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L’intelligenza artificiale è già nelle nostre vite

Tempo di lettura: 2 minuti

Dove eravamo rimasti con l’intelligenza artificiale… vi ricordate? Dopo un’introduzione adesso parliamo di lavoro.

In ambito lavorativo, avremmo già dovuto ieri cominciare a riflettere sulla prossima trasformazione, che porterà nel breve termine alla scomparsa di numerose professioni e tantissime altre nel corso dei prossimi decenni. La domanda che dobbiamo porci è: il mondo del lavoro è preparato per affrontare questi cambiamenti? E se non lo fosse, non è il caso di cominciare adesso a prepararci? Per tante professioni destinate a scomparire, quante e quali potranno riconvertirsi e con quale velocità e a che prezzo? Delle nuove che nasceranno nel momento in cui stiamo scrivendo non sappiamo veramente cosa dire e crediamo che nessuno in merito possa fare previsioni sensate… abbiamo la semplice speranza che possano esistere veramente.

Possiamo e vogliamo continuare gestire il nostro futuro? Dobbiamo essere consapevoli che, nonostante una significativa riduzione delle ore di lavoro richieste, potremmo generare un maggiore valore aggiunto per tutti, anche se ad oggi le analisi economiche degli ultimi decenni ci dicono che per adesso questo non è avvenuto. I dati estratti da Vita 3.0 essere umani nell’era dell’intelligenza artificiale (Max Tegmark) hanno dimostrato che l’accumulo di ricchezza ha favorito coloro che già ne avevano in abbondanza, senza poi essere invece omogeneamente ridistribuito. In pratica nel 1990, le società automobilistiche come GM, Ford e Chrysler generavano fatturati comparabili a quelli di giganti tecnologici come Google, Apple e Facebook. Nel 2014, queste ultime avevano nove volte meno dipendenti e il valore delle loro azioni era trenta volte superiore. Questo significa che sono state in grado di generare una maggiore ricchezza con un numero significativamente inferiore di persone. Purtroppo, questa ricchezza non è stata ridistribuita in modo equo tra i dipendenti, ma ne hanno beneficiato principalmente i grandi azionisti di queste Società.

Forse, nell’affrontare il paradigma delle nuove tecnologie, dovremmo riconsiderare il paradigma stesso del senso della vita. Se fossimo in grado di riformulare le nostre società, sfruttando la ricchezza prodotta dalle nuove tecnologie, con un intervento umano minimo, potremmo tutti dedicare maggior tempo e cura ai nostri affetti, a noi stessi e alle nostre comunità. In questo modo, potremmo trasformare probabili periodi complessi di diseguaglianza ed esclusione sociale, che spesso comportano anche diseguaglianza intellettuale, in una vera e propria svolta di opportunità di progresso per tutto il genere umano.

Ad oggi siamo ancora lontani dal poter elaborare con l’aiuto dell’azione politica le necessarie norme comuni che non escludano nessuno, ma che integrino tutti nel nuovo progresso. Tuttavia, come in ogni aspetto dell’esperienza umana, è l’umanità stessa che ha il potere di influenzare e gestire gli effetti dei cambiamenti che produce.

Allo stato attuale delle cose si ha la sensazione che non andrà molto bene, pertanto dobbiamo tutti adoperarci, ognuno col proprio contributo, per innescare questo processo virtuoso di creazione e condivisione delle regole etiche, morali e socio-economiche per lo sviluppo e applicazione dell’intelligenza artificiale al fine di garantire un futuro inclusivo e migliorativo per tutta l’umanità.

Copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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