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Fede sì, fede no

Tempo di lettura: 2 minuti

Dire che in famiglia siamo stati un gruppo di chiesaioli sarebbe una grossa menzogna: mia madre andava in chiesa ad accendere un cero quando avevo un esame o c’era qualcuno che stava male, mio padre la prendeva in giro e in chiesa andava, malvolentieri, per matrimoni e funerali, la mia ex moglie mi ha sempre seguito nella mia ricerca di una spiritualità scevra da religioni e chiese al punto di essere diventata insegnante di yoga; per quanto mi riguarda, dopo un periodo di un rosario al giorno, al tempo del catechismo (ricordo che alla mia prima comunione, nell’attesa di ricevere l’ostia, mi sono andato a riconfessare dal momento che, secondo me, avevo peccato perché avevo desiderato il vestito di un mio compagno di oratorio), mi sono gradatamente allontanato dal cattolicesimo.

All’ università, che ho fatto in Cattolica qui a Milano, ho dovuto sostenere tre esami di morale, rischiando la scomunica e forse anche il rogo, passandoli, con il minimo dei voti, per bontà d’animo dei professori. Detto questo, secondo voi come è mio figlio?: messa tutte le domeniche e tutti gli ammennicoli che ci girano intorno. A dire il vero tutta questa chieseria gli è arrivata dalla moglie ma tant’è. Il dramma è che, ogni tanto, tenta, con risultati miseri, di riportarmi sulla retta via. L’ultimo tentativo l’ha fatto regalandomi, per il mio compleanno, il libro di cui vi parlerò questa settimana.

“Niente di ciò che soffri andrà perduto. Mistica della vita quotidiana“ di Costanza Miriano. L’ autrice, con una scrittura, per lo più, scanzonata e molto divertente, ci racconta di una serie di personaggi, quasi tutte donne, che si sono ritrovate in una situazione di grande stress emotivo e lo hanno superato grazie alla fede: ad esempio c’è la moglie che scopre il tradimento del marito e lo perdona, oppure l’altra donna che, intrappolata in un matrimonio arido e senza complicità, trova l’uomo della sua vita ma vi rinuncia prima di cadere nel “peccato“, oppure l’uomo di grande successo e ricchezza che cade in disgrazia e si ritrova solo e in miseria ma comunque felice e così via. È ovvio che io, da poco credente, avrei trovato altre soluzioni: avrei sbattuto fuori di casa il fedifrago, sarei scappato con la persona che mi dava, finalmente, gioia e appagamento e avrei passato il mio tempo a maledire la sorte avversa se avessi perso tutto quello che avevo.

Modi diversi di interpretare i finali. Io credo poco al porgi l’ altra guancia e al siamo qui per soffrire e poi avremo una ricompensa nel Paradiso. Sono più per il vivere ogni momento come se fosse l’ultimo che mi rimane rispettando l’altro ma facendomi anche rispettare.

Per cui a mio figlio dico: obiettivo mancato. Ma rispetto comunque, e un po’ a malincuore, le sue scelte. Oltre tutto, al di là delle soluzioni proposte dall’autrice, il racconto delle storie è veramente di una comicità assai intrigante.
Da leggere con beneficio d’ inventario.

Copertina: Foto di Tú Anh da Pixabay

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