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Trump accolto dall’Europa genuflessa

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Adesso si può procedere verso la pace», è stato il primo commento di un Trump giubilante appena ha saputo che l’Iran aveva compiuto una rappresaglia simbolica contro la base USA del Quatar e che poi aveva accettato la tregua.

Uscito dalla Situation room, aveva subito lanciato il suo esultante messaggio attraverso i social che diceva: «Congratulazioni mondo, è tempo di pace. Forse ora l’Iran può procedere verso la pace e l’armonia nella regione; incoraggerò anche Israele a fare lo stesso». Insomma: si è candidato al Nobel o vuole soppiantare il Papa?

Gli show del presidente USA si succedono in continuazione e se non fosse per la grande tragedia che incombe sul Medio Oriente, queste sceneggiate potrebbero anche suscitare grandi risate.

Ma l’opinione pubblica americana è la prima a non ridere, anzi molti di coloro che lo hanno votato perché si dedicasse al benessere del Paese, sono rimasti delusi.

Il presidente si è rifatto in Europa al “vertice del 5%“ della NATO ad Amsterdam dove è stato accolto dai leader europei come un trionfatore. Si sono genuflessi davanti al presidente USA che sino a pochi giorni prima aveva lanciato contro l’Unione insulti e minacce. Hanno dimenticato che i bulli, diventano più aggressivi contro chi mostra debolezza.

Il culmine della festosa accoglienza lo ha raggiunto il segretario generale della NATO, Mark Rutte, ex premier dei Paesi Bassi, il quale ha mostrato una grottesca adulazione verso l’amico americano. Poi quando questi ha finito di vantarsi per aver messo fine alla guerra tra Iran e Israele, il segretario è intervenuto dicendo, riferendosi all’ospite d’onore: «Il paparino ha fatto la voce grossa come ogni tanto serve».  Massimo Gramellini sul Corriere della Sera lo ha paragonato a Fantozzi che di fronte al suo severo capufficio biascicava “come è umano lei”.

Morale, l’Europa e gli altri Paesi aderenti all’Alleanza atlantica hanno ceduto alle richieste di Trump di aumentarne al 5% il budget. L’unico a dissentire è stato il premier spagnolo Sanchez che si è preso gli improperi dell’americano.

Ormai è inutile continuare a descrivere questo scenario di cui si occupano già decine di esperti sui giornali e i talk show televisivi, che parlano e parlano ripetendosi in continuazione. La tregua sembra reggere, ma fino a quando durerà?

La credibilità degli Stati Uniti va scomparendo; quella dello Stato di Israele è crollata nell’infamia della crudeltà a Gaza che continua sino a raggiungere il sadismo; l’Iran degli Ayatollah è da 46 anni degno del meritato disprezzo delle società civili dell’Occidente che però non sono mai intervenute concretamente.

I religiosi al potere hanno sparso la violenza nel nome di Allah prima tra la popolazione della Repubblica teocratica, poi in tutto il Medio Oriente e nel mondo, incominciando dalla presa degli ostaggi dell’ambasciata americana, relegati dal 4 novembre del ’79 e rilasciati nel gennaio dll’81. Poi proclamando la distruzione di Israele e la jihad contro l’Occidente, preparando e finanziando le bande terroristiche. Oggi nessuno piangerebbe per la scomparsa di quel regime.

Com’era l’Iran prima dell’avvento di Khomeini? Storicamente tra persiani ed ebrei esisteva un secolare legame di amicizia nato nel 539 a.C. quando l’imperatore Ciro il Grande conquistò Babilonia ed emanò un decreto che consentiva agli ebrei esiliati e tenuti schiavi dai babilonesi, di tornare in Giudea e ricostruire il Tempio.

Molti ebrei continuarono a vivere anche in Persia, sviluppando una fiorente comunità che ha lasciato un’impronta significativa nella storia culturale delle due civiltà. Quella antica amicizia resta un esempio storico di tolleranza e cooperazione.

La Persia non è appartenuta mai al mondo arabo: se oggi un iraniano si sentisse definire arabo, potrebbe anche offendersi e rispondere: «La nostra storia proviene da una cultura lontana, quando gli arabi erano dei carovanieri selvaggi e, prima di Maometto, idolatri».

L’Iran è indubbiamente uno dei luoghi del mondo più ricchi di storia e cultura. Grazie alla sua posizione dominante nel corso dei secoli, l’antica Persia ha influenzato innumerevoli culture, popoli e lingue, dall’Italia alla Macedonia, passando per la Russia e l’Asia meridionale. La letteratura persiana ha inoltre ispirato personaggi di spicco del panorama letterario occidentale come Goethe e Montesquieu, entrambi appassionati di poemi classici iraniani e del poeta medievale Hafez, il “Petrarca d’Oriente”.

La conquista islamica della Persia segnò una svolta decisiva nella storia del Paese. Nel volgere di alcuni secoli la maggioranza dei persiani abbandonò la religione di Zoroastro e divenne musulmana con scambi tra le due culture. La religione non aveva mai condizionato la vita di quel popolo rimasto legato alla propria storia.

Ma l’arrivo di Khomeini e l’imposizione del potere teocratico hanno sconvolto la vita degli iraniani il cui Paese durante il regime dello Scià, si era incamminato verso il progresso e l’occidentalizzazione, grazie alla ricchezza fornita dal petrolio. Reza Pahlavi, divenuto imperatore nel 1938, alla fine della guerra mondiale e col ritiro delle truppe inglesi e sovietiche, dette inizio allo sviluppo e impose la laicità della nazione.

Tra gli anni Cinquanta e Settanta nel Paese vivevano molti occidentali che lavoravano nella costruzione di vie di comunicazione, ponti, porti, aeroporti, linee telefoniche e tante altre infrastrutture. Moltissimi erano gli italiani arrivati con la Italimpianti, l’ENI, la Snam Progetti, la Sip e tante altre imprese. Tra gli stranieri erano i più apprezzati grazie a Enrico Mattei che aveva rotto il monopolio petrolifero delle “Sette sorelle”, con un contratto che favoriva nettamente lo Stato iraniano.

Nella politica internazionale l’Iran, molto legato agli Stati Uniti. veniva considerato il guardiano del Medio Oriente. E in effetti, a parte le guerre arabo israeliane di breve durata, tutta la regione era abbastanza tranquilla. Inoltre Teheran aveva riconosciuto lo Stato d’Israele.

A quei tempi si poteva andare in auto da Milano a Teheran percorrendo la Jugoslavia, la Bulgaria e la Turchia. Si arrivava anche in Afghanistan e in India. Molti giovani avventurosi lo facevano con l’autostop. Provarlo a fare oggi sarebbe un suicidio.

Nei primi tempi del suo regno lo Scià aveva aperto il Paese alla democrazia con una costituzione e un parlamento eletto liberamente in cui c’erano molte rappresentanti femminili. Esisteva anche una classe borghese colta e progressista. Teheran era ricca di musei, iniziative culturali, librerie, spettacoli teatrali di autori occidentali e concerti di musica, classica e leggera. Il cinema ebbe un grande sviluppo. Pur mantenendo un forte legame con la tradizione e la cultura millenaria del Paese, si avvicinò al neorealismo italiano e alla Nouvelle Vague francese con l’affrontare con grande sensibilità temi sociali e culturali profondi.

Khomeini rientra a Teheran nel febbraio del 1979 dall’esilio in Francia

Ma dietro le quinte del benessere, esisteva ancora tanta arretratezza e miseria che colpiva gran parte della popolazione. Le manifestazioni di piazza erano frequenti, alimentate dai religiosi nelle moschee. La repressione diventò sempre più dura servendosi dei militari e della Savak, la terribile polizia segreta.

La rivoluzione scoppiò nel settembre del ’78 con la strage di piazza Jaleh, a Teheran, dove la guardia imperiale sparò sulla folla che inneggiava a Khomeini (in esilio in Francia) gridando Allah Akbar. I morti furono duemila.

Da quel momento l’Iran precipitò nel caos: l’esercito regolare si rifiutò di intervenire; lo Scià andò in esilio e Khomeini rientrò dalla Francia. Oggi si può dire che gli iraniani caddero dalla padella nella brace.

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