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A Pisa e Firenze, la legge del manganello

Tempo di lettura: 4 minuti

I manganelli. Nella storia della Repubblica è la prima volta che un Presidente – Sergio Mattarella – prende posizione contro gli eccessi delle forze di polizia, rendendo pubblico, inoltre, il richiamo fatto al ministro degli Interni sulla brutalità delle cariche di Pisa e Firenze contro studenti inermi.

Anche se quelle parole sono ormai note a tutti, tengo a riscrivere per intero il comunicato del Quirinale che andrebbe stampato su dei manifesti da esporre nelle scuole, nelle questure e nelle caserme: «L’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare opinioni. Coi ragazzi i manganelli esprimono un fallimento».

Il filmato del pestaggio di Pisa è stato diffuso dalle televisioni italiane e straniere. Si vedono ragazzini inermi, privi di caschi e di oggetti offensivi ammassati in un vicolo bloccato, come una trappola, da un cordone di poliziotti e da un furgone, presi a manganellate senza pietà.

Il ministro Piantedosi ha condiviso le parole del Presidente “come le condividono tutti i poliziotti“. Ma ha aggiunto un dubbio: “Se ci sono stati degli eccessi indagheremo”.

In seguito il Coisp, sindacato di polizia, in un incontro col questore di Pisa Sebastiano Salvo, con una dichiarazione ufficiale ha manifestato la concreta vicinanza e l’incondizionato sostegno contro una campagna strumentale tesa esclusivamente a perseguire indecorosi interessi personali e ideologici demolendo la credibilità e l’autorevolezza di una Istituzione, la polizia di Stato, che è fondamento e pilastro della democrazia di questo Paese.

In base a quel comunicato anche il Presidente Mattarella avrebbe contribuito con le sue parole a quella “campagna contro la polizia”? È il solito vecchio discorso: la polizia non si tocca, anche quando sbaglia. Quei ragazzini di Pisa erano stati ritenuti dei pericolosi facinorosi e per questo presi a manganellate.

Il sindaco della città, Michele Conti eletto da una coalizione di destra non ha avuto dubbi sugli eccessi contro “ragazzi, non estremisti, pochi e a volto scoperto”. Quando gli è stato segnalato che le forze politiche che lo sostengono hanno preso sulla vicenda prese di posizione diverse dalla sua, ha risposto: ”Per me non cambia nulla. Quando si fa il sindaco bisogna rappresentare tutti al di là di ogni schieramento politico. Non mi sembra che a Pisa ci fossero problemi di ordine pubblico, si doveva agire diversamente”.

Non dimentico però che esistono episodi frequenti nei quali la polizia è vittima di aggressioni. Quanto è accaduto a Torino mercoledì ne è un esempio: l’aggressione a un’auto della polizia da parte di alcune decine di anarchici antagonisti che volevano liberare un cittadino di origini marocchine che doveva essere portato a un centro di rimpatrio. Si tratta di un giovane con 13 precedenti penali, compresa una condanna per stupro.

Il caso più clamoroso degli abusi delle forze dell’ordine è quello del luglio del 2001, quando a Genova nei giorni 19, 20 e 21, si svolgeva il G8. Era stato appena insediato il governo Berlusconi e ministro degli Interni era Claudio Scajola, quello coinvolto in seguito nello strano caso di un appartamento vicino al Colosseo ricevuto in regalo “senza che lui ne fosse a conoscenza”.

In una città controllata da tanti reparti delle forze dell’ordine (polizia, carabinieri e guardia di finanza) era stato organizzato dal Social forum un corteo di pacifisti provenienti da tutta Europa. A un certo punto, alla sfilata si aggregarono gruppi di black block che crearono subito il caos rompendo vetrine e dando alle fiamme automobili. I tutori dell’ordine invece di fermare i facinorosi attaccarono duramente il corteo dei pacifisti. Nei tumulti morì un manifestante, Carlo Giuliani colpito da un carabiniere, che sparò mentre il giovane stava per scaraventargli addosso un estintore.

Ma la repressione ebbe un seguito la sera del 21 quando alcune centinaia di poliziotti fecero irruzione con l’appoggio operativo di un battaglione di carabinieri nel complesso scolastico Diaz dove il Social Forum aveva stabilito il centro stampa.

L’azione della polizia si trasformò in un pestaggio da “macelleria messicana”, come lo definì al successivo processo il vice questore Michelangelo Fournier. Dei 93 attivisti aggrediti 63 vennero portati in ospedale con gravi ferite, tre dei quali in coma.

Durante l’inchiesta della magistratura 125 tra agenti e funzionari di tutti i livelli finirono sotto accusa, ma dopo processi durati a lungo solo in pochi subirono condanne molto lievi.

Più tardi intervenne la Corte europea per i diritti dell’uomo che nel 2017 condannò l’Italia per i fatti della Diaz riconoscendo che le leggi dello Stato sono inadeguate a prevenire e punire gli atti di tortura delle forze dell’ordine.

Nel 2001 era Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che sui fatti di Genova si limitò a commentare l’accaduto invitando i dimostranti a cessare da subito questa cieca violenza che non dà alcun contributo alla soluzione dei problemi del mondo. “Dimenticò” di parlare della Diaz?

La storia della polizia della nostra Repubblica non è delle migliori. Alla fine della guerra i governi di unità nazionale integrarono i vuoti del personale fascista con l’assunzione di 6000 partigiani. Ma con la cacciata dei socialcomunisti dal governo avvenuta dopo la scissione di Saragat, i nuovi assunti vennero licenziati quasi tutti.

Vennero reintegrati gli appartenenti alla vecchia milizia fascista, compresi i questori e i prefetti del regime. Per esempio Guido Leto, uno dei direttori dell’Ovra (polizia segreta di Mussolini) che dopo l’otto settembre era passato dalla parte della Repubblica di Salò, fu nominato ispettore generale delle scuole di polizia.

Col ministro degli interni democristiano Mario Scelba, la polizia fu organizzata per reprimere le opposizioni, comunisti in testa, e le manifestazioni sindacali. Tra gli anni Cinquanta e Settanta i lavoratori vittime delle cariche e delle sparatorie delle forze dell’ordine si contano a decine.

Nelle Questure e nelle Prefetture la parola Costituzione non era mai entrata. Per anni ha dominato il clima ben descritto da Marco Bellocchio nel film Sbatti il mostro in prima pagina, del 1972.

Non conosco quale sia oggi il clima dominante nelle questure, ma è certo che nei tempi recenti dei governi di centro sinistra (con ministri degli Interni ex comunisti), niente è mai stato fatto per rendere la polizia più moderna e più vicina ai cittadini, nel nome della Costituzione.

Copertina: una studentessa durante la manifestazione pisana – Foto Forum Terzo Settore

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