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Caffè batte tè, gli inglesi non amano più la “bevanda delle nonne”

Tempo di lettura: 3 minuti

Quando arrivai a Londra alla metà degli anni Novanta, per prendere un caffè decente bisognava sapere dove andare. C’era lo storico ed emblematico Bar Italia nel cuore di Soho, un altro bar vicino a Carnaby Street e un paio di vecchi negozi di alimentari italiani a Clarkenwell, nella zona vicina al circolo dei lavoratori italiani (quello fondato addirittura da Giuseppe Garibaldi nel periodo del suo esilio londinese) e alla chiesa italiana di San Pietro.

Era certamente molto più semplice bere un tè. I vecchi caffè di una volta servivano (spesso in una tazza di polistirolo o in una semplice mug bianca, più generose e resistenti delle tazze di porcellana finissima) quello che comunemente veniva chiamato ‘builders tea’ (un tè molto forte, zuccherato e con latte), qualche sandwich tristissimo di pane bianco molliccio, e se eri fortunato, si poteva trovare anche qualche delizioso dessert come apple custard e crumble. Il caffè era meglio evitarlo.

Anche al lavoro, la pausa di mezza mattinata e del primo pomeriggio era nota come, tea break: la pausa per il tè. Ogni posto di lavoro, grande o piccino che fosse, era dotato di una piccola cucina o angolo dove si poteva trovare l’acqua bollente, bustine di tè, latte e zucchero.

Nonostante la credenza abbastanza diffusa che il tè sia sempre stata la bevanda preferita dagli inglesi, la sua popolarità è in realtà un fenomeno relativamente recente. La sua diffusione è legata all’espansione coloniale britannica e alla concomitante rivoluzione industriale.

Sino alla fine del 17° secolo, gli inglesi erano infatti i più grandi consumatori di caffè. Nella sola Londra, si contavano oltre 2000 caffetterie. Questi erano soprattutto locali riservati agli uomini dove ci si incontrava per bere un caffè, socializzare e fare affari. Negli anni successivi, la Compagnia delle Indie Orientali non solo divenne il detentore del più grande monopolio mondiale del tè, ma era così potente che contribuì ad apportare dei cambiamenti fondamentali alla dieta dei cittadini inglesi, trasformando il popolo britannico da una nazione di bevitori di caffè ad una di bevitori di tè.

Nel giro di pochi anni, da un bene di lusso goduto dall’élite, il tè divenne una bevanda di massa quando nel 1784 la tassa del tè scese dal 119% a 12,5% in un colpo solo. Entro la fine del secolo, anche il contadino più umile poteva permettersi di bere il tè due volte al giorno.
Non solo. Ma studi recenti hanno sostenuto che l’introduzione del tè contribuì alla creazione di una popolazione più sana (grazie alla bollitura dell’acqua) e con più energia, proprio quando l’Inghilterra aveva bisogno di lavoratori durante la rivoluzione industriale. Sempre nello stesso periodo, nelle fabbriche fu introdotta la pausa per il tè nella credenza generale che bere questa bevanda zuccherata e stimolante fosse essenziale per aumentare la produttività dei lavoratori.

Da allora le cose sono cambiate enormemente. La Gran Bretagna è ormai diventata una nazione di bevitori di caffè. La vendita è quasi il doppio di quella del tè. Nel 2023 nei supermercati del Regno Unito sono state vendute 533 milioni di confezioni di caffè contro 287 milioni di pacchetti di tè. Un sondaggio pubblicato recentemente dal giornale The Times, ha rilevato che il 63% dei britannici beve caffè regolarmente e solo il 59% beve tè.

Sicuramente la diffusione delle multinazionali come l’americana Starbucks e la britannica Costa Coffee ha contribuito a questo cambiamento. Filiali di queste catene si trovano nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti, nelle aree di servizio di tutto il Paese, così come nelle maggiori strade principali e nei centri cittadini.

Ma non si può dimenticare che questa espansione è avvenuta in un periodo di grande rinascita culturale, economica e politica che ha trasformato l’immagine della Gran Bretagna da Paese un po’ antiquato a quella di nazione leader globale. Lo slogan “Cool Britannia” che ha definito gli anni dei governi Labour di Tony Blair ha rappresentato bene questo fenomeno di grande dinamismo e importanti cambiamenti. Questi erano gli anni di apertura al resto del mondo e di emulazione dello stile di vita dei propri vicini dell’Europa continentale.

Negli ultimi anni si sono moltiplicati bar (o coffee shop, come li chiamano qui). Spesso piccoli e indipendenti, questi bar tostano chicchi accuratamente selezionati e offrono con orgoglio le loro esclusive miscele di caffè oltre a deliziose torte e qualcosa da mangiare per chi volesse fermarsi per pranzo. Sono diventati luoghi di ritrovo chiave in ogni quartiere per chi lavora in ufficio, pensionati, mamme con e senza bambini, studenti, e altri giovani impiegati che spesso vanno lì a lavorare con i loro computer portatili.

E sebbene in questi locali si serva ancora il tè, si ha la sensazione che questa bevanda (considerata un po’ ordinaria e noiosa, quasi da “vecchie zie”), abbia ormai perso la competizione con il caffè.

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