
Memorie dal sottosuolo
La lettura di “Memorie dal sottosuolo“ di Fëdor Dostoevskij mi ha, in qualche modo, riportato alla memoria i miei viaggi per lavoro fatti in Unione Sovietica verso la fine degli anni sessanta. L’analogia non è tanto di luogo o di situazione ma di impressione. Allora mi avevano colpito le discrasie tra i singoli personaggi incontrati e il regime che governava le loro vite: le persone avevano tutte una profondità di animo e, oserei dire, una sorta di composto romanticismo che però faceva a pugni con uno stato di polizia che spingeva alla diffidenza, al non aprirsi troppo per paura delle conseguenze di una parola fuori posto.
Faccio un esempio: un giovane e molto sconsiderato membro della nostra delegazione, saputo che al cambio nero veniva dato più del doppio che al cambio ufficiale, aveva cambiato 100 dollari in una piazzetta vicino al nostro albergo dandoci degli allocchi perché cambiavamo dai cambiavalute ufficiali. Non era passata più di un’ora che il nostro capo delegazione, amico di Breznev, aveva ricevuto l’invito perentorio a fare rimpatriare il giovane sbruffoncello col primo volo, pena l’arresto. Per anni nei miei sogni mi sono ritrovato in situazioni in cui il KGB mi impediva, per una ragione o per l’altra, di ritornare in Italia.
“Memorie dal sottosuolo” fa un po’ lo stesso effetto di pugno nello stomaco di quei sogni. Il romanzo, scritto nel 1864 quando Dostoevskij aveva 43 anni, da la stura a quella che sarà poi la tematica dell’ autore che darà origine ad opere più corpose come “Delitto e castigo”, “L’idiota”, “I fratelli Karamazov”, solo per citarne alcuni.
Il racconto si divide in due parti: la prima è un monologo in cui il protagonista critica il razionalismo e il positivismo del suo tempo, nella seconda parte, invece, il personaggio ci racconta di alcuni episodi della sua vita. Il nostro uomo è pieno di se’, vile e rancoroso, cattivo con i più deboli, umile con i più forti, più di un antieroe, come molti commentatori lo definiscono, io direi un vero e proprio bastardo. Le sue interrelazioni con un ufficiale dell’esercito, con il suo servitore, e con una prostituta sono il leitmotiv di questa seconda parte.
Dostoevskij è un genio assoluto nelle descrizioni psicologiche dei personaggi e qui dà prova della sua abilità anche se il lettore può rimanere sconvolto.
Assolutamente da leggere o da rileggere.
