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La bandiera bianca non sventola ancora

Tempo di lettura: 4 minuti

Bandiera bianca. Queste due parole sulla guerra in Ucraina pronunciate dal Papa durante un’intervista, hanno creato un putiferio negli ambienti diplomatici, nel mondo dei media, nei governi.

È anche nata una spaccatura ideologica tra coloro che le hanno interpretate come invito agli ucraini ad arrendersi, altri invece come apertura alle trattative tra le due nazioni in guerra. Il Santo Padre in realtà ha voluto usare quelle due parole per ricordare il vessillo che mostrano i militari quando chiedono al nemico di parlamentare.

Insomma, cos’altro poteva dire Papa Francesco, che nei due anni di guerra non ha fatto altro che chiedere pace invitando la politica internazionale a intervenire?

Inoltre dopo essersi recato di persona all’ambasciata russa a Roma, ricevendo risposte negative, ha mandato a Mosca il cardinale Matteo Maria Zuppi che pur non essendo stato ricevuto da Putin è riuscito a convincerlo tramite i consiglieri a rilasciare una parte dei bambini ucraini deportati in Russia.

Sono lontani i tempi della Cortina di ferro quando durante la crisi di Cuba del 1962 Giovanni XXIII si adoperò per evitare un conflitto tra Stati Uniti e URSS e vi riuscì. Ma gli avversari erano il presidente Kennedy e quello sovietico Kruscev, personaggi con i quali era possibile dialogare e trovare un accordo.

Oggi trovare un’intesa con Putin, pare impossibile: il personaggio lo conosciamo. Lui pretende la resa totale dell’Ucraina e il suo governo è composto da marionette fedeli e ubbidienti. Gli oppositori vengono eliminati con i ben noti metodi.

Inoltre la Chiesa ortodossa guidata da Cirillo Primo, alias Vladimir Michajlovic, patriarca di Mosca e di tutte le Russie, sostiene apertamente l’invasione dell’Ucraina ed elargisce benedizioni ai soldati che vanno a combattere. Anche lui, miliardario, appartiene a quel gruppo di oligarchi che godono dei favori dello Zar.

Tra le religioni monoteiste è solo la cattolica che vuole la pace. Quella musulmana, da quando nel 1979 l’ayatollah Khomeini prese il potere in Iran, la jihad (la guerra santa) ha infestato il Medio Oriente e l’Asia islamica portando il terrore anche in Europa e negli Stati Uniti.

Anche molti rabbini dello Stato d’Israele, l’unica democrazia esistente da quelle parti, non parlano di pace. Il governo da anni è guidato da Netanyahu, leader di una destra appoggiata da un partito religioso intransigente che predica una guerra infinita verso il popolo palestinese.

Il rabbino Yishal Tzur, che insegna alla Accademia militare di Israele raccomanda ai giovani di “uccidere per non essere uccisi” e predica “un legame tra Dio e l’esercito”.

E pensare che gli accordi di Oslo del 1993 tra il premier laburista israeliano Rabin e il capo dell’Olp Arafat, avevano dato l’avvio alla pace tra i due popoli. Ma l’assassinio di Rabin compiuto in circostanze misteriose da un giovane ebreo nel settembre del ’95, pose fine alla distensione.

I successivi governi di destra ignorarono gli accordi di Oslo creando centinaia di colonie nella Cisgiordania occupata, umiliando e opprimendo il popolo palestinese; coltivando quell’odio verso Israele che spinse molti giovani a schierarsi con gli “eserciti” della Jihad.

In Medio Oriente forse un giorno si arriverà alla pace, ma sarà “un cammino lungo”, come afferma lo scrittore israeliano David Grossmann.

Sul fronte europeo le parole di Papa Francesco sembrano scontrarsi contro un muro ancora più resistente di quello abbattuto nel 1989. E dall’altra parte domina un dittatore arrogante, che minaccia la guerra nucleare.

Di fronte a questa assurda durezza è possibile fare un confronto con gli Anni trenta del secolo scorso, quando Hitler prese il potere in Germania eliminando tutti gli oppositori.

Consolidata la sua posizione in patria, il dittatore tedesco dette inizio alla politica aggressiva contro le potenze vincitrici della prima guerra mondiale. Il primo passo fu la militarizzazione della Renania del marzo del ‘36, violando il trattato di Versailles che vietava la presenza della Wehrmacht in quella regione.

Francia e Inghilterra non intervennero: il premier britannico Neville Chamberlain dette il via alla politica di appeasement (sostenuta anche dalla Francia) che in realtà consisteva nel cedere all’aggressività della Germania, in poche parole mostrare la bandiera bianca della resa.

 Questo accadde anche nel luglio dello stesso anno allo scoppio della guerra civile spagnola, quando la Gran Bretagna e la Francia del Fronte popolare, lasciarono da sola la Spagna democratica senza impedire che le truppe della Germania nazista e dell’Italia fascista andassero in aiuto del generale Franco.
Dietro l’appeasement si nascondevano oltre al timore di una nuova guerra, anche grossi interessi economici e finanziari che legavano la Germania alle democrazie. È da aggiungere anche che una buona parte della classe dirigente britannica, francese e anche americana era filonazista, considerando la Germania una barriera contro il bolscevismo.

Per esempio re Edoardo VIII ammirava moltissimo Hitler e per fortuna decise di abdicare per poter sposare Wallis Simpson. Difatti dopo l’abdicazione furono frequenti i suoi viaggi a Berlino.

Ancora: l’ambasciatore degli Stati Uniti a Londra, il miliardario Joseph Kennedy, padre del futuro presidente John Kennedy, era apertamente filonazista.
Ormai Hitler si sentiva forte e nel settembre del 1938 rivolse le sue minacce alla Cecoslovacchia con la scusa di voler liberare la minoranza tedesca dei Sudeti.

Anche qui inglesi e francesi potevano salvare quel Paese, tanto più che Francia e Unione Sovietica ne avevano garantito l’indipendenza.

Ma il governo di Parigi rifiutò un intervento e tutto si risolse con il Patto di Monaco (detta anche beffa) tra Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia (quest’ultima come comparsa). Tutta la regione dei Sudeti fu annessa al Reich che pochi mesi dopo si prese anche l’intera Cecoslovacchia.

Seguì l’invasione e l’annessione dell’Austria tra il silenzio totale delle democrazie. Infine l’attacco alla Polonia che spinse finalmente inglesi e francesi a intervenire per bloccare Hitler. Ma era troppo tardi. Il 3 settembre del ’39 scoppiò la seconda guerra mondiale e i nazisti avevano completato i loro armamenti.

Se un giorno ci sarà una pace tra Russia e Ucraina e Putin sarà ancora al potere, certamente troverà qualche pretesto per muovere le sue truppe verso Occidente. Potrebbe pretendere dalla Lituania un corridoio per raggiungere l’enclave russo di Kaliningrad, la ex Königsberg, tolta alla Germania a fine guerra. Hitler attaccò la Polonia dopo aver preteso, e non ottenuto, un corridoio per raggiungere Danzica.

Königsberg era la città di Immanuel Kant che scrisse un libro sulla Pace perpetua, un’utopia rimasta tale sino ai nostri giorni.

Copertina: La cattedrale della Trasfigurazione di Odessa, patrimonio dell’Unesco, semi distrutta da un attacco missilistico nella notte (ANSA)

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