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Io sono Leonor, cento opere di un’artista eclettica

Tempo di lettura: 4 minuti

Leonor Fini a cui Milano sta dedicando una mostra retrospettiva a Palazzo Reale; è stata una delle artiste più originali e misteriose del ‘900. Era pittrice, illustratrice, scenografa, costumista e performer, aveva uno stile riconoscibile e difficilmente incasellabile. Max Ernst la chiamava “la furia italiana” e anche “donna di scandalosa eleganza, capriccio e passione”. Per molto tempo le opere di Leonor Fini nel nostro Paese sono state oscurate dalla sua esuberante e non convenzionale biografia, dalla sua partecipazione a feste in cui si presentava con travestimenti memorabili che apparivano anche sulle pagine dei rotocalchi.

La sua vita fu avventurosa, nata in Argentina a Buenos Aires nel 1907, da un ricco proprietario terriero di origini italiane e dalla triestina Malvina Braun, appartenente alla alta borghesia ebraica. Leonor non conosce il padre, ancora in fasce raggiunge Trieste con la madre che fuggiva dal marito violento e dispotico. Vivranno con la nonna e lo zio Ernesto, un avvocato bibliofilo amico degli intellettuali della città. Grazie a lui conosce Umberto Saba, il pittore Arturo Nathan, Italo Svevo, Gillo Dorfles, Bobi Bazlen e James Joyce.

Fini cresce in un ambiente e colto stimolante. Leonor deve stare attenta al padre che tenta di rapirla, per questo la madre talvolta la traveste da maschio, perché non venga riconosciuta fuori casa. Chissà, forse da questa esperienza traumatica nasce l’ossessione dell’artista travestimenti.

Lolò, come veniva chiamata in famiglia, aveva cominciato piccolissima a disegnare, ben presto incontrò la pittura da autodidatta i cui risultati erano lusinghieri e realizzò ritratti. Addirittura, nel 1928 partecipa all’esposizione del sindacato fascista di Belle Arti di Trieste e in quell’occasione presenta tre ritratti, uno di Italo Svevo.

Poco dopo Leonor si trasferisce a Milano dove espone nella Nuova Galleria di Barbaroux; sotto la guida del suo maestro e amante Achille Funi inizia a studiare l’arte dei secoli precedenti. In città entra in contatto con artisti come Carlo Carrà, Mario Sironi, Filippo de Pisis, Giorgio de Chirico e Giò Ponti che le commissiona dei disegni per Domus.

È a Parigi che Lolò trova la sua cifra. Dapprima conosce Christian Dior che le propone di esporre nella galleria che dirige; lo stesso Dior la introduce a Elsa Schiaparelli. Le due diventano subito amiche, Elsa le procura quegli abiti originali con cui stupisce gli ambienti intellettuali parigini, e Leonor le disegna l’iconica boccetta per il profumo Shocking ispirata al busto di Mae West.

Un incontro importante è quello con Max Ernst che la mette in contatto con l’ambiente surrealista. Con gli artisti di questa corrente condivide l’interesse per il fantastico, per l’inconscio e la trasformazione della realtà in visione onirica, ma preferisce non far parte del movimento sia per conservare la propria indipendenza sia per i tratti “maschilisti” che lo connotano.

Fini si rivela un’artista trasgressiva indipendente libera, “femminista”, decisamente anticonformista. La sua pittura acquista un carattere visionario e fantastico, il suo lavoro è fatto di “vertigini e baratri” come dichiara Marx Ernst, i temi sono la morte, la rinascita, il cambiamento d’identità: nelle sue tele al centro c’è quasi sempre una donna o una donna forte guerriera a volte con tratti mitici a volte quasi felini (aveva una passione per i gatti) una donna comunque che ha del potere, gli uomini invece hanno ruoli passivi, sono oggetto del desiderio femminile e talvolta hanno corpi androgini. «Tutta la mia pittura è un incantesimo in un’autobiografia che esprime l’aspetto pulsante dell’essere».

Ma torniamo al 1936: a 29 anni con lo stesso Ernst espone a New York alla Julien Levy Gallery e partecipa alla mostra Fantastic Art, Dada and Surrealism al MoMa.

Scoppia la Seconda guerra mondiale, Lolò lascia Parigi e si rifugia prima nella casa di campagna di Max ed Eleonora Carrington e poi a Montecarlo. E proprio in quest’ultima città incontra il console italiano Stanislao Lepri. Tra i due è subito passione tant’è che Lepri abbandonerà la carriera diplomatica per la pittura. Il suo legame sentimentale con Leonor durerà tutta la vita. Nei primi anni 40 i due si stabiliscono a Roma dove l’artista stringe amicizia con Anna Magnani, Elsa Morante, Mario Praz, Luchino Visconti, Carlo Levi e Alberto Moravia e lavora per il cinema con Castellani disegnando i costumi di Giulietta e Romeo, in seguito lo farà per 8 e1/2 di Fellini.

Nel 1946 rientra a Parigi dove si sente più a suo agio, la stampa italiana e la critica sembravano più interessate alla sua vita trasgressiva che alle sue opere. In Francia dipinge, lavora anche come illustratrice, disegna costumi per il teatro e la Scala, fare la costumista le permette di riprendere la sua passione per il travestimento. Travestimento che Fini usa nella vita mondana e culturale come un atto creativo. Le sue erano performance, andava a una festa si esibiva, ascoltava i commenti e se ne andava. «Sorseggiavo e assaporavo la mia immagine negli specchi immensi, mi godevo i sussurri della folla al mio passaggio… poi tornavo a casa a dormire».

Memorabile e immortalato in tante fotografie è il costume della festa Le Ball Oriental a Venezia nel 1951. Parteciparono più di 900 persone vestite da grandi stilisti e Leonor attirò gli sguardi di tutti nei panni di un Angelo nero.

Nel 1952 incontra l’altro amore della sua vita, lo scrittore polacco Constantin Jelenski e con lui e Lepri crea un duraturo ménage à trois. A questo proposito l’artista diceva che una donna dovrebbe vivere con due uomini: uno come amante e l’altro più di un amico, ripeteva che lei aveva sempre fatto così e si era trovata bene.

Il suo luogo è Parigi anche se d’estate va spesso in Corsica, a Nonza in un ex convento francescano in rovina, luogo di feste memorabili con gli amici.

Continua a dipingere e a cercare nel mondo onirico il significato della femminilità, in scene da sogno o da incubo le donne conquistano il loro spazio siano streghe o angeli, guerriere o sfingi alate. Inoltre, Fini ricrea queste sue atmosfere anche in alcuni romanzi. «Che io sia nata per essere una pittrice non è una novità per nessuno, ma quel che pochi sospettano è che adoro anche scrivere e l’ho fatto per tutta la vita».

Muore nel gennaio del 1996 e d è sepolta in un paesino sulla Loira accanto agli uomini della sua vita: Stanislao e Costantin.

Di lei Elsa Morante ha scritto: «Quando viene Leonor le finestre diventano luce, le ragnatele tende preziose di nuvole e stelle, i rami secchi doppieri accesi, e la sera una grande serata; perché Leonor (come le ho detto mille volte e come non mi stancherò mai di dirle) unisce in sé due grazie: l’infanzia e la maestà».

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