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L’assenza, una fonte di presenza

Tempo di lettura: 3 minuti

L’amato marito è morto pochi mesi fa. Lei, la vedova, da quel giorno ne ha nutrito l’assenza con grazia infinita con riscontro e condivisione dove non te lo saresti aspettato: tra le pagine di Facebook.
Anni fa ho avuto modo di conoscere l’uomo, di grande valore e sensibilità, schivo, fermo nel suo essere pulito nell’anima. Ho conosciuto meno lei, o meglio, ho iniziato a scoprirla dai suoi gesti pubblici dopo la morte del marito. E da lei ho ricevuto una grande lezione sull’assenza. Per esempio da questo sonetto di Pablo Neruda da lei pubblicato recentemente.

Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura che tu risvegli la furia del pallido e del freddo,
da sud a sud alza i tuoi occhi indelebili,
da sole a sole suoni la tua bocca di chitarra.
Non voglio che vacillino il tuo riso ne’ i tuoi passi,
non voglio che muoia la mia eredità di gioia, non bussare al mio petto, sono assente.
Vivi nella mia assenza come in una casa.
È una casa sì grande l’assenza
che entrerai in essa attraverso i muri
e appenderai i quadri nell’aria.
È una casa sì trasparente l’assenza
che senza vita ti vedrò vivere
e se soffri, amor mio, morirò nuovamente.


La donna ogni giorno coglie nel giardino un fiore, o un frutto coltivato insieme. Lo fotografa e lo pubblica con un pensiero a lui rivolto. Spesso con poesie meravigliose scelte dalle loro letture comuni o da libri parte della loro giovanile storia d’amore. Ogni giorno la presenza di questa assenza, non dolorosa, o non solo, soprattutto poetica, luminosa. Gentile. Anche il racconto di una gita in montagna in un posto da lui amato, per recitare in sua assenza una preghiera profonda e presente.

All’inizio vedendo le pubblicazioni mi commuovevo preoccupato che questa divenisse sempre più una malinconia struggente, un lutto senza fine, uno spegnimento progressivo dell’energia vitale con il soffio del desiderio a ricongiungersi. Poi, quella grazia infinita, mi è parsa sempre più vitale. Lì, ho intravisto e apprezzato un percorso che merita ben più di queste mie righe frettolose.

L’assenza non è solo un vuoto, può essere uno spazio prezioso per svelare a noi stessi chi siamo, con quale luce splendiamo, pura e nuova, in assenza di altre luci. Un vuoto dove riversare amore per il conosciuto, e amore per quella parte di noi stessi esplorata al fondo del dolore, davanti a uno sconosciuta solitudine trasformativa.

Proprio in questi giorni ho rivisto un film illuminante in tal senso. Immagino noto a molti. L’autore è un iraniano molto profondo e vivace, Asghar Farhadi; il titolo è Tutti lo sanno, una storia mezza argentina e mezza spagnola che impegna, a mio parere, tutti i migliori attori della penisola iberica. Nel bel mezzo della celebrazione di un matrimonio famigliare, festoso e casinaro, una giovane donna viene rapita. Il crimine non viene denunciato alla polizia per il timore che sarebbe ancora peggio per le sorti della ragazza. L’assenza della rapita diventa la storia, il motore che tutto muove dentro e fuori le persone. L’assenza come una macchina della verità che tutto svela di tutti, nella sorpresa e trasformazione continua dei protagonisti, nessuno escluso.

Lucio Fontana, artista conosciuto in tutto il mondo per le sue tele tagliate, ma non solo, ha nelle sue opere un ingrediente fondamentale: l’idea dell’assenza. Anche la filosofia, con il francese Gilles Deleuze, esprime il concetto della “casella vuota” per sostenere che “le assenze sono importanti quanto le presenze”.

Ma certo, come mi insegna la signora di cui ho scritto sopra alla quale sono grato, è la poesia l’attrezzo più efficace e potente per esplorare l’assenza. La poetessa Chandra Livia Candiani ne scrive sul libro Fatti vivo pubblicato da Einaudi. Per la Candiani “Un’assenza è come un sogno irrealizzato, una luce preziosa che possiamo coltivare, da soli, senza dover dare spiegazioni”.


Trailer del film Tutti lo sanno, disponibile su RaiPlay:
https://www.google.com/search?q=tutti+lo+sanno&rlz=1C1ONGR_itIT1067IT1067&oq=tutti+lo+sanno&aqs=chrome.0.0i271j46i131i433i512j0i131i433i512l8.6404j0j15&sourceid=chrome&ie=UTF-8#fpstate=ive&vld=cid:30b3bc16,vid:dgnW7RpPKN0
Copertina: Immagine di Alexandra Haynak da Pixabay

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