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Sipario

Tempo di lettura: 2 minuti

Gli alberi di Giuda erano fioriti.
La primavera salutava le strade della città nelle pennellate di quel rosa acceso e intenso.
Il sole finalmente donava tepore alla pelle. Eppure, le rondini, tardavano.
Non erano ancora tornate.
Non si sentivano  le loro vocine stridule e quel loro volare frenetico e finemente acrobatico, non solcava ancora quel cielo pulito di Aprile.
Sembrava un quadro incompiuto, lasciato lì a riposare in attesa dei tocchi di luce finali.
E così, si sentiva lei.
Una frase non finita, senza un punto… eppure con così tante parole ancora da pronunciare. Ma poi per cosa?
In quanti modi poteva credere di poter ancora  descrivere o raccontarsi quel sentimento , quell’ attrazione?!
Aspettare le rondini.
Aspettare un segno.
Un arrivo.
Come una donna sedotta da un marinaio …fiera e granitica, su  un molo battuto dalle onde del libeccio mentre il salmastro le indurisce il cuore quel tanto che basta ad anestetizzare il dolore.
Ma la vita era una e il tempo correva.

“Oggi il caffè, è più buono del solito”
disse con un sorriso appena accennato, mentre appoggiava la tazzina baciata dal suo rossetto sul bancone.
“Eppure , la miscela è sempre la solita” rispose la barista tra i rumori del mattino.

Ma le percezioni cambiano con l’umore, pensò lei.
I sapori diventano più intensi, i colori assumono un’ altra profondità ….basta aprirsi, rieducare l’ anima , dimenticare. Dimenticare.
Era veramente possibile?
Scrivere finalmente “fine” e chiudere.
Senza attendere le rondini.
Senza cercarle nel cielo, ogni mattino. Tornare ad essere nessuno, per essere di nuovo qualcuno.
Si era detta tutto e il contrario di tutto, pur di riparare la fiamma di quel sentimento dal vento e dalla pioggia.
Ma era troppo stanca.
Stanca di mendicare, cercare, donare.
Si sentiva come una sirena, ammaliatrice e capace di indurre in tentazione…ma mai abbastanza bella o forte da attirare a sé quell’ uomo così incredibile e diverso.
Che strano poi, costruire così tanti castelli mentali senza mai confessarsi, toccare con mano, conoscersi.
Un’ intera storia immaginata, mai vissuta. Come uno spettacolo teatrale fatto di “se” e di “ma” grottescamente messi in scena da un unico attore che interpreta due ruoli.

Che strano ma meraviglioso monologo.

Che estenuante esperienza con il sentimento la sua.
E Pavese lo diceva :  “La strategia amorosa si sa adoperare solo quando non si è innamorati.”
Non c’era parola, gesto o pensiero che potesse essere efficace e degno, perché diventasse realtà.
Non era una partita di Risiko.
Non doveva diventarlo.
Quella mattina sembrò tutto chiaro, improvvisamente.
Per un attimo, la TV megaschermo del piccolo bar di periferia dove faceva colazione ,sembrò risucchiarla in un’ atmosfera parallela.
Passavano immagini di anelli di fumo bianchi incredibilmente perfetti e nitidi.
Uno sfondo di cielo azzurrissimo.
Era l’ Etna che si divertiva a ricordare al mondo quanto il suo sonno fosse capriccioso.
E lei lì,
in piedi… come se quegli anelli le uscissero dalla testa, per volare via e non esser più catene.
Catene di fumo.
Anelli virtuali.
Il monologo era terminato, ed era stato strepitoso.
Le rondini,  erano solo la giusta colonna sonora per la fine di un bellissimo amore immaginario.

Sipario.

Copertina: Anelli di fumo – Etna – Foto Catania Today

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