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Aberfan 1966

Tempo di lettura: 3 minuti

Il bambino è solo in quel prato dove l’erba non è più verde; guarda verso quella che era una collina scura, anonima fra le altre e piange. Ricorda e piange, vede i suoi compagni, tutti i suoi amici che camminano con lui verso la scuola. Sono allegri, ridono, si spintonano come al solito con un vociare alto e stridulo,  scherzano ma non sanno, non possono sapere. Non sapranno mai, tranne lui,  che quella collina maledetta  distruggerà in un attimo la sua scuola e la vita di tutti i suoi compagni.

“Il disastro di Aberfan fu provocato dalla frana del cumulo di materiale di risulta di una miniera di carbone, avvenuto il 21 ottobre 1966. Il materiale di risulta era stato accumulato sul pendio di una collina che sovrastava il villaggio gallese di Aberfan, sovrapposto a una sorgente naturale. In seguito alle forti piogge si accumulò ulteriore acqua che contribuì al suo improvviso collasso. La massa di fango scivolò verso la valle sottostante, inghiottendo la scuola elementare locale e altri edifici e uccidendo 116 bambini e 28 adulti.”

Forse ha distrutto anche la sua vita ora che nella campagna brulla e grigia, dove l’inverno ha steso il suo manto di nebbia, è rimasto da solo a guardare, a ricordare, a piangere.

Ha paura della collina friabile che ancora lo opprime o piuttosto di essere rimasto solo senza i suoi amici? Impossibile capirlo e per questo si volta e fugge, non vuole più vedere quell’ombra maledetta che ha soffocato tante vite inclusa la sua.

E’ vero, è salvo solo per la porta di un bagno che per un po’ si è opposta alla violenza di quella frana, che si è incurvata, che ha deviato una parte della fanghiglia, che gli ha lasciato un poco d’aria da respirare mentre tutto intorno si faceva buio e morte. Quante ore ha passato nell’oscurità col naso chiuso pieno di terra respirando a fatica ? Non lo può ricordare, la mente col tempo nasconde i momenti brutti della nostra vita o almeno rimuove in parte quei momenti. Poi però arrivarono alcune deboli voci, lontane nell’oscurità, ma la tosse per la terra in gola gli impediva di rispondere ai richiami. Poi qualche raggio di luce.

Anche oggi il manto di nebbia toglie di nuovo la luce e torna la paura e allora via di corsa tra gli alberi spogli, attraverso quei campi quasi sempre umidi, con le lacrime che colano sul viso, correndo fino a casa. A casa tra le braccia della madre.

Un abbraccio tenero, carico d’amore; il male lo ha percosso ma l’abbraccio lo risolleva; la tristezza lo aveva oppresso ma l’abbraccio lo riempie nuovamente di vita e lo aiuta a proseguire, ce la farà.

Il bambino sente questa spinta, continua a piangere ma non è più paura, è quella emozione che solo due braccia possono dare, è una carica vitale che non si esaurisce mai. Scende lentamente dentro di lui, ne scuote le fibre, scaccia lentamente la disperazione e l’espressione del suo volto muta poco a poco. Cosa rimarrà dentro di lui per il resto della vita ? Di certo una cicatrice profonda, continui patimenti, forse segni indelebili e dolorosi ma ancora non lo sa ed è giusto che sia così, la sua maturazione come uomo in parte lo aiuterà ed il suo destino deciderà.

Ora però abbandona l’abbraccio della madre e con una nuovo serenità si avvia a tornare indietro. Cammina di nuovo tra gli alberi spogli, si bagna le scarpe sui campi umidi dove giocava con i compagni e passa tranquillo attraverso quel manto di nebbia impalpabile che attenua la luce del giorno. Eccolo tornato sul prato dove l’erba non è più verde, deturpata com’è dalla maledetta fanghiglia nera. Si ferma finalmente a guardare di nuovo ciò che resta della collina scura, anonima fra le altre ma … non piange più.

Il volto disteso ora trasmette fiducia, speranza, si siede, mette le mani sul viso e ricorda. Poi alza di nuovo lo sguardo verso la striscia nera di fango, gli occhi sono umidi pensando ai suoi amici e a sé stesso. E’ la preghiera di una nuova vita, è la sua battaglia. Ancora non sa quanto dovrà combattere con quella frana e con i demoni che ha lasciato dentro di sé; non lo attende un futuro semplice, certo è vivo e questo è già molto ma le paure, le ansie notturne lo agiteranno a lungo. Ha bisogno di aiuto e la sua famiglia, insieme al resto del paese, lo aiuterà giorno per giorno nel ritrovare se stesso ma la sua infanzia resta sepolta sotto uno strato di fanghiglia nera.

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