
La creatività come antidoto alla rigidità mentale
«Non possiamo risolvere i nostri problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato per crearli».
Albert Einstein
Nel corso della storia, la creatività è spesso stata considerata un dono raro, riservato a pochi eletti, geni o artisti, folgorati da una scintilla improvvisa e fortuita. Oggi, invece, viviamo in un’epoca in cui si è costantemente alla ricerca della creatività, talvolta riducendola a strumento funzionale per l’efficienza aziendale, l’innovazione tecnologica o il design accattivante.
Ma essere creativi non significa solo generare soluzioni originali o rivoluzionarie, quanto più adottare un atteggiamento di apertura, curiosità e ricerca continua. Come affermava Rollo May: «Il significato di creatività si è smarrito disastrosamente, nel convincimento che si tratti di qualcosa cui ricorriamo occasionalmente, soltanto nei giorni di festa. La premessa da cui dobbiamo partire è invece che in essa si esprime l’uomo normale nell’atto di realizzare se stesso».
Anche Carl Rogers descriveva la creatività come motore della crescita personale, un’espressione autentica dell’individuo che si realizza: «La creatività è l’espressione più piena di quella tendenza a realizzare se stessi e a sviluppare in modi realmente efficaci le proprie potenzialità; essa costituisce la molla stessa dell’esistere e della crescita psicologica».
La creatività, quindi, non è soltanto una facoltà intellettuale, ma un’attitudine esistenziale, oltre ad essere un modo di abitare il mondo che consente di trasformare ostacoli in opportunità, problemi in occasioni di sviluppo.
Sempre più studi si concentrano sui meccanismi della creatività, mettendone in luce le molteplici contraddizioni. Essa si muove infatti tra l’inconscio, che genera intuizioni spontanee, e il conscio, che le organizza e le struttura. È un continuo oscillare tra libertà e metodo, tra spontaneità e rigore.
Jerome Bruner, psicologo statunitense, ha paragonato la creatività a un chiasmo, figura retorica che intreccia elementi opposti, definendola «la capacità di conciliare gli opposti, concordia discors». L’atto creativo, secondo Bruner, è un gioco di equilibri: tra istinto e razionalità, caos e ordine, esplorazione libera e disciplina.
Un altro paradosso fondamentale è quello tra libertà e responsabilità. Creare implica rottura e innovazione, ma anche consapevolezza delle conseguenze. Un agire creativo che ignori la responsabilità rischia di essere distruttivo. La creatività, quindi, non è un atto isolato o fine a sé stesso, ma un processo radicato nel contesto culturale e sociale, capace di generare senso e valore per la collettività.
Lo sanno bene tutti coloro che hanno fatto della creatività un mestiere: il pensiero critico e divergente va coltivato quotidianamente, non solo nelle opere che si realizzano, ma anche nello sguardo con cui si osserva il mondo e nel messaggio che tali opere desiderano veicolare.
Essere creativi significa mettersi in discussione, accettare l’incertezza e il rischio del fallimento, esplorare nuove possibilità con il coraggio di uscire dagli schemi, allenare un punto di vista personale, affrontare la vita con spirito di ricerca, con atteggiamento coraggioso di fronte al rischio, alla lotta, alla sofferenza ed all’insuccesso. In questo senso, la creatività è un antidoto alla rigidità mentale e un motore di trasformazione, personale e collettiva.
Non si tratta solo di un talento innato, ma di un’attitudine che si sviluppa nel tempo e nell’incontro con il mondo, a qualsiasi età. Monica Guerra evidenzia come l’educazione debba offrire spazi di esplorazione e libertà, favorendo l’esperienza diretta e la sperimentazione: «Essere creativi significa abitare il mondo con uno sguardo curioso e aperto, capace di trasformare le esperienze in nuove possibilità» (Guerra, 2016).
In questa prospettiva, la creatività è anche relazione, contaminazione, dialogo: nasce dal contesto, si nutre delle opportunità offerte e si esprime nel gioco tra realtà e immaginazione, come insegnava Gianni Rodari nella “Grammatica della fantasia”, dove il pensiero creativo nasce dall’intreccio tra parole, immagini e possibilità inaspettate.
Ma come si può allenare la creatività nella vita quotidiana?
Significa, innanzitutto, osservare il mondo e noi stessi con occhi nuovi, cogliendo dettagli inaspettati anche nelle cose più semplici. Stimolare l’immaginazione, lasciarsi andare a ipotesi impossibili e storie fantastiche, perché spesso le idee più innovative nascono dove la logica si interrompe e si lascia spazio alla fantasia.
Fondamentale è sviluppare il pensiero divergente: la capacità di trovare più soluzioni a uno stesso problema, uscire dagli schemi, combinare elementi apparentemente lontani per creare nuove connessioni, proprio come fanno i bambini, gli scienziati e gli artisti.
La creatività cresce se ci concediamo il tempo per sperimentare, senza temere l’errore, abbandonando la fretta nei risultati e accogliendo l’ignoto come occasione per percorrere strade inattese. È importante nutrirsi di stimoli eterogenei, come letture, musica, natura e incontri, perché la creatività nasce nel dialogo tra mondi diversi. Ma altrettanto importante è rallentare, concedersi del tempo “sconnessi” e senza stimoli per creare spazio all’inatteso.
Allenarla significa anche praticare la fantasia ogni giorno, anche in piccoli gesti, e coltivare la flessibilità mentale: imparare a cambiare punto di vista, riformulare le domande, reinventare i percorsi, le abitudini.
In sintesi, la creatività è apertura, gioco, curiosità e coraggio: un’attitudine che possiamo coltivare ogni giorno.
In una società complessa e in continua trasformazione, la creatività non è più solo un valore aggiunto: è una competenza fondamentale per affrontare l’incertezza, adattarsi ai cambiamenti e dare senso alle esperienze. È, in ultima analisi, un atto di libertà e autenticità che permette di navigare tra gli opposti e trasformare le contraddizioni in opportunità di crescita e rinnovamento.
Per chi desiderasse lasciarsi ispirare e approfondire il tema, ecco alcuni libri preziosi:
- “Fantasia” di Bruno Munari
- “Grammatica della fantasia” di Gianni Rodari
- “Come diventare un esploratore del mondo” di Keri Smith
- “Le più piccole cose” di Monica Guerra