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Il senso dello Stato, questo sconosciuto

Tempo di lettura: 3 minuti

Senso dello Stato. Sono parole importanti in una democrazia, ma trascurate e incomprese da una buona parte della popolazione i cui atteggiamenti verso il potere e la comunità hanno tante variabili. Non è invece ammissibile che vengano ignorate dai rappresentanti dello Stato, dai governi e dai politici. Eppure in Italia questo obbligo morale viene trascurato proprio da coloro che sono stati votati per rispettarlo.

Mi riferisco alla classe politica che oggi ha il potere, la cui conduzione dell’amministrazione statale appare difficile e sconclusionata: i protagonisti appaiono come attori di una commedia all’italiana, ma anche di una tragedia che potrebbe portare il Paese sul baratro. I comportamenti dei ministri e della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si susseguono l’uno dietro l’altro, privi di un programma concreto: sono parole a vuoto, “sentenze” ricche di autogiustificazioni, che spesso fanno ridere, ma che preoccupano quando toccano la Costituzione, i diritti dei cittadini e usano il potere a vantaggio dei propri interessi.

L’ombra di questo malgoverno si estende su tutti i settori della sua attività. Viene messa sotto accusa la appartenenza all’estrema destra, ma anche da questo lato dello schieramento potrebbe esserci gente preparata, in grado di guidare una nazione. Purtroppo i “nostri” sembrano dei parvenues della politica, dei piccoli avventurieri che hanno puntato sul cavallo vincente e adesso pretendono i frutti della vittoria.

Aspirano ad occupare lo Stato e le sue istituzioni, inoltre vogliono conquistare il mondo della cultura sicuri che ce ne sia una di destra. Il primo assalto è avvenuto alla Rai con la cacciata, mascherata, di Fabio Fazio seguita dall’uscita di Massimo Gramellini, Lucia Annunziata, Bianca Berlinguer e tanti altri collaboratori che procuravano alla televisione di Stato alti gradimenti. Se n’è andato anche lo storico Alessandro Barbero, grande e appassionato divulgatore.

I primi risultati della nuova gestione “culturale” si sono subito visti: il turpiloquio di Vittorio Sgarbi, le assurdità di Filippo Facci in difesa del figlio di Ignazio La Russa; gli interventi dei giornalisti di destra ai vari talk show, con le loro dichiarazioni, tutte uguali, sempre allineate al potere. Forse in realtà la pensano diversamente, ma devono conservare il posto di lavoro.

Il porta bandiera di questa cultura è il Ministro Gennaro Sangiuliano che esordì in un’intervista televisiva con la frase “Il fondatore del pensiero di destra in Italia è stato Dante Alighieri; la destra ha cultura e deve solo affermarla”. E lui ha tentato di farlo provocando le risate di mezza Italia. Nella sua comicità è recidivo perché come membro della giuria del recente Premio Strega aveva dichiarato alla premiazione che avrebbe letto i libri presentati. Di solito i giurati lo fanno prima.

Queste sono delle gaffes, diciamo veniali, mentre invece sono gravissime le sparate di Ignazio La Russa, presidente del Senato e seconda carica massima del nostro Stato democratico, il quale sostiene che la Costituzione non accenna all’antifascismo mentre in realtà lo pone fuorilegge nel XII emendamento. Inoltre interviene in difesa del figlio, accusato di stupro, attaccando magistratura e giornali. Lo aveva fatto anche Beppe Grillo in favore del proprio figlio, ma almeno lui non è un uomo di Stato, soltanto un comico dichiarato.

Arriviamo a Daniela Santanché, ministra del Turismo che di fronte alle indagini della magistratura sulle sue imprese finanziarie, non ha pensato a dimettersi. Viene da fare un paragone col presidente della Repubblica tedesca, Christian Wulf, che nel 2012 si dimise perché accusato di aver ottenuto da un amico un prestito agevolato. Sempre in Germania la ministra dell’Istruzione abbandonò l’incarico nel 2011 perché accusata di aver copiato nel 1980 la tesi di laurea. Questi due esempi provengo da un altro mondo a cui l’Italia non appartiene.

Foto: il presidente del Senato La Russa con la ministra Santanché – Foto LaNotiziaGiornale.it

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