Parole inafferrabili “intricate”
Ho proposto una lista di nove parole e alcune persone, le poche che mi leggono, hanno puntato su quattro di queste: complessità, resilienza, solidarietà ed ecosistema.
Non so da quale iniziare ma per essere razionale almeno devo dire cosa rappresentano nella realtà di ogni giorno usando un’“analogia”. Mi viene in mente un’immagine e mi sembra di essere di fronte a una matassa aggrovigliata e sento l’”urgenza” di creare spazio tra i diversi fili per poterla districare o semplicemente per ordinarla.
Finora ho usato l’“ascolto” e la “visione” per rendere più afferrabili le singole parole inafferrabili. Ma quando le parole sono numerose e intricate sento la necessità di ridurre la tensione tra di loro o trovare un possibile loro accordo armonico “maneggiandole”. E’ un modo per prepararsi ad afferrare i significati che sfuggono.
Lo spazio tra le diverse parole
Mi accorgo che le parole, che sono state scelte dai miei cari Lettori, interagiscono e si sovrappongono in alcune parti come se fossero nodi e torsioni di diversi fili e ciononostante mi piacciono.
Le separo dilatando lo spazio tra di loro, le analizzo una ad una e cerco di capire perché mi piace il loro melange, il mescolarsi, il loro intricarsi.
La “Complessità” è una caratteristica di qualcosa per esempio un sistema che ha la prerogativa di essere formato da parti tra di loro interdipendenti, interagenti, interconnesse e per queste ragioni è difficile predirne il comportamento con o senza stimoli.
Per simpatia, “Complessità” va a braccetto con “Ecosistema”. L’”Ecosistema” è infatti il complesso di elementi che hanno tra di loro un legame organico e funzionale.
Pensate ad un “Ecosistema” come un insieme di organismi viventi (per esempio piante, animali, funghi e batteri) che interagiscono tra di loro adattandosi all’ambiente in cui vivono. Ci sono ecosistemi marini, terrestri, artificiali e anche di transizione.
Bé perché dico che “Complessità” e “Ecosistema” vanno a braccetto? Intanto ci sono alcune parole comuni per esempio interagire, parti o elementi, sistema… e poi c’è la prerogativa che gli ecosistemi sono complessi.
Se non lo fossero, sarebbero semplici: con un solo elemento (Semplice viene dalla radice “sem” (uno solo) e “plectere” (allacciare o piegare). Immaginatevi un foglio piegato solo una volta e potete vedere facilmente che ha una sola semplice direzione).
Se fossero semplici non sarebbero ecosistemi.
Ma “Complessità” va anche d’accordo con “Resilienza”. La “Resilienza” è una capacità di un oggetto/soggetto di solito un materiale o organismo che viene perturbato nel suo equilibrio da una “prova”, “trauma” o “shock” e che ritorna alla funzionalità precedente alla prova, trauma o shock subìto.
Chi lavora a ferri o ad uncinetto, conosce il potere del filato ad esempio usato per un bel maglione che, una volta “dis-fatto”, mantiene la forma e richiede alcuni passaggi in acqua per essere pronto, ritornando alla sua forma originaria, al reimpiego in un altro bel golfino o in una magnifica tenda.
La “Resilienza” è anche però una proprietà dei sistemi complessi per esempio di una persona o in modo più esteso di una comunità o comunque di un ecosistema di riportarsi ad un equilibrio che permette di esprimere nuovamente la sua funzione. In biologia è la capacità di auto-ripararsi dopo un danno.
Quindi possiamo dire che la “Resilienza” è una capacità di un sistema, organismo e in genere di ecosistema di governare la “Complessità” di fronte ad eventi esterni che mettono alla prova.
La “Resilienza” è più vicina alla flessibilità, all’anti-fragilità, all’adattabilità, alla trasformazione piuttosto che alla rigidità, alla fragilità, alla resistenza, alla permanenza.
La trama di superficie
Per afferrare queste parole inafferrabili tra di loro intricate ho bisogno di ricondurre ad elementi di comunanza per vedere la loro interazione e la trama di superficie.
E’ un modo per osservare anche la realtà intricata.
Per esempio io tutti i giorni vivo in un ecosistema artificiale in interazione con altri ecosistemi più o meno naturali: in una casa, costruita 300 anni fa dall’uomo, in un borgo, creato dall’uomo 1000 anni fa, in una campagna bonificata fin dagli Etruschi 7 secoli prima di Cristo.
Il paesaggio che vedo dalla mia finestra è anch’esso frutto dell’interazione tra ecosistemi naturali e artificiali. La civiltà, quel dialogo tra uomo e ambiente, ha sviluppato quella resilienza soprattutto come anti-fragilità, come cambiamento migliorativo e mi ha portato il paesaggio e la vita che vedo.
Paesaggio e vita si sono adattati, sopravvivendo, a terremoti e ad alluvioni. I muri, le piantumazioni, i fossati descrivono civiltà su civiltà l’adattamento e nuove intricazioni rendendole cultura, una ricchezza di saperi che può tenere aperta l’interazione, creare l’armonia dall’intricazione e portare a volte i semi di nuove civiltà.
Ti può interessare leggere qualche mio articolo per afferrare delle parole che raccontano il futuro che emerge e prendertene cura? Se SI rispondi a questo survey monkey dove propongo questa volta 9 aggettivi inafferrabili: anticipativo/a, catalitico/a, dirompente/a, adattabile, incerto/a, perfido/a, ambiguo/a, instabile, generativo/a.
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Copertina: illustrazione DepositPhoto