno comunicato che il 2% delle Frecce subisce ritardi superiori ai 60 minuti, mentre il 98% è soggetto a ritardi da 0 a 60 minuti. È un disastro ben noto all’opinione pubblica con i milioni di passeggeri che usano il treno.
Quando i treni arrivavano in orario
Eppure i nostri governanti, alcuni dei quali nostalgici per il passato fascista, dovrebbero ricordare che Mussolini teneva moltissimo alla puntualità dei treni. Era una questione di propaganda per il regime. I nostri invece non sono capaci nemmeno di rendere efficiente questo settore dei trasporti.
Anzi hanno fatto di tutto per far imbestialire gli utenti delle ferrovie con un provvedimento annunciato improvvisamente il primo di agosto: l’apertura di cantieri sulle linee principali che avrebbe portato ore di ritardo per tutti i convogli che le percorrevano. E questo annuncio stravagante è arrivato quando milioni di cittadini erano pronti per le vacanze. Per non parlare dei turisti stranieri che vagavano nelle stazioni per avere qualche spiegazione dai rari e inefficienti uffici informazioni.
È mancata la macchina ministeriale con un ministro “capostazione” che si ponesse alla guida di uno staff incaricato di alleggerire il disagio dei passeggeri. Salvini sembra preoccuparsi soltanto del ponte sullo Stretto come panacea che risolve tutti i disastri.
Un alto dirigente di Trenitalia ha dichiarato alla Stampa: «Da diversi mesi non sappiamo con chi interloquire. Alcuni dirigenti del Ministero preferiscono lasciare e spesso non vengono sostituiti. Questa mancanza di confronto finisce per avere ripercussioni molto concrete sul servizio ferroviario».
L’elettrificazione
Una curiosità: durante il fascismo l’Italia aveva il record delle ferrovie elettrificate, 6000 Km contro i 600 della Francia, i mille della Germania e degli Stati Uniti. Nel 1937 l’elettrotreno ETR 200 (disegnato dall’architetto Giuseppe Pagano) batté il record mondiale di velocità raggiungendo i 201 Kmh sulla “direttissima” Roma Napoli; nel 1939 percorse il tratto Firenze-Milano in un’ora e 55 minuti alla media di 165 Kmh raggiungendo una velocità massima di 203 Kmh.
Quei record furono erroneamente dimenticati quando nel 1960 la Francia si vantò di aver superato i 200, ma con un locomotore senza vagoni.
Devo precisare che l’elettrificazione fu programmata dallo Stato liberale che nel 1905 statalizzò le ferrovie. Pochi anni dopo iniziarono i lavori delle direttissime Roma- Napoli e Firenze-Bologna (con la galleria della Futa). Le Ferrovie dello Stato avevano creato un importante ufficio studi che funzionò bene anche durante il fascismo. Mussolini ne aveva compreso l’importanza mentre oggi abbiamo un’organizzazione ferma sul binario morto.