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La forza delle donne del dopoguerra

Tempo di lettura: 2 minuti

Siamo nel 1946, la guerra è finita, a Roma ci sono ancora le camionette degli americani, si fanno ancora le code per il cibo. Delia è una delle tante donne invisibili che reggono la famiglia con mille lavoretti (fa punture a domicilio, rammenda per una merciaia, ripara ombrelli per un negoziante), oltre al pesante lavoro domestico. Vive in un seminterrato con il marito ottuso e violento (che giustifica dicendo “ha fatto due guerre”), i tre figli e un suocero allettato e molto esigente.

Sopporta, ingoia, va avanti. Si sfoga solo con Marisa, un’amica che gestisce una bancarella di verdura al mercato, e con lei sogna platoniche fughe con il meccanico Nino, un vecchio amore che le propone sempre di lasciare il marito, poi torna a casa e riprende la solita vita.

La pesante routine subisce uno scossone quando Marcella, la primogenita, comunica che si è fidanzata con Giulio, il figlio dei proprietari di un bar gelateria, uno che sta bene e ha i soldi. Immediatamente Delia decide di organizzare un pranzo per incontrare i futuri suoceri e la sorella di Giulio e lo fa nonostante i timori della figlia che teme scenate e figuracce da parte del padre e dei fratellini.

Il pranzo si fa e le famiglie misurano la loro distanza sociale. Una cosa le accomuna: un radicato maschilismo volto a sottomettere le donne di casa. Delia lo riconosce nelle frasi che Giulio sussurra a Marcella quando le prospetta, una volta sposata, di lasciare il lavoro per la vita casalinga e quando le toglie il rossetto, perché deve essere bella solo per lui.

Delia è prigioniera della sua vita, ma per sua figlia vorrebbe altro e allora, senza rivelare troppo, cerca l’aiuto di un soldato americano, che le doveva un favore, per mutare il destino di Marcella.

Il film “C’è ancora domani” è ricco di sorprese, soprattutto nel finale. Paola Cortellesi, alla sua prima regia, è convincente, sa creare l’atmosfera del dopoguerra con un bel bianco e nero che richiama i film del neorealismo. Nel film funziona tutto, il cast con attori perfetti, la sceneggiatura che alterna situazioni dure a commoventi e persino divertenti. Chi sarà mai, si chiedono tutti, la vecchina che non se ne vuole andare dalla veglia funebre? E la Cortellesi stessa è capace di dare a Delia tutte le sfumature necessarie per evocare i sentimenti contrastanti che prova: la rabbia per le violenze subite, l’ingiustizia di guadagnare meno di un ragazzo a cui deve insegnare come riparare gli ombrelli (“ma lui è omo”), la determinazione di salvare la figlia da un destino come il suo, il sogno subito rimosso di una nuova vita, l’umorismo anche di fronte alla morte. E poi c’è un finale sorprendente legato a una lettera che Delia prima stropiccia e getta e poi recupera perché le permette di realizzare un sogno, non so  suo.

Al Festival del Cinema di Roma il film ha ottenuto il Premio del pubblico, il Premio speciale della giuria e la Menzione speciale per la migliore opera prima.


Trailer del film: https://www.youtube.com/watch?v=dD8ru7mFXuo

Copertina: Foto di Claudio Iannone / Paola Cortellesi in una scena del film “C’è ancora domani”

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