Vedi Napoli… e t’arrabbi
«Siete poveri, vigliacchi, piagnucolosi, arretrati, rubate e recitate male», è l’anatema che Paolo Sorrentino lancia nel suo film Parthenope, contro Napoli, dov’è nato, e i suoi concittadini.
Non sono un critico cinematografico, ma da spettatore confesso che il film mi ha annoiato: ho apprezzato la fotografia, i panorami del Golfo, non i continui richiami a Fellini che si ripetono in ogni lavoro di Sorrentino. Questi, come il regista della Dolce Vita, vorrebbe sbalordire il pubblico, ma non vi riesce, lo annoia soltanto.
Ho preso spunto dal film per scrivere su Napoli, su questa grande e bella città che nel bene e nel male attira tutti i giorni l’attenzione delle cronache soprattutto sul male, sull’uso delle armi che circolano in abbondanza anche tra i giovani e addirittura tra i bambini.
Non è facile allontanarsi dai luoghi comuni che da sempre avvolgono questa città bersagliata da critiche, spesso feroci e raramente “assolta”. Comunque vada, rimane sempre oggetto di attenzioni.
Basta leggere le cronache dell’ultima settimana per inorridire. Incomincio da Castellamare di Stabia, pochi chilometri dalla metropoli, dove una trentina di familiari di alunni ha assaltato la scuola media “Salvati”, aggredendo e ferendo gravemente l’insegnante di sostegno e in modo più leggero il padre.
La causa dell’aggressione? Un post condiviso su Facebook accusava una generica insegnante di abusi sui bambini. Quelle parole hanno fatto scattare la rabbia di madri, padri e nonni che in nome di una giustizia sommaria hanno assaltato la scuola.
Nei giorni precedenti una inchiesta era stata aperta in gran segreto sull’insegnante, ma i risultati erano stati totalmente negativi.
In realtà all’origine dell’aggressione ci sarebbe la vendetta di un allievo di 12 anni, sorpreso un mese prima dall’insegnante a fumare una sigaretta nel bagno della scuola e sospeso per due giorni. Il ragazzo per vendicarsi avrebbe diffuso la falsa notizia delle molestie.
Un altro episodio sempre nella periferia di Napoli: un bambino di dieci anni ha accoltellato un uomo che non voleva restituirgli il pallone col quale giocava con alcuni amici.
Aggiungiamo avvenimenti più tragici come giovani uccisi durante una rissa; o l’assassinio di un diciottenne ad opera di un suo coetaneo. Questi aveva raccontato di aver trovato l’arma per terra e il colpo era partito casualmente. L’elenco di episodi simili è molto lungo.
L’ultima tragedia, diversa per le cause, ma tipicamente napoletana, si è verificata a Ercolano in un laboratorio abusivo di fuochi d’artificio: c’è stata una esplosione e sono morti tre giovani. Era il primo giorno dell’assunzione, ovviamente “in nero“.
E poi c’è la camorra, un male incurabile che soffoca il territorio e ha esteso i suoi tentacoli in Italia e al di là dei confini. Saviano docet.
Infine la secolare miseria che la popolazione ha accettato senza mai rivoltarsi, tranne durante la grande rivolta contro gli spagnoli che avevano aumentato le tasse, nel luglio 1647, guidata dal pescatore Tommaso Aniello d’Amalfi, meglio conosciuto come Masaniello.
Ma durò poco: il pescatore, politicamente inesperto, tra il benessere del popolo e il potere, scelse quest’ultimo. Il popolo lo fece fuori subito.
Benedetto Croce definì la rivolta come «Uno dei tanti moti plebei senza bussola e senza freno, senza capo né coda, senza presente e senza avvenire».
Eppure una rivolta, quattro secoli dopo, ha recato grande onore ai napoletani: si tratta delle “Quattro giornate” durante le quali la popolazione, dal 27 al 30 settembre del 1943, si batté eroicamente contro i tedeschi costringendoli alla resa e poi alla fuga.
Ma tre anni dopo, al referendum istituzionale, l’80% dei napoletani votò per la monarchia. Amavano ancora il re Vittorio Emanuele III? Macché, era arrivato un nuovo sovrano, l’armatore monarchico Achille Lauro, che comprava i voti distribuendo pacchi di pasta e scarpe spaiate; le altre sarebbero state distribuite a vittoria avvenuta. Con lui divenuto sindaco, la cementificazione coprì Napoli.
Anch’io sono stato colpito da peccati, veniali, di Napoli e dintorni. Un giorno alla stazione avevo affidato i bagagli a facchini regolari; avevano voluto essere pagati in anticipo. I bagagli erano arrivati al treno portati da altri facchini, improvvisati: anche loro volevano essere pagati. Pensai di rivolgermi alla polizia ferroviaria, ma pagai per la seconda volta senza far storie perché il treno stava partendo. «È Napoli, signò – mi disse un passeggero – bisogna capire».
Un’ altra volta alla Reggia di Caserta il bigliettaio mi chiese se volevo una guida. Accettai, ma subito dopo compresi che l’accompagnatore non era all’altezza del suo compito; probabilmente un disoccupato “assunto” dagli amici della biglietteria.
Mi indicò le macchie su una parete provocate da militari americani nel dopo guerra; poi passò a due bellissimi “vasi di crusca” che in realtà erano etruschi. Lo pagai e preferii continuare la visita da solo.
Ricordo anche un gesto di generosità napoletana: in una via della città la mia auto parcheggiata accanto al marciapiede, era rimasta incastrata tra altre due. Non potevo uscire e chiesi al bar vicino se qualcuno poteva aiutarmi. Vennero in quattro e risolsero il problema sollevando l’auto. Volevo offrire loro un caffè ma rifiutarono: furono loro ad offrirmelo.
C’è anche un’altra Napoli, quella di Eduardo De Filippo, Totò, Massimo Troisi, Pino Daniele, che hanno descritto la “Vera Napoli”, buona e cattiva, con talento, ironia, sarcasmo e con la musica.
Trailer Ufficiale di PARTHENOPE (2024): https://www.youtube.com/watch?v=ZWyS0SscEzU