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Tatami: un film che onora la libertà

Tempo di lettura: 2 minuti

Tatami-una donna in lotta per la libertà è un film girato da due registi, una iraniana (Zahra Amir Ebrahimi) e uno israeliano (Guy Nattiv). Che i due provengano da Paesi più che nemici, lo rende miracoloso.

Ma c’è di più: protagonista è la judoca Leila Husseini (la bravissima Arienne Mandi) che partecipa ai campionati mondiali di judo di Tiblisi con la squadra del suo Paese, l’Iran.
È la capitana ed è in gran forma, può puntare a una medaglia, forse addirittura all’oro. Lei, le sue compagne e l’allenatrice, ex campionessa, partono con la benedizione della federazione iraniana.

Leila vince agevolmente i primi incontri, si prospetta una medaglia, però rischia di dover incontrare la campionessa israeliana e ciò non è ammissibile: è come incontrare il demonio.

Teheran ordina di ritirarsi

Arriva quindi l’ordine dalla Federazione e poi addirittura dalle istituzioni della Repubblica islamica di ritirarsi. Leila deve fingere un malore, un incidente. Ma la donna sa che forse è la sua occasione per mostrare quanto vale e raccogliere i frutti del suo lavoro, dei sacrifici e poi non condivide la dittatura degli ayatollah. La sua allenatrice la implora, le conseguenze saranno brutali per tutte loro a cominciare dalle famiglie.

È accaduto anche a lei in passato e ha finto di essersi rotta una gamba ingessandola. Leila è combattuta, in Iran oltre ai genitori ha un marito, un figlio piccolo e gli amici. Quelli che la seguono sullo schermo tifano come sfegatati.

Ciononostante, resiste anche se questo significa pagare un prezzo altissimo. Nell’ultimo incontro Leila è ferita, stressata, non riesce quasi a respirare, per riuscirci si strappa l’hijab, compie così quel gesto che per le iraniane è divenuto un simbolo di libertà dopo l’assassinio di Mahsa Amini.

La lotta di liberazione delle iraniane

Il tatami dei mondiali diventa nel film il luogo della lotta per la liberazione delle donne iraniane e per i loro diritti. La stessa regista Ebrahimi è dovuta fuggire dal suo Paese.
La storia è frutto della fantasia degli sceneggiatori, ma racconta dei tanti atleti Iraniani costretti all’esilio per non subire le imposizioni del loro governo.

Tra i vari sport i registi hanno scelto il judo, perché è molto popolare sia in Iran sia in Israele e, spiega Guy Nattiv “gli atleti si incontrano costantemente nei tornei, alle Olimpiadi, nei campionati mondiali. Fuori dal loro Paese spesso sono amici”.

Il bel bianco e nero enfatizza l’intensità di Tatami, lo rende un racconto universale, acuisce la dimensione claustrofobica, con una regia che segue il corpo dell’atleta, il ritmo della gara.

Interprete (nella parte dell’allenatrice) e regista, Ebrahimi ha vinto nel 2022 il premio come miglior attrice a Cannes per il suo ruolo nel film Holy Spider. Questo ha indotto Nattiv, vincitore del premio Oscar per il cortometraggio Skin, a contattarla per un progetto divenuto poi Tatami.

Secondo Nattiv, Ebrahimi, profuga iraniana in Francia dal 2008, ha reso possibile “dar voce alle sofferenze delle donne sotto il regime Islamico”.
Con lei hanno lavorato la sceneggiatrice Elham Erfani e la rapper Justina e molti attori iraniani in esilio. La loro collaborazione ha donato al film una maggiore autenticità.

Una troupe composta da israeliani e iraniani poteva provocare gravi ripercussioni da parte del regime islamico: per questo motivo il film è stato realizzato e girato in 24 giorni in segreto a Tbilisi, una città a due ore di aereo da Tel Aviv e due ore da Teheran. Tatami è stato il film rivelazione nella sezione Orizzonti della scorsa Mostra del Cinema di Venezia

Copertina: un frame del film
Trailer del film: https://www.youtube.com/watch?v=aOQwHDu-MKQ

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