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Il camaleonte Alfredo

Tempo di lettura: 3 minuti

Quando Dio o chi per lui, progettò e sfornò il nostro mondo, fece davvero un bel lavoro.
Una varietà di esseri viventi incredibili… magici senza consapevolezza.
Umilmente straordinari.
Questa storia, parla di uno di loro.
Questa è la storia del camaleonte Alfredo.

Alfredo, era un camaleonte timidissimo… ed essendo così timido, era il più bravo di tutti ad essere invisibile.
Si mimetizzava in pochissimi millesimi di secondo tanta era la paura di essere esposto al mondo.
Una volta riprodusse persino i colori di un wc di ceramica bianco, abbandonato per inciviltà in mezzo ad una radura della foresta tropicale in cui viveva da un bel po’.
Ma lui si mimetizzava meglio nei soggetti/sfondi di quel tipo.
D’altronde, veniva dalla città.

Sì, Alfredo aveva nuotato controcorrente.
Era stato rapito al contrario.

Nato e cresciuto in un piccolo villaggio ai margini della foresta, se la passava alla grande.
Qualche spettacolo per allietare qualche turista, camminando e mutando come il più incredibile dei maghi trasformisti.
Le foto.
Lo stupore incredulo dei bambini.
Lo conoscevano tutti ormai.
Mai uno sforzo per procurarsi il cibo.
Una vita da nababbo.

Una sera, all’imbrunire, mentre a passo calmissimo tornava al suo rifugio notturno, conobbe due turisti in viaggio di nozze.
Un bambino suo compagno di giochi e trucchi, poco prima, gli aveva messo una sorta di collana… un giro di catena fine e luccicante.
Glielo aveva donato come fosse un gran regalo, come un monile con cui agghindarsi… non certo per tenerlo in schiavitù.
Era il regalo di un bambino per Dio.
Sembrava una sorta di punk abbestia dei camaleonti.

Eh.
Ma i camaleonti non parlano con gli umani, purtroppo.

E andò così:

“Mio Dio, ma questo povero camaleonte è tenuto a catena!
Dobbiamo fare qualcosa!”
disse la spavalda turista dai capelli rossi con voce squillante al neomaritino.

E lui:
“Ma cosa?
Cosa possiamo fare?
A casa no eh! Non ci pensare nemmeno… che in aeroporto ci arrestano subito per traffico illecito di animali!”

E lei, con gli occhi della sfinge che tutto sa, disse:
“Ma tesoro caro (con tono saccente e incredibilmente sicuro quanto quasi diabolico)
domani andiamo a fare l’escursione nella foresta! Lo liberiamo lì!
Oh che cosa fichissima da fare insieme!”

Di lì in poi Alfredo, capì che considerando la scarsa velocità che poteva assumere durante una fuga, era meglio iniziare da subito a risparmiare le forze… non oppose quasi resistenza quando lei lo prese delicata ma furtiva e se lo infilò nella camicia.

Appena giunti al loro alloggio, fu “liberato” da quel monile frainteso…

“Via questa catena, domani sarai libero!”

disse la rossa che ormai era diventata un mix tra Madre Teresa di Calcutta e una fanatica animalista sotto oppiacei.
E Alfredo diventò triste.

Il mattino seguente, dopo un viaggio di sei ore chiuso in uno zaino, venne appoggiato (con tanto di tristi ma felici frasi di addio dei due neosposini) su una foglia enorme e verdissima.

“Ciao Alfredo, sii libero!!”

vociarono i due mentre si allontanavano con la guida… e NO, Alfredo non si chiamava assolutamente Alfredo.
Camaleonte significa “leone di fuoco”.
Bastava e avanzava.
E invece no.
La rossa in tre pattoni, lo aveva pure battezzato… per la fissa che aveva con una canzone di Lucio Dalla “il cucciolo Alfredo”.
E non contenta, aveva urlato quel nome in mezzo alla foresta!
Tutti, lo avevano sentito.
Tutti!
E ridevano.
Boia se ridevano.
Pure il bradipo l’aveva capita subito e rideva… che per capire una cosa buffa lui… in genere lo senti ridere dopo due o tre giorni… da solo!!!

E così, Alfredo imparò a diventare invisibile più velocemente di tutti gli altri.
Per evitare che lo chiamassero per nome.
Per insicurezza.
Osservava tutti, senza che nessuno si accorgesse di lui… con calma, per capire, studiare.
Lui d’altronde, si era relazionato più con gli umani… il mondo aveva altri colori, altri rumori.
Alfredo a volte si diceva:
“ma in questo silenzio senza memoria dell’uomo, non è che qui, tutti, sentono cosa penso?”
Così per essere timidamente invisibile, affinò la conoscenza di tutta la foresta… e diventò anche un gran cacciatore di insetti pur continuando a preferire quelli di città… per l’aroma aggiunto di polvere e integrazione, alla facciaccia del biologico.
Di alcuni amici, imparò a fidarsi…
A molti di loro, raccontava sempre di un film che aveva visto nell’unico bar del suo villaggio… parlava di una fuga con un certo Steve McQueen.
Poi si rendeva conto che già la parola “film” lasciava i suoi interlocutori basiti e non insisteva.
Sapeva di non poter tornare a “casa”…
Ma lo raccontava come fosse una cartolina.

Poi, si fece una promessa.
Ogni giorno se la ripeteva… così ognuno nella foresta conosceva il suo mantra:

“Mai
Mai
Indossare le collane”.

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