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Mumonkan la porta senza porta

Tempo di lettura: 2 minuti

Quando a Milano si poteva ancora andare in centro con la macchina senza che fosse una Tesla o una ibrida giapponese, una specie di consuetudine era di andare, con mio figlio Luca, allora di quattro anni, in via Hoepli alla libreria Hoepli. La Hoepli, allora, era una delle poche librerie, a Milano, dove si potessero trovare libri sullo yoga, sul sufismo o sullo zen e a questo si aggiunge che regalavano sempre a mio figlio un libretto carico di figure sugli argomenti più strani tipo le navi o i treni o le auto nella storia e una strana collana che mi pare si chiamasse qualcosa tipo “Pierino Porcospino” ( ancora oggi Luca è in analisi per le figure orrende che erano in questa serie).

È lì che ho trovato Castaneda, Lobsang Rampa, l’I King e soprattutto La roccia blu e il Mumonkan. Il Mumonkan è un libro del tredicesimo secolo, è una raccolta di 48 koan. Il koan è il racconto di un incontro tra maestro e allievo o tra maestro e maestro e serve a dare una indicazione per raggiungere l’illuminazione, viene molto usato nella scuola Rinzai Zen. Io credo che sia il libro dei libri anche se, pur avendolo consigliato a molti dei miei amici e conoscenti, credo che, forse, uno lo abbia apprezzato (ed oggi, ahimè, è morto).

La caratteristica del Mumonkan è che è un libro alogico: già nella prefazione l’autore dice che è un libro da buttare, che è come mettersi un cappello sopra un altro cappello e nel suo interno ci sono frasi tipo :”Se incontri un Buddha sulla tua strada uccidilo” o “Cos’e’ il Buddha? – Un bastone per la merda”.

Io credo di averlo riletto almeno una cinquantina di volte e ad ogni rilettura c’è sempre stato un click in più; è come salire su di una montagna: ad ogni passo verso la cima si ha un allargamento del panorama.
Se siete alla ricerca dell’illuminazione Ve lo consiglio.

O forse no.

Foto di Jordy Meow da Pixabay

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