Parole inafferrabili che fanno svoltare
E se Biancaneve fosse stata un cozza?” E’ la domanda che si pone Paola Cortellesi nel preciso ed efficace monologo di apertura dell’anno accademico di una famosa università privata.
La storia, anzi la favola, avrebbe lo stesso corso e Biancaneve non sarebbe stata uccisa dal Cacciatore anche se non era bella? O la favola sarebbe finita lì, alle prime battute, con la sua morte, senza la conoscenza dei Sette Nani, l’ulteriore intervento dello Specchio, la Mela e il Principe Florian ecc.?
Amo parole come in questo caso le congiunzioni “…e se”, “…come se” perché aprono all’immaginazione e alla simulazione di qualcosa di diverso dai fatti che percepiamo e pensiamo.
Sono inafferrabili perché aprono ad infiniti mondi possibili facendo svoltare la narrazione.
Su e giù per la favola
Nella favola i bambini tra i 4 e 6 anni imparano la differenza tra realtà e fantasia.
Una prerogativa pare della specie umana quella di formulare ipotesi, definire schemi predittivi, simulare comprendendo il punto di vista di qualcun altro o semplicemente fantasticare.
Il gioco di mettere “E se…” nel racconto della favola è il primo esercizio per introdurre un imprevisto e non autorizzare il pilota automatico della consuetudine e della convenzione al pensiero del bambino e aiutarlo a proliferare nella cognizione.
“ E se …Biancaneve fosse stata una cozza”, avrebbe comunque impietosito il Cacciatore? E se il Cacciatore non avesse comunque ucciso la ragazza? E se… l’avesse lasciata nel bosco (e qui la favola può continuare nel suo alveo originario) o meglio ancora l’avesse costretta diventare sua serva…? Qui la favola avrebbe una svolta rispetto all’originale.
Insomma “E se…” riesce a creare infiniti futuri anche nel passato, attraverso i contro-fatti rendendo possibile il cambiamento di ciò che deve venire.
Io non sono una bambina e quindi i miei “E se…” sono limitati , ma una bambina sarebbe stata in grado di formulare ipotesi e predizioni a 360°, in termini di contro-fatti.
Per esempio: il Cacciatore inciampa mentre punta il fucile e viene colpito dalla sua stessa pallottola inavvertitamente sparata, oppure il Cacciatore si addormenta e perde Biancaneve, oppure il Cacciatore spara e adempie al suo compito…
Questo perché il cervello del bimbo o della bambina è fortemente connesso e non ha ancora “potato” i percorsi neuronali meno frequentati e rafforzato quelli più battuti.
Andare su e giù per la favola, guardando a ciò che è presente e che potrebbe avvenire nel futuro o che sarebbe potuto avvenire in passato se le condizioni fossero state differenti, è l’esercizio per creare l’immaginazione, per ideare nuove possibilità ed esplorare nuove rapporti causali, mondi nuovi più o meno esistenti.
L’esperienza pesa?
Tanto più le esperienze del bambino sono positive, tanto più gli effetti desiderati proliferano e quanto più le esperienze del bambino sono negative e tanto più gli effetti indesiderati proliferano.
Mi domando come saranno questi ultimi da adulti. Non tanto nel fare ragionamenti all’indietro, quanto a immaginare come evitare ciò che di fatto è accaduto.
“E se…“ crea imprevisto e ci stimola a pensare altrimenti rompendo sulla routine di lettura della esperienza passata e della pianificazione futura.
Su questo congiunzione “E se…” anche l’Intelligenza Artificiale si è esercitata nelle sue prime fasi di vita e si è arenata per l’enorme mancanza di praticità nel costruire innumerevoli se non infiniti scenari di “E se… allora”.
L’Intelligenza Artificiale da lì non ha generato immaginazione, ma si è indirizzata ad apprendere in modo più produttivo applicando la statistica al miglioramento del compito per cui è stata progettata.
Il suo apprendimento, “machine learning”, si basa sulla statistica cioè legge, interpreta e apprende attraverso la probabilità con cui si presentano certi “schemi di dati” che rappresentano il compito per cui è impiegata.
L’intelligenza umana usa ancora l’immaginazione e ripercorre “E se…” trovando… l’imprevisto.
Per ascoltare il monologo di Paola Cortellesi , https://www.youtube.com/watch?v=y5g1uLFBh8A
Questa volta ringrazio Gino che ha saputo raccontarmi l’importanza del ”E se…” nella costruzione dei mondi possibili nella nostra mente e qualche volta nella realtà.
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