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“Anselm”: l’arte ricostruisce la memoria

Tempo di lettura: 2 minuti

Perfect days è ancora nelle sale ed è arrivato Anselm, un affascinante docufilm di Wenders, dedicato all’artista Anselm Kiefer a cui palazzo Strozzi sta dedicando la mostra Angeli caduti.

Wenders e Kiefer sono coetanei, sono nati nel 45, sono cresciuti nel dopoguerra, hanno conosciuto una Germania segnata dalle macerie dei bombardamenti e, soprattutto, più che desiderosa di voltare pagina dopo il nazismo.
Kiefer fa della storia tedesca la sua “ossessione”, non si sottrae alla responsabilità storica e trova nell’arte, seguendo Celan, il poeta dell’Olocausto, il linguaggio per raccontare l’orrore e cercare quegli elementi che lo hanno reso possibile.

A 24 anni scatta delle foto di sé stesso in giro per l’Europa mentre indossa la divisa della Wermacht del padre e ripete il saluto nazista. Contrappone così la memoria storica al lutto smemorato di gran parte dei suoi connazionali.
Le foto suscitano scandalo e persino accuse di simpatie naziste. A un giornalista risponde di non volersi dire antifascista per non sembrare presuntuoso nei confronti dei combattenti della Resistenza. L’arte diviene una costruzione di memoria in cui si fondono molti saperi: letteratura, filosofia, scienza, mitologia e religione.

Kiefer costruisce mondi, negli anni ’70, nella sua tenuta di Barajac, in Francia; inizia un’opera monumentale: scava colline, innalza Torri, come le Torri celesti dell’Hangar Bicocca di Milano, le unisce a figure mitiche. La dimensione extra diventa la sua cifra anche per le tele che diventano più grandi, quasi architettoniche, tutto diventa enorme. L’insieme crea un grande teatro/mondo di luci e ombre, ricordi e fantasie, orrore e speranza, scolpito con piombo, cenere, sabbia, cemento e persino piante.

Rendere cinematograficamente tutto questo non è facile, Wenders ricorre al 3D. Lo spettatore osserva da vicino l’artista al lavoro, mentre interviene sulle sue opere bruciandole, segnandole fino a farne rovine. Scopriamo così che ogni creazione ha in sé la sua distruzione, proprio come le rovine della guerra. Le opere ci appaiono pezzi di realtà con cui confrontarci e allo stesso tempo fantasmi, il regista sa rendere l’onirico e l’apocalittico, il visibile e l’invisibile.

Wenders è stato per oltre due anni sulle tracce di Kiefer, muovendosi tra la Germania, il paese di entrambi, e la sua attuale casa a Croissy vicino a Parigi, passando per la tenuta di Barajac nel centro della Francia.
Nel film non sono presenti esperti, è l’aspetto visivo-immersivo a prevalere. C’è qualche commento dell’artista e una ricostruzione di lui bambino e giovane, immagini di repertorio con citazioni di Ingeborg Bachmann e Paul Celan.
Allo spettatore resterà impressa l’immagine dell’artista che gira fischiettando in bicicletta nel suo enorme atelier, per il contrasto tra l’artista su una vecchia bici e la monumentalità che lo circonda.
«Tutti coloro che cadono hanno le ali» afferma Kiefer, ma come ci mostra Wim Wenders, le ali di piombo con l’arte possono diventare di piuma e tornare a volare sopra le rovine.
Anselm è stato presentato a Cannes 2024.

Trailer del docufilm Anselm: https://www.youtube.com/watch?v=_fgcLSh4Huo

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