
Accogliere l’imprevisto: un’arte da coltivare
Nelle tradizioni ancestrali del Centro e Sud America, esiste una figura ambigua e affascinante: il Coyote. Nelle storie dei popoli nativi, il Coyote astuto e imprevedibile, non è solo un ingannatore o un disturbatore dell’ordine, ma un messaggero travestito, un maestro travolgente che appare all’improvviso, scompiglia i piani, fa inciampare e spaventa. Ma è proprio attraverso quell’inciampo che apre varchi di comprensione, infatti il suo agguato non è nemico, ma è invito a scuoterci dalle nostre apparenti sicurezze, rivalutare la nostra quotidianità e scuoterci dal torpore. Ci ricorda che la vita vera non è mai tutta sotto controllo come vorremmo poter credere noi e che il senso più profondo delle cose, spesso, si svela solo quando ci perdiamo. Le certezze dietro cui ci barrichiamo sono castelli di cartapesta, e la figura del Coyote viene a ricordarcelo, risvegliandoci dalle illusioni.
Se ci pensiamo, capita frequentemente nella vita che sono proprio quei momenti fuori dal copione, inaspettati, ad averci cambiato profondamente: quella deviazione, quel contrattempo, quell’imprevisto che ha spezzato la routine e ha lasciato entrare una luce nuova, oppure che ci ha condotto nelle tenebre invitandoci a rinascere nuovamente, diversi, sotto una nuova luce.
Queste riflessioni sono nate in me dopo aver riletto una meravigliosa poesia Wislawa Szymborska intitolata “La vita” che così recita:
«La vita è il solo modo
per coprirsi di foglie,
prendere fiato sulla sabbia,
sollevarsi sulle ali;
essere un cane,
o carezzarlo sul suo pelo caldo;
distinguere il dolore
da tutto ciò che dolore non è;
stare dentro gli eventi,
dileguarsi nelle vedute,
cercare il più piccolo errore.
Un’occasione eccezionale
per ricordare per un attimo
di che si è parlato
a luce spenta;
e almeno per una volta
inciampare in una pietra,
bagnarsi in qualche pioggia,
perdere le chiavi tra l’erba;
e seguire con gli occhi una scintilla di vento;
e persistere nel non sapere
qualcosa d’importante».
(Wislawa Szymborska)
Tra i versi emerge quell’incertezza accolta come parte del vivere: “persistere nel non sapere qualcosa d’importante” non è un difetto, è una via, un’arte sottile che ci chiede di restare aperti, di non temere lo smarrimento, di non irrigidirci dietro granitiche convinzioni su noi stessi e sulla vita. In un mondo che ci vuole sicuri e performanti, restare in ascolto dell’incerto è già un atto di coraggio.
Accogliere l’imprevisto non è semplice, ma è una forma profonda di fiducia: ci invita a smettere di pensare alla vita come a qualcosa da controllare e iniziare a viverla come qualcosa da incontrare, ogni giorno, anche quando cambia volto. Il Coyote che ci scompiglia con un bello spavento, la pietra su cui inciampiamo, il vento che ci sposta: sono tutte forme dello stesso invito.
Restare, respirare, ascoltare, accogliere. E permettere alla vita di sorprenderci, ringraziando l’imprevisto come profondo maestro.