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L’insostenibile leggerezza del “come stai”

Tempo di lettura: 3 minuti

Quando vi chiedono come state, magari al mattino, mentre la fretta è tiranna, ma “accettate” sprezzanti del rischio di tardare, di soffermarvi su un marciapiede e fare due chiacchere con una persona che conoscete… voi, come rispondete?
Come elaborate questo apparentemente semplice quesito, per poi sputare fuori una risposta?

Ovvio, nel farlo, va considerata anche la variabile intrinseca che la persona che ve lo chiede, non sia così “vicina”, magari è appena un conoscente.
Questo in genere, depone a favore di una risposta quasi sempre breve, concisa, che sta bene un po’ su tutto e che, dovendo fare i conti con un certo grado di “diffidenza”, è anche intrisa di una sorta di “ermeticità protettiva”, recitata in modo automatico, impulsivo.

Io in questi casi,
uso un “BAH…” però lo associo ad un’espressione facciale che oscilla in modo esemplare, tra il “non ci lamentiamo, dai” e il “ma che caspita te ne viene a te, di sape’ come sto io…” ma con molto più garbo.

Ma quando è qualcuno che “conta”, che ve lo chiede, tutto è diverso.
Ci sono modi veramente sinceri di rispondere.
Non si teme nulla, si può dire tutto.
Mettendo in scena in una brainstorming più o meno comprensibile e “salterina”, tutta una serie di racconti, episodi di vita vissuta, di quotidiana emotività.
Per condividere il “come si vive”, come fulcro, del come si sta.

Il “come stai” viene percepito come frutto di una curiosità genuina, fatta di bene, di umanità.
E si parla.
E incredibile ma vero, veniamo anche ascoltati.

Ci sono modi sibillini di rispondere. In genere, con poche ma allungatissime parole, che rallentano come in un moviolone tutto il mondo intorno, lasciando l’interlocutore un pelino dubbioso e perplesso.
Il bello è che chi articola e pronuncia questo tipo di risposta, è anche convinto di esser stato chiarissimo… ammiccando spesso al contempo, un sorrisetto di sfacciato compiacimento.

Ci sono modi svogliati , quasi addolorati, ma che poi come un motore diesel si scaldano, prendono velocità e finiscono in un sorprendente e inaspettato Happy end, fatto di “Ma chi sta meglio di me” detti a profusione.
A volte è autoconvincimento, a volte, è pura verità.

Ci sono modi bugiardi di rispondere, perché non si ha voglia di tirar fuori nulla. Non lo sappiamo manco noi, come stiamo.
Vorresti dire “richiedimelo tra un po’”, ma poi ti esce un “bene”, mentre speri che la maschera che sfoggi, tenga per tutto il tempo, e che non si metta a piovere che se si scioglie, si vedono tutti i difetti e addio rimmel. Quindi, cambi subito argomento, e restituisci il quesito come in uno scambio sotto rete a Wimbledon.

Ci sono anche modi “citazionisti”, in cui non si risponde in modo diretto (si mantiene un po’ di riservatezza), ma ci si riconosce in una sensazione provata da qualcuno prima di noi, qualcuno che ha saputo uscire dall’anonimato tanto da essere ricordato e citato in una confessione così onesta.
Il “colto” qui, ci va a nozze.
Una parte di lui, si gongola nel pensiero che chi lo domanda, veda un po’ un oracolo, e si aspetti una risposta non convenzionale, intrisa di una saggezza che va oltre l’ esperienza personale, divenendo trasversale.
E fa pure “momento cultura”.

Per quanto mi riguarda, quando mi chiedono come sto, mi rendo conto di aver veramente bisogno di “tempo” per rispondere.
Una “pausetta” di silenzio.
Lo so che non è un quiz a premi, che non si vince nulla, ma ho bisogno di rifletterci.
La fretta non mi fa capire come voglio rispondere, ci devo pensare.
Devo chiedermelo per prima io.
Ecco perché ogni volta che non ho il tempo di farlo, a congedo avvenuto, mi rimane sempre dentro uno straordinario e al contempo agghiacciante dubbio.
E ogni santa volta, parlando da sola con voce tra il disperato e il divertito, come se mi fossi appena rinvenuta da una seduta di ipnosi, esclamo:
“ma che cazzo ho risposto?”.

Chiedere come stai a qualcuno, è come salire a bordo del Titanic e decidere di impattare consapevolmente un iceberg, ignorandone totalmente la grandezza e la profondità.
Siate preparati, mi raccomando.

Copertina: la foto ritrae Federica Giomi con la sua gattina Ornella

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