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Pio IX, il Papa Re rapitore di bambini

Tempo di lettura: 3 minuti

Rapito è la storia di Edgardo Mortara un bambino ebreo di sei anni tolto alla sua famiglia per essere educato in Vaticano. La ragione: il piccolo, all’età di pochi mesi, era stato battezzato di nascosto dalla bambinaia cattolica che lo credeva in punto di morte e voleva risparmiargli il limbo. Allora nello Stato Pontificio era legge che un bambino (divenuto) cristiano non potesse vivere in una famiglia di religione ebraica.

Siamo a Bologna, è il 1858 e sono gli ultimi anni del potere temporale del Papa e il suo dominio si estende anche in Emilia. C’è un’inquisitore a Bologna, Pier Gaetano Faletti interpretato da Fabrizio Gifuni, che manda i gendarmi a prelevare Edgardo ed è inutile opporre resistenza, il piccolo viene portato a Roma. Il viaggio, in gran parte su acqua, è il momento in cui le accompagnatrici forniscono i primi rudimenti religiosi al bambino. A Roma avverrà la sua vera formazione cattolica, sarà nella Casa dei catecumeni insieme ad altri bambini di famiglia ebraica (ne fanno fede i loro nomi).

I Mortara non si arrendono, informano del rapimento anche le comunità estere e la stampa internazionale prende posizione contro Pio IX. Il rapimento del bambino diviene così un caso politico. La battaglia dei Mortara per riavere Edgardo si interseca con la storia dell’unità d’Italia e con la persecuzione degli ebrei da parte della Chiesa, quest’ultima è ben testimoniata dall’umiliazione dei rappresentanti della comunità ebraica capitolina costretti, in udienza, a baciare la pantofola del Papa.

Nel film Bellocchio affronta temi a lui cari: la famiglia, come ha ben raccontato anche nel recente Marx può aspettare, la religione con la sua ingerenza nella vita delle persone, e il potere.

Egdardo deve sopravvivere (farsi furbo, come gli ha suggerito un altro bambino ebreo catecumeno come lui), deve mettere da parte il dolore straziante per i genitori e i fratelli (che potrebbe frequentare se si convertissero al cattolicesimo) e adattarsi ai rapitori negando la vita precedente. Rapitori che Bellocchio descrive come formalmente accudenti e gentili.

È interessante, infatti, la rappresentazione che il regista fa del potere ecclesiastico: un potere forte esercitato quasi in maniera garbata, seppure con determinazione e senza tentennamenti. Bellocchio non commenta, non enfatizza, non spiega, al contrario mostra e agisce per sottrazione e affida allo spettatore un ruolo pensante.

In Rapito si racconta anche il nascere dello Stato italiano e la presa di Roma da parte dei bersaglieri (per la cronaca il bersagliere che sparò il colpo di cannone a Porta Pia fu un ebreo, giacché Pio IX aveva promesso di scomunicare chi lo avesse fatto). Per gli ebrei, infatti, la nascita del nuovo Stato unitario rappresentò una speranza, speranza soffocata nel nuovo secolo dal fascismo e dalle leggi razziali del 1938.

Tornando al film e alla storia di Edgardo, il ragazzo, dopo qualche tentennamento, decide di restare cattolico. Diviene sacerdote e prende il nome di Pio Maria in onore del Papa che lo considerava un figlio adottivo e per il quale aveva sviluppato un attaccamento speciale. Lo vediamo, preso dal suo credo, far visita alla madre morente e tentare di battezzarla, ma la donna ha la forza di dire: “sono nata ebrea e muoio ebrea”.

Rapito è un film bello, importante e coraggioso che racconta una storia vera. Come sempre gli attori scelti da Bellocchio sono bravissimi: lo è il piccolo Enea Sala, lo è anche Barbara Ronchi, che per questo ruolo ha ottenuto il David di Donatello, e lo sono Pietro Pierobon, un determinato Pio IX, Fabrizio Gifuni, Filippo Timi e tutti gli altri. La fotografia è accuratissima, così come i costumi e le scenografie, e sottolinea bene la scelta del regista di mostrare e non enfatizzare.

Trailer del film: https://www.youtube.com/watch?v=plbm-8m8ax8
Foto: frame del film Rapito

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