Grandi uomini, pensieri piccoli
Quando sento i più grandi uomini della Terra lanciare i loro strali, fare minacce apocalittiche, sentenziare provvedimenti catastrofici, mi prende uno sconforto grondante pietà: per la pochezza di chi sta proferendo quelle parole e per l’assoluta impotenza di tutti noi, attoniti, che lo stiamo vedendo al TG della sera.
Le facce di Putin, Netanyahu, Khamenei, Biden/Trump, Xi Jinping, ovvero degli uomini che hanno il dito (il dito?) sul bottone Off del nostro pianeta, mi sembrano inadeguate per l’importanza dei loro pensieri.
Anche dove vige la democrazia, questa si esprime globalmente con partecipazioni al voto risibili, come è risibile la gioia strafottente e friabile del vincitore di turno.
In Italia abbiamo detto che il disinteresse elettorale sta nell’agire della classe dirigente eletta: quelle facce da schiaffi che popolano, ogni tanto, i parlamenti con le loro sceneggiate senza anima. Ma forse stiamo sbagliando. Il problema sta esattamente dall’altra parte della scheda elettorale, laddove sbadiglia un popolo rancoroso, senza idee e motivazioni, predisposto ad aggredire il personale del pronto soccorso o l’insegnante del proprio fanciullo viziato e nutrito di schifezze zuccherate che qualche anno dopo, forte degli esempi genitoriali, aggredirà con una lama tagliente un compagno di merende o la donna che ha osato dire «No, tu no!».
Non ho le qualità dello storico, tuttavia ho una certa età e molti ricordi delle idee grandi che circolavano per le strade del secolo scorso, alcune già in pista da quello precedente.
La mancanza atroce è proprio di quanto abbondava in quegli anni: grandi idee, pensieri vasti, grandezza ideativa, coraggio sperimentale, speranza e fiducia nel futuro.
Provo a fare qualche esempio.
L’idea di Europa come evoluzione e progresso di popoli e Stati tra loro in conflitto: un grande pensiero creativo scaturito tra persone recluse dal fascismo sull’isola italiana di Ventotene.
Il pensiero socialista tendente a una visione della società senza disuguaglianze fra i cittadini sul piano sociale, economico e giuridico.
Quello liberale, che, invece, vede uno Stato più ‘laico’ e meno ingombrante tra le iniziative intraprese dagli attori sociali più liberi, appunto, di agire con il supporto di uno Stato agevolmente amministrativo.
Un pensiero grande, immenso: l’Organizzazione delle Nazioni Unite, in sigla ONU. La più grande organizzazione intergovernativa a carattere mondiale. Obiettivi: il mantenimento della pace, la sicurezza mondiale e lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni.
Eppoi, il pensiero femminista che anima giuste posizioni e lotte sociali volte a dare priorità identiche a entrambi i sessi che devono avere pari presenza nella società.
Il naturismo, un modo di vivere in armonia con la natura, le cui attività non sono direttamente indirizzate al profitto. Un pensiero che si esprime con la pratica della nudità in comune per favorire il rispetto di se stessi, il rispetto degli altri e il rispetto dell’ambiente.
Amore libero: un movimento sociale che accetta tutte le forme di amore separate dalle convenzioni sociali, con una valorizzazione dell’universalità dell’amore.
Il grande movimento dei Figli dei Fiori che nasce a San Francisco, California tra il 1965 e il 1970 e si diffonde in tutto il mondo. La nuova musica sembra essere lo strumento trasformativo globale inarrestabile. I figli dei fiori, con i capelli lunghi e i comportamenti freak crescono ascoltando Jimi Hendrix, Janis Joplin e leggendo Allen Ginsberg e Lawrence Ferlinghetti, guardando Easy Rider e partecipando a raduni immensi come Woodstock. Da questo mondo nuovo la cultura hippie, le visioni psichedeliche e le filosofie pacifiste.
Un secolo che non ha prodotto solo idee che ora possono apparire puerili. A Parigi, il 3 maggio, il cortile della Sorbonne viene occupato da 400 manifestanti che si riuniscono senza alcuna violenza. Di fronte al rischio di un attacco degli studenti di estrema destra viene sgomberata con un aggressivo intervento della polizia. Questo episodio genera il Maggio francese che a sua volta incendia la gioventù studentesca di tutto l’occidente con la pretesa di un mondo nuovo. A seguire, pensieri giovanili più cupi, armati di pessime intenzioni e azioni anche sanguinose.
Nel bene e nel male, oggi non si vede nulla di alternativo alla genialità interspaziale per soli ricchissimi di Elon Musk e i sogni di ricchezza non certo imprenditoriale di generazioni tatuate e con la faccia disgustata dall’invidia per la ricchezza di altri.
Forse la politica, la buona politica, dovrebbe cercare qualcosa di più di un efficace slogan contro la gestione della sanità o della scuola. Dovremmo tutti allargare i nostri pensieri come fece Ludwik Zamenhof – oculista polacco (1859-1917) – quando nel 1887 propose al mondo con grande convinzione una “utopia linguistica” interamente dedicata alla speranza, a partire dal suo nome Esperanto e dal suo colore simbolico: il verde.
Sì, abbiamo bisogno di utopie come quella di Zamenhof che pensò e realizzò una lingua creata per essere la seconda lingua di tutti, capace di mettere davvero in comunicazione tutti gli idiomi allo scopo di creare un ponte tra culture e nazioni per evitare – parlando – le guerre.
La cosa incredibile è che l’Esperanto aveva ed ha davvero quella potenzialità comunicante. Ha solo 16 regole grammatiche, una estrema regolarità, non ha eccezioni né verbi irregolari, cosa che rende facilissimo il suo apprendimento. Non solo: imparare una lingua molto diversa dalla nostra, è molto più facile se lo si fa ‘passando’ dall’Esperanto con l’espediente del reverse engineering (usare una lingua come tramite per apprendere un’altra).
L’intelligenza artificiale, con Chat GPT, sta utilizzando l’Esperanto con le sue doti di regolarità, per costruire in modo generativo contenuti diversi in lingue differenti.
Chissà, forse non è nella politica che dobbiamo cercare il cambiamento di un mondo che non ci piace, ma nella creatività, nell’esplorazione relazionale, nella gentilezza del nostro sguardo e nell’apertura al nuovo sociale e individuale. Eppoi nella giusta valorizzazione storica che non deve avere esiti solo tra chi sceglie il profitto come riscontro.